Isolata anche la posizione del sindaco di Forl', Roberto Balzani, che nel partitone è considerato un guastafeste: "Io in realtà me ne infischio di poltrone e poltroncine, bisogna ricostruire dal basso la rete amministrativa". E i dipietristi mettono in discussione anche l'alleanza
La bordata in queste ore arriva dal numero uno dell’Idv di Forlì-Cesena, Tommaso Montebello, che, d’intesa con i propri omologhi in Regione, attacca a testa bassa. “L’Italia dei Valori è stata accusata di demagogia quando ha chiesto l’abolizione delle province qualche giorno fa. A questo punto per vedere chi fa davvero demagogia sfidiamo il Pd”, punge Montebello.
Il segretario provinciale dell’Italia dei Valori di Forlì-Cesena chiede esplicitamente “qual è la posizione del Pd romagnolo sulle Province” dopo che il vice sindaco di Forlì, Gian Carlo Biserna a sua volta dell’Idv, ha rilanciato ufficialmente pochi giorni fa l’idea di Balzani di accorparle in un unico soggetto. “Se è vero che il nostro principale alleato – incalza Montebello – ritiene che il numero delle Province vada diminuito accorpandole, noi ci dichiariamo disponibili ad intraprendere da subito questo percorso. Percorso che, ovviamente, non ci soddisfa pienamente: ma, in attesa che il Parlamento ci ripensi e le abolisca, almeno porterà da un lato un risparmio sui costi della politica, dall’altro rafforzerebbe il sistema Romagna” che da tempo lavora su logiche di Area Vasta nei trasporti e nella sanità.
Il dipietrista romagnolo ricorda inoltre che “il centrosinistra, soprattutto in Emilia Romagna, ha dato sempre l’esempio: siamo infatti l’unica Regione che ha abolito i vitalizi per i consiglieri regionali”. Insomma, è la tesi dell’Idv, dimostriamo ancora una volta che questa Regione è la locomotiva della buona politica senza aspettare che il Parlamento, che in realtà è dagli anni Settanta che è chiamato ad esprimersi sul tema, decida. La strada, su cui le grandi manovre in realtà sono già partite, potrebbe essere quella di far esprimere i sei Comuni più popolosi della Romagna, attraverso una delibera ad hoc, per avviare davvero il percorso legislativo.
Ebbene, incredibile ma vero, di fronte a tutto questo il Pd non ha alcuna fretta. “Demagogia? Demagogia è dire che con quell’ordine del giorno in Parlamento si sarebbero abolite le Provincie. O dire che tagliare le Province è garanzia di riduzione dei costi della politica. La nostra proposta di legge in Parlamento c’è, da lì si parte”, risponde il numero dei Democratici forlivesi Marco Di Maio. Il giovane segretario (28 anni) assicura di “non capire la sfida lanciata dall’Idv” e sul tema specifico, ad esempio, fa presente che “non si possono licenziare di colpo tutti i dipendenti delle amministrazioni provinciali: anch’io credo che le Provincie siano troppe, ma il tema va affrontato seriamente”.
Tra l’altro, “in Parlamento è depositata una proposta di legge firmata dal capogruppo Dario Franceschini e dallo stesso Pier Luigi Bersani che propone accorpamenti e riduzioni degli enti pubblici”, ricorda Di Maio che punge i dipietristi facendo presente come “siamo tutti capaci di inventarci un ordine del giorno”.
All’Idv che invoca una posizione del “Pd romagnolo” nel suo complesso, Di Maio ricorda “che, con tutto il rispetto per quelli più piccoli, il Pd è un grande partito: certamente abbiamo bisogno di più coordinamento ma il tema è già in agenda, come ha detto alla nostra festa locale il segretario regionale del partito, Stefano Bonaccini, che ha fissato entro l’anno una ‘convention’ di tutte le federazioni romagnole per stabilire le priorità politico-amministrative di qui in avanti”.
Appunto, Bonaccini. Il numero uno del partitone in Emilia Romagna sul tema Province ha scelto il silenzio per non creare ulteriori frizioni. Di fatto, dunque, Balzani in questo senso viene snobbato anche dai vertici regionali di partito. Più che altro, la sua viene ritenuta una provocazione bella e buona, destinata a scuotere qualche animo ma nulla di più. Nel ‘movimento dal basso’ che ha annunciato Balzani a partire da settembre per accorpare le Province di Forlì, Ravenna e Rimini, assicura Di Maio, “il Pd è presente, non da oggi: quella del sindaco di Forlì è una bella provocazione, la proposta è da approfondire e da discutere insieme con tutti gli altri attori del territorio, noi non facciamo da soli”.
Ben diversi e più risoluti, comunque, i toni del sindaco di Forlì. “La mia proposta di procedere subito, dal basso, ad una fusione amministrativa significativa in Romagna (fra Comuni e fra Province) ha suscitato, nel ceto politico, giudizi tendenzialmente univoci, nel senso che, fatti salve alcune voci fuori dal coro, il ritornello prevalente è stato: ‘Non se ne parla’. Oppure: ‘Non è adesso il momento’. Ma se non ora, quando?”, ha confessato il primo cittadino forlivese senza nascondere qualche rammarico.
Balzani, da sempre abbastanza ‘allergico’ alle logiche di partito, l’ha voluto scandire: “Me ne infischio dei posti, delle poltrone e delle poltroncine (quelle che in genere interessano ai partiti, per intenderci) che salteranno, compresa la mia. Qui bisogna ricostruire dal basso, semplificandola, la rete amministrativa e allocare meglio le poche risorse che ci sono. Da settembre si parte con la costruzione del ‘Movimento dal basso’ che in realtà è già nato”, ha detto il sindaco conscio della prudenza del Pd in questa fase.
Neanche il tempo di costruire il proprio appello, comunque, che Balzani ha dovuto fronteggiare la diffidenza non solo dei funzionari delle federazioni, ma proprio dei colleghi in capo alle amministrazioni provinciali limitrofe (ovviamente tutti targati Pd). Qualche esempio? Ecco Claudio Casadio, presidente della Provincia di Ravenna: “Non sarebbe scandaloso avere quattro Province anziché sei, ma non sarebbe neppure decisivo. Alla fine della giornata, si risparmierebbe soltanto sui compensi di qualche consigliere e di una quindicina di amministratori. Piuttosto, sarebbe importante lavorare tutti insieme sui grandi temi del nostro territorio: turismo, trasporti e lavoro”.
Stessa musica da parte di Massimo Bulbi, presidente della Provincia di Forlì-Cesena: “Non si può pensare a una riforma degli enti locali partendo soltanto dal dato dei costi. Non è quello il problema centrale, perché la spesa pubblica non avrebbe grandi benefici dalla sparizione delle Province: semplicemente, passerebbe ad altri soggetti”. Chiude in bellezza Stefano Vitali, il collega di Rimini: “In questo modo si delegittimano le istituzioni nel momento in cui dovremmo essere tutti uniti. Ci vuole un progetto serio, servono basi solide. Non si possono cancellare i Comuni come se niente fosse, e lo stesso discorso vale per le Province”.
Insomma, strada da fare ce n’è.