Il problema delle "complicità di Stato", delle contiguità fra servizi segreti e gruppi talebani ha raggelato le relazioni fra Islamabad e Washington e le conseguenze nella regione potrebbero essere disastrose sul piano politico e geostrategico
Il Pakistan, sconvolto dalla violenza etnica e religiosa interna nell’era post Bin Laden, è sempre più solo nella guerra al terrorismo. E i gruppi talebani sembrano volerne approfittare per mettere sotto scacco il governo. Il problema delle “complicità di Stato”, delle contiguità fra servizi segreti e gruppi talebani ha raggelato le relazioni fra Islamabad e Washington e le conseguenze nella regione potrebbero essere disastrose sul piano politico e geostrategico.
La Casa Bianca – nella sua politica di austerity che ha toccato difesa e sanità – ha annunciato un taglio di 800 milioni di dollari negli aiuti militari a Islamabad. Il provvedimento è un ulteriore segno del deterioramento nei rapporti bilaterali, precipitati dopo l’uccisione di Bin Laden, quando Il governo pakistano accusò gli Usa di non essere stato avvisato del blitz nel covo di Abbottabad (Leggi). Nei giorni successivi funzionari Usa dissero, inoltre, di avere prove del coinvolgimento dei servizi segreti pakistani (il potente Isi) nell’omicidio del giornalista Saleem Shahzad, che aveva scoperto legami fra gli stessi servizi e i gruppi terroristi, legami che avrebbero causato l’attacco dei guerriglieri alla base della Marina militare pakistana a Karachi. Un ulteriore sgarbo è stata l’espulsione dal Pakistan di oltre 100 istruttori militari americani, rispediti a casa senza tanti complimenti perché ritenuti non più utili, e la minaccia di chiudere un campo base della Cia nel paese. Insomma, i due paesi sulla carta alleati nella guerra al terrorismo sembrano ai ferri corti. E al taglio finanziario di Washington, il governo pakistano ha risposto che “la misura non avrà alcun impatto sulla capacità militare di combattere il terrorismo”.
Il raffreddamento dei rapporti Usa-Pakistan potrebbe avere effetti collaterali sulla lotta ai talebani, mentre proseguono gli attacchi con i droni nelle aree tribali (le Fata, Federally Administered Tribal Areas), anch’essi oggetto di polemica, perché spesso causa di vittime civili.
Intanto, secondo gli analisti i “talebani pakistani” – i gruppi che da anni hanno trovato le loro basi nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa e nelle aree tribali, giungendo in alcuni momenti anche ad avere il controllo effettivo dei territorio, come nella valle di Swat – stanno estendendo il loro potere nel Paese. Oggi terra di conquista è la provincia del Sindh: il segnale è l’inaudita violenza che sta attraversando Karachi, capitale del Sindh, grande città portuale e hub commerciale della nazione: almeno 114 morti in cinque giorni di attentati e violenza urbana, tanto che il presidente Ali Zadari ha chiesto al governo locale di dare un “segnale chiaro” degli interventi delle forze dell’ordine. I morti sono stati 453 negli ultimi sei mesi, 378 dei quali civili: quasi un bollettino di guerra, mentre le Ong parlano di oltre 1.000 morti nei primi sei mesi del 2011.
La violenza si è letteralmente scatenata un settimana dopo che il partito Muttahida Qaumi Movement (MQM) ha abbandonato la coalizione al potere a livello federale e provinciale, quella guidata dal Pakistan People’s Party (PPP). E’ vero che la violenza urbana a Karachi ha radici antiche, precedenti alla stessa nascita del Pakistan indipendente. Sono tesi da sempre, a Karachi, le relazioni fra i “mohajirs” (in Urdu “rifugiati”, provenienti dall’India) e i pashtun, che hanno consolidato il loro potere in città.
Le tensioni etniche, con risvolti sociali, economici e politici, in tempi recenti sono aumentate dopo il trasferimento a Karachi di oltre 300 mila sfollati pashtun dalle zone FATA, proprio a causa della guerra contro i talebani e i gruppi loro alleati. Il MQM ha usato parole pesanti, accusando il governo del PPP di “talebanizzare la città”, offrendo protezione alle bande del movimento terrorista “Tehreek-e-Taliban Pakistan” (TTP), che avrebbero fra l’altro il controllo della mafia e del traffico di droga. Ipotesi, questa, suffragata dallo stesso ministro degli Interni, Rehman Malik, che due giorni fa ha confermato che “i servizi di intelligence hanno identificato la presenza di militanti del TTP a Karachi”. Il problema è esacerbato dalla larga circolazione e dal commercio di armi, fiorente nell’area. Il governo sembra a tratti impotente e, mentre lo spettro della “talebanizzazione” si avvicina, crescono i rischi di un golpe militare, che sarebbe un ulteriore colpo alle fragili istituzioni democratiche nel paese.
di Sonny Evangelista