E’ morto a ottantacinque anni Aldo Togliatti, figlio di Palmiro, segretario del partito comunista italiano dal ’38 al ’64, e Rita Montagnana, una delle fondatrici dell’Unione donne italiane (Udi). Il figlio del “migliore” era ricoverato da trent’anni a Villa Igea, un manicomio di Modena, ed era affetto da schizofrenia con spunti autistici fin dal 1950.
Aldo Togliatti era nato a Roma nel ’25 e negli anni ’30 aveva passato la sua infanzia con i genitori nell’esilio sovietico. Poi nel ’47 venne costretto a tornare in Italia, proprio quando papà Palmiro abbandonò mamma Rita per poi rifarsi una famiglia, in gran segreto, con Nilde Iotti.
I testimoni dell’epoca dicono che Aldo non sopportava essere sempre chiamato come “il figlio di Togliatti”; così, introverso e chiuso com’era, si isola. Resta solo con la madre e con il suo male. La diagnosi del 1950 viene tentata di curare in sanatori dell’Urss e in Bulgaria. Poi la breve apparizione ai funerali del padre nel ’64, infine la morte della madre nel ’79 che gli apre definitivamente le porte del manicomio.
Una decina d’anni passati nella stanza 227, alcune fonti dicono già fin dal ’64, poi nella stanza 429, Aldo Togliatti a Villa Igea (segnato sul tabellone senza cognome, ma solo come Aldo) continua per decenni a fare quel che ha sempre fatto: parole crociate della “Settimana enigmistica”, scacchi, sigarette. Parlava e leggeva il russo e il francese. Poi con gli anni smette di leggere i giornali, di passeggiare nel parco e di parlare con gli altri degenti. Del padre non parlato quasi mai, se non quelle rare volte per chiamarlo “il Vegliardo”.
Nel 1993 quello che era rimasto segreto per più di un decennio viene fatto emergere da Sebastiano Colombini, allora cronista della “Gazzetta di Modena”, e dal suo direttore, Antonio Mascolo. La vicenda dl figlio di Togliatti esplode in tutta la sua dimensione umana e politica: la clinica viene stretta d’assedio, il partito comunista anche con tanto di interrogazioni parlamentari, polemiche, lettere ai giornali.
Si disse che Togliatti junior era stato fatto sparire, cancellato dalla sua famiglia e dal partito. E la verità dei fatti di certo non era lontana. Il figlio matto, impresentabile in pubblico, messo in ombra dall’ingombrante presenza del padre, viveva nella clinica modenese pagando una parte della retta della clinica con la pensione di reversibilità dei genitori, entrambi parlamentari, (mentre una quota era a carico della Usl).
Sempre dalla cronaca della Gazzetta di Modena emerse che l’unica persona che il figlio di Togliatti riceveva ogni settimana era un vecchio militante comunista, tal Onelio Pini, morto agli inizi degli anni 2000, che gli portava in regalo un pacchetto di sigarette, una copia della “Settimana enigmistica e che nell’89 informò Aldo della caduta dell’Unione Sovietica.
Sulla vicenda è uscito un libro (“I figli di Togliatti” di Nunzia Manicardi, pubblicato da Koinè nel 2002) e il drammaturgo Luigi Lunari scrisse nel 1997 un testo teatrale dal titolo “Nel nome del padre” approdata anche a Broadway (“Our fathers“), dove il destino di Aldo Togliatti veniva messo a confronto con quello di Rosemary Kennedy, la figlia ritardata del patriarca Joseph, che la fece lobotomizzare.