Operazione della polizia tra il capoluogo di regione emiliano, Ravenna, Milano e Roma: a capo dell'organizzazione c'erano due afgani. 13 ordini di custodia cautelare e quattro fermi
Partita da Ravenna, dove la squadra mobile locale ha lavorato con quella di Bologna e con quella di Lecce – la cui procura ha ricevuto poi la titolarità dell’indagine per competenza territoriale – l’inchiesta ha portato a 23 indagati. Di questi in 13 sono stati arrestati per esecuzione di ordinanze di custodia cautelare e 4 invece sono in stato fermo in attesa di convalida. Delle persone finite dietro le sbarre, 11 risiedevano a Bologna (gli altri invece sono stati rintracciati tra Teramo, Ascoli Piceno e Roma). Degli arrestati nel capoluogo felsineo, quasi tutti sono di nazionalità afgana con un’età compresa tra i 19 e i 27 anni e con regolare permesso di soggiorno.
Un’organizzazione orizzontale, hanno rilevato gli inquirenti, con un solo capo, Hussain Hedari, 21 anni, l’unico iraniano del gruppo. Gli altri, invece, avevano ruoli intercambiabili che comprendevano lo smistamento degli stranieri e dei profughi provenienti della coste del sud Italia e da quelle ravennati, la loro accoglienza (ospitandoli anche per il tempo necessario alla loro ripartenza verso il nord), la fornitura di documenti falsi e il procacciamento di biglietti ferroviari con cui raggiungere altre nazioni europee. Il tutto per 500 euro a persona, dopo che per lasciare il proprio Paese d’origine imbarcandosi alla volta dell’Italia gli stranieri avevano già speso una cifra variabile tra i 5 e i 15 mila euro.
L’indagine che ha portato ai risultati odierni prende avvio il 13 maggio 2010 quando aveva preso corpo l’ipotesi che tra Bologna e Ravenna fosse attiva un’associazione criminale che coinvolgeva diversi Paesi e che vedeva al proprio interno una rete di passeur coinvolta nel transito di migranti alla volta di diverse nazioni (questo fenomeno si chiama smuggling). A metà della primavera dell’anno scorso, infatti, era stato scoperto dalla squadra mobile di Ravenna un tir caricato su una motonave, la Ropax 1, battente bandiera britannica e che aveva effettuato la tratta Corinto, Bari e Ravenna.
Nel rimorchio del tir erano stati scoperti 65 stranieri, di cui 4 bambini, nascosti dentro un frigo in cui si dovevano conservare arance. Che in effetti c’erano, ma in quantità minore rispetto a quanto dichiarato. In mezzo alle cassette di frutta, infatti, era stato creato un vano con bagno chimico e al quale si accedeva attraverso un varco nella pavimentazione. Dai primi accertamenti era emerso che lo stesso rimorchio, tra il marzo e l’aprile 2010, era stato trasportato altre 5 volte dalla Ropax 1. Due le tratte ricostruite dagli investigatori per favorire l’immigrazione clandestina.
La prima, “dedicata” a stranieri di origine afgana, pachistana e iraniana, dalla Turchia e dalla Grecia verso le coste calabresi, pugliesi e romagnole. La seconda dall’Egitto e probabilmente dalla Libia verso la Sicilia. I primi risultati investigativi sono stati raggiunti il 19 agosto 2010 quando a Riace (Reggio Calabria) è stato arrestato uno scafista ucraino. Dieci giorni più tardi, a Porto Selvaggio (Lecce), manette per altri 3, di nazionalità georgiana, mentre un turco loro complice, durante un trasbordo, era stato accoltellato e gettato in mare dagli altri (salvandosi). A questi primi due episodi ne erano seguiti altri. Il 7 settembre tre arresti di ucraini a Torretta di Crucoli (Crotone) e il 10 altrettanti turchi a Punta del Gigante (Siracusa). Intanto il 27 luglio 2010, tra San Leone (Agrigento) e Giardini Naxos (Messina) si trovava un autotreno che stava trasportando 82 clandestini.
Nel frattempo si è riusciti a ricostruire anche le tratte europee degli stranieri. Il transito italiano, che vede due nodi principali – Roma e Bologna, vista la loro centralità nei collegamenti ferroviari – era preliminare al raggiungimento di Francia, Germania, Belgio, Olanda, Gran Bretagna, Norvegia e Svezia. Non secondario nemmeno il fatto che gli spostamenti fossero organizzati in treno, soprattutto il sabato, la domenica e nei festivi, quando i controlli delle forze di polizia sono meno intensi. In una precedente operazione, i passeur si erano convinti che i trasferimenti su gomma fossero troppi rischiosi perché davano più nell’occhio. Diluire invece gli immigrati su convogli ferroviari avrebbe ridotto il pericolo di far scoprire l’organizzazione, soprattutto se i controllati avessero avuto documenti falsi riconducibili a stranieri regolarmente residenti negli spazi comunitari.