“No, Santoro non lo vogliamo, neppure a un euro a puntata…”, viva la faccia! Finalmente i consiglieri della Rai di fede berlusconiana leghista hanno votato contro il rientro di Annozero alla casa madre.
In altre parole hanno respinto quei milioni di cittadini che, per anni, hanno continuato a scegliere questo programma. Se fossimo un paese seminormale, anche alla luce delle recenti intercettazioni telefoniche, sarebbero le autorità di garanzia per le comunicazioni e il mercato a far sentire la propria voce, ad aprire un’inchiesta, a indagare sulle ragioni per le quali un’azienda, per di più pubblica, preferisca perdere soldi e pubblicità, pur di obbedire gli ordini del padrone dell’azienda concorrente, nonché presidente del Consiglio.
In un paese seminormale i concorrenti farebbero a botte per prendere subito Santoro, Travaglio, Vauro e compagnia bella; qui non appena La7 osa alzare il capo, in un modo o nell’altro, viene rimessa a cuccia.
Non c’è bisogno di alcuna intercettazione e neanche della “struttura Delta” per comprendere che siamo in presenza delle manganellate tirate dalla banda del conflitto di interessi, la stessa che aveva infilato nella manovra economica l’emendamento “ammazza multa e salva Silvio”.
Questi non hanno più ritegno e hanno deciso di assumere il ruolo di un vero e proprio servizio d’ordine a disposizione del signore di Arcore.
Per queste ragioni accogliamo con piacere l’invito avanzato da Di Pietro e Vendola, di promuovere, quanto prima, gli Stati Generali dell’Informazione per concordare una comune azione tra quanti hanno ancora nel cuore l’articolo21 della Costituzione.
Se e quando si terranno non solo ci saremo, ma faremo di tutto perché, in quella sede, possano ritrovarsi, senza distinzione di parte o di partito, quanti vogliono costruire le condizioni non solo per battere Berlusconi, ma anche per superare radicalmente il berlusconismo.
In testa a ogni altra proposta metteremmo un sì e un no. Il sì all’approvazione immediata di una legge sul conflitto di interessi e che impedisca a chiunque, a prescindere dal nome e dal cognome, di potersi candidare se possessore di un’emittente, nazionale o locale che sia.
Il no, invece, ad ogni legge bavaglio, ad ogni limitazione della libertà e della rete, ad ogni presenza diretta dei partiti dentro le autorità e dentro il consiglio di amministrazione della Rai.
Con la speranza, ovviamente, che gli impegni concordati oggi possano durare nel tempo, e non essere abbandonati in caso di vittoria alle prossime elezioni…