Sembrava che per la foresta amazzonica fossero finiti i tempi bui. Solo due mesi fa, infatti, il neo-presidente Dilma Rousseff aveva dichiarato che il 44% dell’Amazzonia brasiliana sarebbe stato tutelato direttamente dal governo. Ora invece è stata proposta una riforma del Codice Forestale del Brasile: una legge che, se approvata, porterebbe a nuove ondate di deforestazione incontrollata nei 370 milioni di ettari di foresta pluviale. Previsti anche dei condoni delle violazioni precedenti. Una decisione che ha provocato indignazione e numerose proteste che si uniscono a quelle generate dalla morte di numerosi attivisti.
A poche settimane dall’annuncio del governo di Dilma Rousseff di voler creare numerose nuove aree protette per tutelare l’Amazzonia brasiliana, il Congresso Brasiliano ha approvato una legge che cancella le tutele della più grande foresta pluviale del pianeta. Rischiando così di darla letteralmente in pasto alle multinazionali del legname, del carbone e del petrolio, nonché a grandi allevatori e agricoltori.
Il Codice Forestale brasiliano oggi prevede l’obbligo per i proprietari terrieri di mantenere una percentuale di foresta nativa (dal 20% nella Mata Atlantica, la foresta pluviale costiera, all’80% nella regione Amazzonica), una sorta di “riserva legale” che non può e non deve essere abbattuta. Altre disposizioni ora in vigore prevedono la presenza di aree protette permanenti per quelle foreste che si trovano in zone particolarmente sensibili, come gli argini dei fiumi, per i quali è previsto un divieto di deforestazione in una fascia di almeno 30 metri lungo le loro sponde.
Ma la maggior parte degli agricoltori non rispetta quanto imposto dal Codice Forestale. Sono infatti ben pochi i grandi proprietari terrieri dell’industria agroalimentare amazzonica ad avere rispettato l’obbligo di preservare l’80% della copertura forestale sulle loro proprietà. Un fatto confermato dai controlli eseguiti dalle agenzie federali brasiliane che ultimamente si sono intensificati. Ma che verrebbe legittimato una volta per tutte se la riforma, in attesa di passare il vaglio del Senato e di essere firmata dal presidente Dilma Rousseff, passasse, obbligando così i proprietari dei terreni a preservarne solamente il 20 percento.
La situazione in Brasile, dove il 79% della popolazione, secondo recenti sondaggi, è contraria alla deforestazione, si sta facendo più tesa. Questa proposta di legge ha provocato manifestazioni spontanee in tutto il Paese. Al disboscamento illegale, ai furti di bestiame ed alle estrazioni illecite di carbone si opponevano da 24 anni anche Jose Claudio Ribeiro da Silva e sua moglie Maria do Espirito Santo, due attivisti che, lo scorso mese, dopo avere subito numerose minacce, hanno pagato con la vita le loro prese di posizione.
Vittime silenziose che si vanno ad aggiungere a quelle di una guerra che, secondo la Commissione pastorale della Terra, (che aveva messo i da Silva fra le 125 persone maggiormente “indicate per essere uccise” dalle lobby amazzoniche) dal 1988, quando fu assassinato Chico Mendes, celebre difensore della foresta amazzonica, ha portato alla morte di più di 1.150 persone fra attivisti, piccoli proprietari terrieri, giudici, contadini e preti.
Persino una suora settantatreenne, nel 2005, ha subito la stessa sorte: Dorothy Stang, rea di essersi attivamente opposta allo sfruttamento illegale delle terre dello stato del Parà, lo stesso nel quale lo scorso mese sono stati “giustiziati”, secondo Valdimir Ferreira, consigliere municipale di Nova Ipixuna, i coniugi Claudio e Maria: “Da Silva aveva iniziato una lotta contro le compagnie forestali e i potenti proprietari terrieri”, ha denunciato Ferreira: “E loro hanno ordinato di ucciderlo”.
L’Amazzonia, oltre a produrre il 20% dell’ossigeno terrestre, vede scorrere nei suoi fiumi oltre un quinto dell’acqua dolce del pianeta. Un tesoro per l’umanità che è rimasto intatto fino ai primi anni ’70, ma che ora rischia di essere compromesso (in tre decenni se n’è andata una porzione di foresta amazzonica grande quanto la Francia).
Per questo dieci ex-ministri dell’ambiente brasiliani hanno scritto in questi giorni al Presidente Dilma Rousseff e al leader del Congresso Nazionale, chiedendo loro di fermare la modifica del Codice Forestale. Sta infatti alla Presidente brasiliana, ora, decidere se porre il veto alla nuova legge, intensificando i controlli, o permettere uno sfruttamento della foresta pluviale che, in realtà, potrebbe presto provocare più danni che guadagni. Avaaz.org ha attivato a tal proposito una petizione. Le firme raccolte verranno consegnate a Dilma Rousseff. Chi volesse sottoscrivere l’appello lo può fare sul sito.