Si è aperto a Bologna il processo dove, oltre a Flavio Carboni, è coinvolto Giulio Lolli, l'uomo sparito nel nulla. Negli ultimi mesi era in carcere in Libia. E alla fine un generale della guardia di finanza che si è suicidato nel mezzo dell'inchiesta
Si tratta del processo Rimini Yacht. E’ iniziato in tribunale a Bologna il rito immediato per un filone dell’inchiesta davanti al tribunale collegiale di Bologna. Due colonnelli della fiamme gialle, Massimiliano Parpiglia e Enzo Di Giovanni, due marescialli e un commercialista ferrarese, Giorgio Baruffa, sono accusati di bancarotta e corruzione. Mentre Giulio Lolli, l’ex titolare della Rimini Yacht Spa, non è a processo perché si trova ancora all’estero latitante. Fino a poche settimane fa era detenuto in Libia, mentre ora l’Interpol lo definisce “disperso”.
In udienza sono state respinte quasi tutte le eccezioni presentate dalle difese e rifiutate molte domande di costituzione di parte civile. Questioni preliminari, dunque. Gli avvocati degli imputati hanno comunque chiesto che vengano sentiti come testimoni alcuni magistrati, fra cui l’ex procuratore capo di Bologna, Enrico Di Nicola. L’accusa, invece, fra i testimoni ha inserito i nomi di anche alcune escort, una delle quali sarebbe stata la “escort personale” di Giulio Lolli, indagata in un procedimento connesso. Intanto uno degli imputati, Alberto Carati, ha patteggiato tre anni per corruzione e fatture false.
L’ipotesi della procura è quella di corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio in concorso per una verifica fiscale che gli inquirenti ritengono essere stata ammorbidita in cambio di mazzette. I problemi economici della Rimini Yacht erano, infatti, notevoli. E la società è coinvolta anche in un’altra inchiesta, portata avanti dalla procura di Rimini, per una maxi truffa di yacht venduti a più clienti spesso inesistenti.
Un evento misterioso ha accompagnato le indagini degli inquirenti. Nel luglio dello scorso anno, infatti, un generale della finanza in pensione ed ex membro del cda di Rimini Yacht, Angelo Cardile, allora indagato, si è suicidato con un colpo di pistola alla testa durante una perquisizione domiciliare. Cardile, secondo gli inquirenti, sarebbe stato in accordo con i consulenti di Lolli e i due ufficiali indagati per “addomesticare” un controllo fiscale. L’obiettivo era di non far emergere le difficoltà finanziarie della società, informando per tempo sulla data della verifica.
Un controllo anomalo, nel corso del quale i finanzieri avrebbero chiuso più volte gli occhi: non ispezionarono, infatti, la sede di Rimini e non segnalarono matrici di assegni emessi verso società di San Marino conservate nella sede legale di Bologna, istituita appositamente – hanno ricostruito gli inquirenti – per la verifica fiscale concordata, quindi, dietro la promessa di denaro. Una cifra fra i 200 e i 300 mila euro.
Nell’agosto dello scorso anno la società romagnola, specializzata nella compravendita di imbarcazioni di lusso, è stata dichiarata fallita dal tribunale di Bologna. L’ipotesi di corruzione, invece, si basa sulle dichiarazioni di una “gola profonda” interna al Rimini Yacht. È questa persona a raccontare inoltre le serate di Lolli, Cardile, Massimiliano Parpiglia e Giorgio Baruffa: cene con la presenza di escort di lusso nei migliori ristoranti emiliano romagnoli.
Intanto si dava un’immagine falsata dei conti, funzionale a evitare il fallimento e riuscire a ottenere credito dalla Banca Popolare di Spoleto con la mediazione, secondo i pm, di Flavio Carboni. I contatti tra lui e Giulio Lolli sarebbe stati molti e difficile che l’imprenditore romagnolo ignorasse la nomea del suo interlocutore, coinvolto fin dai tempi della P2 in vicende come l’omicidio del banchiere Roberto Calvi e nel crac del Banco Ambrosiano per arrivare a storie più recenti, come l’inchiesta P3.
Lolli era considerato il maggiore commerciante italiano di barche di lusso a motore: presidente della Rimini Yacht, sedeva alla testa di un’impresa che nel 2007 era riuscita a fatturare 32 milioni di euro. In un’altra inchiesta, portata avanti dalla procura di Rimini, è indagato per truffa e falso. Il meccanismo che utilizzava era di far aprire con documenti contraffatti leasing milionari a nome degli acquirenti e poi incassare le somme. Agli armatori non restava che un foglio di carta senza alcun valore. Sarà lo stesso Lolli a chiedere l’intervento di Carboni, per cercare di smuovere le banche.
I contatti fra Lolli e il faccendiere sardo sono finiti anche nell’indagine romana sua P3. In un’intercettazione, un certo Paolo chiama per sollecitare l’intervento in suo favore da parte di Carboni. Il quale rassicura dicendo che tutto sarà fatto: “Non chiedo nulla…cioè non voglio nulla”. Ma il “presentino” arriva, e in fretta. Una barca Betram da due milioni di euro e una Aston Martin. Il tutto, secondo gli inquirenti, per sbloccare un finanziamento della Banca Popolare di Spoleto dove sedeva come presidente del consiglio di amministrazione un amico di Carboni, Giovanni Antonini.