Cause di lavoro, <br>il danno e la beffa
Non c’è cosa più bieca e immorale che non pagare i propri collaboratori assunti dopo che è stata eseguita una prestazione professionale. Purtroppo con la foglia di fico di una crisi fuori controllo, stiamo assistendo alla moltiplicazione di queste pratiche scellerate che da domani (forse già oggi) potrebbero essere indirettamente autorizzate.
Attualmente
la
causa di lavoro contro l’azienda che non paga o che licenzia non può essere a carico del dipendente. In Italia questo genere di cause sono gratuite in primo e in secondo grado. Il lavoratore impegnato a rivendicare i suoi diritti paga solo il “contributo unificato”, ma soltanto una volta che la lite sia arrivata in Cassazione. Da domani tutto potrebbe cambiare. La manovra del governo prevederebbe il
contributo unificato per ogni controversia di lavoro. Un pedaggio d’ingresso che scatterebbe fin dal primo grado. In questo modo i lavoratori licenziati o in attesa degli stipendi arretrati potrebbero rinunciare ad avviare la vertenza. Con buona pace del datore di lavoro restio a non versare il denaro.
In questo blog ci occupiamo di lavoro e dei
wwworkers, ovvero dei nuovi lavoratori in rete, ma non possiamo tacere questo abuso che verrebbe perpetrato ai danni dei
lavoratori subordinati, rafforzando di fatto il datore di lavoro soprattutto in quelle aziende medio-piccole, dove gode già di massima attenzione anche per via di mancate presenze sindacali.
Per la Cgil questa norma è inaccettabile. Danilo Gruppi, Cgil Bologna, intervistato da
Repubblica afferma:
«Si tratta di un balzello vergognoso e velenoso che punta solo a dissuadere i lavoratori dal far valere i loro diritti».
Concordo pienamente. Occorre indignarsi e cercare di fermarli.