Arriva Elio. Alla festa della Birra di Pontenure, in provincia di Piacenza, domenica 10 luglio alle 22, in uno dei più accoglienti campi sportivi dell’intera Emilia, l’intera formazione degli Elio e le storie tese si offre alla folla, alla modesta cifra di 15 euro, in un concerto che più di ogni altro oseremmo definire, ironicamente, “camp”.
Gli Elst (Elio, Rocco Tanica, Cesareo, Faso, Christian Meyer) tornano ad esibirsi live dopo una stagione di successi dovuti alla presenza quasi fissa alla trasmissione tv Parla con me di Serena Dandini. Numerose le rivisitazioni musicali e i travestimenti del gruppo che hanno portato Elio e compagni ad una ascesa in termini di riconoscibilità e affetto nazionalpopolare probabilmente inaspettati.
Ora però inizia la stagione dei live, dopo aver lanciato il guanto di sfida a Ligabue scommettendo di totalizzare, tra giugno e settembre, un numero di spettatori paganti quasi pari a quello del suo concerto Campovolo 2.
“Siamo attualmente all’1% del pubblico di una sua unica data ma non disperiamo perché niente è impossibile”, racconta Elio (alias Stefano Belisari), “non è la prima volta che lanciamo il guanto di sfida con altri grandi della musica italiana. Il problema è che non lo raccoglie mai nessuno. Allora i casi sono due: o ci temono moltissimo, oppure non gliene frega niente a nessuno”.
Venite, tra l’altro, da un maggio e un giugno di grande impegno politico. Com’è andata la candidatura del vostro architetto performer Luca Mangoni a sostegno di Pisapia?
“Non è mica la prima volta che ci impegniamo politicamente. Nel 1991 sul palco del concerto romano del primo maggio denunciammo i casi archiviati mesi prima che esplodessero Tangentopoli e Mani pulite. Fummo profetici, anche se poco equilibrati. Mettemmo in mezzo Manca, Andreotti, Ciarrapico e la Rai ci cacciò. La candidatura di Mangoni invece era il mio grande sogno. Intanto ci siamo buttati nell’avventura di sostenere Pisapia, poi riguardo a Mangoni, abbiamo cercato di raggiungere tre obiettivi. Il primo, parafrasando un celebre spot, era quello di superare le mille preferenze: Fatto!; il secondo di superare i voti di Lassini: Fatto!; il terzo di eleggerlo in consiglio comunale: quasi fatto!”
Eppure ha preso un sacco di voti, un vero trionfo…
“Attualmente in consiglio comunale a Milano ci sono consiglieri che hanno ottenuto molte meno preferenze personali di Mangoni. Stiamo escogitando di fare qualcosa per farlo diventare consigliere. E’ un caso umano. Anzi, facciamo un appello a Pisapia: non si scordi di quello che ha fatto Mangoni per lei”.
Domenica andate a suonare a Pontenure. Una parola bellissima, non le sembra proprio adatta ad uno dei vostri testi?
“Magnifica, più bella Nure che Ponte. Potrebbe essere il nome della figlia di Briatore. Dopo Nathan Falco, Nure Briatore”.
Il vostro marchio di fabbrica sono diventati i brani celebri riarrangiati con nuovi testi ed eseguiti dal vivo: vi aspettavate questo successo di pubblico?
“Questo tipo di composizione è il nostro marchio di fabbrica fin dagli esordi nei localini di Milano quasi trent’anni fa. Da un lato è importante scrivere un buon testo parodico; dall’altro il segreto è anche eseguirlo bene”.
Nell’ultimo mese c’è qualche fatto di cronaca o di politica che vi ha stuzzicato per comporre un brano celebre riarrangiato?
“La nuova norma salva Fininvest. Tutti che si chiedono chi l’ha fatta e non l’ha fatta nessuno. Anche Berlusconi ha detto: è una norma giusta, ma non si sa chi l’ha fatta. Ecco questo avvenimento lo suonerei sulle note di Stasera mi butto di Rocky Roberts”.
Dalla Dandini avete recuperato anche Nino Ferrer con Viva la Carfagna al posto di Viva la Campagna: da dove nasce il gusto per questa musica beat anni 60?
“Io sono del ’61 e mi sono visto ed ascoltato tutti questi cantanti “allegri” negli anni del loro successo. Antoine, ma anche Enzo Jannacci. Li definivano gente strana, degli alternativi. Invece erano dei fenomeni”.
Pare che molti vostri fan abbiano nostalgia dei vecchi successi dal vivo che non eseguite da tempo: quali farete riascoltare domenica sera?
“Rifaremo Burattini senza fichi, Carro, El pube. Poi riprendiamo un mix dall’album Duke dei Genesis, mettendo insieme Behind the lines e Duke’s club. Rifacciamo anche La terra dei cachi: brano spartiacque tra il nostro essere underground e farci riconoscere per strada ad ogni angolo. Il nostro male è che spesso siamo arrivati prima. La terra dei cachi, oggi, avrebbe venduto migliaia di copie”.