L’Inghilterra tra super-ingiunzioni e gossip. Un fantasma si aggira nella terra di Albione, e non si tratta del comunismo. Terrorizza giornalisti ed editori, tabloid come il Daily Mail e quotidiani “seri” come l’Independent, accomunati dallo sdegno verso quella che considerano “un’elitaria forma di bavaglio alla stampa”.
Stiamo parlando delle ormai famigerate super-ingiunzioni, che da qualche mese a questa parte sono balzate dai manuali di giurisprudenza e delle scuole di giornalismo agli onori della cronaca. Si tratta di una vicenda che mescola il mondo patinato delle celebrità come il calciatore Ryan Giggs e l’ex boss della Formula Uno Max Mosley con avvocati, parlamentari e il mondo dei social media.
Le super-ingiunzioni sono definite dalla Bbc come ingiunzioni altamente segrete che impediscono alla stampa di pubblicare qualsiasi riferimento ad un ingiunzione in corso. Come in un gioco di scatole cinesi, il calciatore o Vip colto in fragrante da qualche tabloid in una relazione extraconiugale può così chiedere al giudice di secretare l’ingiunzione stessa a non pubblicare il servizio.
Secondo una ricerca del Daily Telegraph le corti britanniche dal 2005 hanno concesso ben 80 provvedimenti restrittivi per proteggere la privacy di individui noti al pubblico.
In alcuni casi limite, come quello della compagnia petrolifera Trafigura contro il Guardian nel 2009, le super-ingiunzioni sono state usate per limitare un’investigazione giornalistica. I piani del quotidiano inglese di mettere a nudo la battaglia legale in corso tra la compagnia e le vittime dello scarico illegale di rifiuti chimici in Costa D’Avorio sono stati fermati da una super-ingiunzione. L’esistenza stessa di una discarica di rifiuti tossici è stata nascosta tramite mezzi legali.
Tuttavia un’azione incrociata fra social media come Twitter e alcuni parlamentari coraggiosi ha permesso alla notizia di circolare su Internet. Il privilegio parlamentare, infatti, permette ai membri della Camera dei Lord o della Camera dei Comuni di riportare qualsiasi fatto senza restrizioni. Il passo tra Westminster e Twitter, poi è breve, e tutti i quotidiani hanno riportato la notizia dell’investigazione il giorno seguente.
Questo non è un caso isolato. A fine maggio, il parlamentare liberal-democratico John Hemming, che si è auto-investito alfiere della libertà di stampa nel Regno Unito, ha rivelato nello sconcerto generale che era proprio Ryan Giggs il calciatore che aveva avuto una relazione extra-coniugale con la star dei reality Imogen Thomas. Nei giorni precedenti, un’ingiunzione aveva proibito ai giornali inglesi di nominare il calciatore del Manchester United e della nazionale inglese.
I provvedimenti-bavaglio hanno trovato in Max Mosley uno strenuo difensore dello status quo. L’ex boss della Formula Uno ha recentemente definito l’attuale regime della privacy in Inghilterra come “negazione della legalità”, pesantemente sbilanciato a favore dei media.
Mosley ha vinto una causa per danni di 60.000 sterline contro il tabloid News of the World che nel 2008 aveva pubblicato una storia riguardante alcuni suoi festini sexy. L’ipotetico tema nazista dei festini, considerando la vita personale di Mosley, figlio minore del fondatore del Partito fascista britannico Sir Oswald, era secondo News of the World una valida giustificazione per invadere la privacy del boss di Formula 1 nel pubblico interesse.
Peccato che la connotazione nazista fosse assente, almeno secondo i giudici britannici che hanno costretto il tabloid di proprietà della News Corporation di Murdoch a rimborsare Mosley per infrazione dell’Human Rights Act, articolo 8, che tutela il diritto di privacy degli individui.
È proprio questo il nocciolo della vicenda quando si decide di violare la privacy: stabilire un discrimine, una linea sottile tra pubblicare qualcosa nel “public interest”, pubblico interesse, e invece soddisfare i pruriti, la pancia del pubblico.
L’ex boss della Fia sta conducendo una battaglia serrata nei più alti organi di giudizio europeo per costringere i tabloid inglesi ad avvertire i diretti interessati quando sarà pubblicata una storia sulla loro vita privata. La cosiddetta “notificazione preventiva” è considerata invece dagli attivisti della libertà di espressione come un bavaglio.
“Voglio la notificazione preventiva perché se non sai, non puoi chiedere un’ingiunzione”, dice Mosley. “La prima volta che ho saputo della storia riguardante la mia, di vita privata, è stata quando qualcuno mi ha chiamato e mi ha detto: “hai visto News of the World oggi?”
“Se l’avessi saputo, avrei chiesto un’ingiunzione e l’avrei ottenuta,”sostiene Mosley. Peccato che la Corte Europea dei Diritti Umani che ha sede a Strasburgo abbia rifiutato in maggio la sua richiesta, pur riconoscendo il comportamento scorretto di News of the World. Mosley ha già fatto appello alla Grande Camera della Corte Europea. La battaglia fra Mosley e i tabloid inglesi continua.
di Gianluca Mezzofiore, giornalista freelance da Londra, collabora con l’International Press Institute, Frontline Club e l’agenzia italiana RedattoreSociale