”Questa è l’Italia che mi piace. Tanta forza ed emozioni, il coraggio di essere donne”. Recita così uno dei post it che tappezzano un improvvisato tazebao delle donne di “Se non ora quando?”, che sono riunite oggi (e si ritroveranno domani) a Siena per fare il punto sul movimento che il 13 febbraio scorso portò in piazza un milione di persone sull’onda dell’indignazione per il caso Ruby.
Sono arrivate in tante, oltre mille, ben al di là delle aspettative della organizzatrici. Il Prato di Sant’Agostino in cui è stato allestito il palcoscenico è costellato di palloncini rosa: ci sono mamme con le figli adolescenti, nonne, donne disoccupate, precarie, immigrate e tante rappresentanti delle associazioni della costellazione femminile e femminista. “Dovremmo lavorare a fondo e il percorso sarà lungo – spiega Nicoletta Dentico dell’associazione Filomena – dovremmo riuscire a raggiungere tante donne perché vent’anni di questa cultura ha prodotto gravi arretramenti. Nel 2009 l’Italia era al 72/o posto del Global Gender Gap, la classifica delle diseguaglianze in genere, nel 2010 siamo scesi al 74/o. Siamo ai livelli più bassi dei paesi sviluppati. E ora vogliamo fare nostro lo slogan che scrisse nel 1791 una rivoluzionaria Olynde De Gouges: “Là dove c’è ignoranza, dimenticanza, oblio dei diritti delle donne non ci sarà mai un buon governo”.
Sul palco la segretaria della Cgil, Susanna Camusso, critica verso la manovra finanziaria del governo: ”Chi è qui oggi dimostra che ci sarebbe bisogno di una politica di crescita perché lavoro alle donne, occupazione, risposta alla precarietà stanno dentro processi legislativi ma soprattutto dentro un processo di crescita del Paese mentre è evidente che la manovra fa esattamente l’opposto e determina una idea di depressione di ogni prospettiva”. “Questa manovra – ha osservato Camusso – parla contro le donne, sul collocamento e soprattutto contro le giovani donne quando non dà prospettive di crescita e quindi di costruzione del lavoro. E’ una manovra costellata di provvedimenti che sono punitivi: alcuni non si vedono immediatamente, come quello sulle pensioni che invece si vede. Per esempio quello che liberalizza il collocamento non si vede direttamente ma l’assenza di meccanismi di controllo pubblico è un ulteriore veicolo di discriminazione”. Secondo il segretario della Cgil, tra l’altro, la manovra arriva “proprio mentre la condizione del Paese peggiora visibilmente. Un altro dei grandi danni che ci sta facendo questo governo è che con la sua totale confusione, divisione, incapacità di avere un orizzonte per il Paese, sta esponendo l’Italia ad uno straordinario rischio”.
E’ positivo il quadro delineato dalla direttrice generale dell’Istat Linda Sabbatini: ”Nel nostro paese le donne sono andate avanti in questi anni per strategie individuali, investendo su se stesse in formazione, in cultura, prendendo coscienza del proprio valore, nonostante tutte le difficoltà”. I dati raccolti dal suo osservatorio, però, non sono incoraggianti: “Meno di metà delle donne – ha detto – lavora. Al sud neanche un terzo. Siamo uno dei fanalini di coda dell’Europa per tasso di occupazione femminile. Lo sono le italiane e lo sono le immigrate che presentano un tasso più basso delle italiane quando hanno figli perché non hanno una rete familiare che le supporta. La disoccupazione femminile è più alta di quella maschile (9,7% contro il 7,6%) e a questa si aggiunge lo scoraggiamento di chi non trova lavoro e smette di cercarlo, soprattutto al sud. Le donne hanno più lavori a tempo indeterminato o collaborazioni e questa situazione si protrae nel loro caso per periodi più lunghi”.
Oltretutto il titolo di studio non favorisce le donne. Sabbatini osserva che a parità di titolo conseguito “le donne guadagnano meno degli uomini”. “Tra le laureate che svolgono un lavoro alle dipendenze la differenza è del 21% (1532 contro 1929 euro la retribuzione netta mensile). Il 40% delle laureate svolge un lavoro non adeguato al titolo di studio conseguito, contro il 31% dei non laureati. Il part time è cresciuto soprattutto tra le donne ma non è il part time liberamente scelto a crescere: in Italia abbiamo una presenza quasi doppia di part time involontario rispetto all’Europa (il 42,7% rispetto al 22,3%) il che fa ipotizzare che in Italia sia meno utilizzato per la conciliazione dei tempi di vita e più dal lato delle imprese”.
Presenti alla manifestazione anche alcune donne impegnate in politica come Giulia Bongiorno e Flavia Perina, entrambe parlamentari di Fli. Unanime l’appello: “Superare gli schieramenti politici di destra, sinistra, centro; le donne “scavalchino” le ideologie e “votino solo i partiti che hanno a cuore l’interesse delle donne”. Basta pensare ai partiti come di destra o di sinistra, ha spiegato Bongiorno, avvocato di fama oltre che deputata – “Le donne devono votare i partiti che al di là delle ideologie hanno il loro interesse e sostengono le politiche a loro favore”. “Non vanno votati i partiti – le ha fatto eco Perina – che non hanno donne nelle liste. Solo chi accetterà le nostre richieste potrà avere il nostro consenso”. Inoltre per Bongiorno il movimento del 13 febbraio “si sta mostrando una forza, una meteora. La scommessa ora è che diventi un movimento forte e compatto”.