Ma ve lo ricordate quando cantava Le cose che abbiamo in comune (sono 4850…)? Daniele Silvestri è un caso anomalo e felice del pop italiano, nell’epoca dell’impegno politico non più ideologico.
Passato come cometa ai vari Sanremo d’ordinanza (L’uomo col megafono è oramai del 1994), carrellata veloce ma memorabile tra i vari premi, targhe, encomi Tenco di cui l’Italia musicalmente schizzinosa abbonda, Silvestri ha oramai creato un suo personalissimo sound nazionalpopolare che si potrà ascoltare dal vivo sabato 9 luglio al Festival Sonica di Sant’Agata Bolognese.
Gratuito il concerto di Silvestri, come gratuiti saranno Niccolo Fabi l’8 e Caparezza il 10, sempre alle 21.30 per una tre giorni di musica live nella bassa bolognese-modenese che accoglie lo sforzo finanziario di almeno cinque comuni emiliani per riempiere il parco della Mezzaluna in via XXI Aprile.
Il quarantaduenne cantautore romano eseguirà molti dei brani dell’ultimo album S.c.o.t.c.h., uscito a marzo scorso dopo quattro anni di attesa da Il Latitante. Il tormentone di Ma che discorsi, a metà tra le pizzicate di chitarre alla Dylan e gli accordi alla De Gregori, sta volando nelle vendite e in radio. Inno all’amore perduto, dentro ad una confusione sociale generale che per Silvestri è diventato motivo di ironico e disincantato approccio alla musica.
Questa la chiave di volta per comprendere il successo di chi ha esordito occupando una nicchia corposa che quasi sfiorava atmosfere jazz e poi è finito con Salirò, a rifare il verso di una ritmica e di un suono anni ottanta, con tanto di mimo ad accompagnarlo nelle esibizioni live.
In S.c.o.t.c.h. si susseguono le comparsate celebri (Camilleri nella traccia che dà il titolo all’album, intervento francamente discutibile), ma anche le eccellenti collaborazioni con vicinissimi colleghi. Spiccano Sornione, duetto con Niccolò Fabi e delizioso svolazzo dal fondale etico (“non è prevista l’onestà e se ti guardi intorno, mi darai ragione. E va di moda la sincerità ma solo quando è urlata alla televisione – non discutere di ciò che sai. Su tutto il resto, esprimi sempre un’opinione”), come La Chatta con Gino Paoli (uno swing/parafrasi sulle note de La gatta trasformata ai tempi del web).
Quando poi Silvestri si occupa di attualità, con il suo tipico ed ironico disincanto, fa centro sul serio. Precario il mondo, con Raiz ex Almamegretta, disegna un egregio quanto mai spappolato quadro del reale (“il mio lavoro è roba piccola fatta di plastica che piano piano mi modifica, mi ruba l’anima, dice “il lavoro rende nobili”, non so può darsi, sicuramente rende liberi di suicidarsi”), mentre Io non mi sento italiano ripreso da Gaber (“Mi scusi Presidente, non è per colpa mia, ma questa nostra Patria, non so che cosa sia”) fa risaltare il valore senza tempo di Gaber e l’intuizione che Silvestri sappia bene quali radici mostrare per mostrarsi un cantautore.