Il collocamento dei titoli di Stato segna un aumento dello spread con il Bund tedesco. Crescono i rendimenti sui 5 e 15 anni ma è il biennale a destare le maggiori preoccupazioni. Adesso i premi accordati dall’Italia sui titoli a scadenza 2013 sono maggiori di quelli concessi nel medesimo orizzonte temporale da Madrid. A giudizio degli investitori, insomma, nel breve periodo l’Italia sarebbe addirittura più a rischio rispetto alla Spagna
Dopo il martedì di passione e il mercoledì da leoni, Piazza affari torna sulla terra scontando gli effetti di una giornata convulsa in cui a prevalere sono nuovamente i ribassi. Al termine degli scambi Milano chiude con un rosso dell’1,07% segnando il passo per le altre borse europee, tutte coinvolte nel trend ribassista. Londra e Parigi cedono quasi un punto a testa (-0,92 e -0,96% rispettivamente) mentre Francoforte (-0,58%) e Madrid (-0,53) ne perdono poco più di mezzo. L’altalena insomma si fa sentire ma la sensazione, almeno per adesso, è che il mercato si sia calmato e gli speculatori abbiano allentato ampiamente la presa dopo il decisivo intervento compiuto ieri dalla Bce e consistito, in sintesi, nell’acquisto compulsivo dei titoli sovrani sotto assedio.
E proprio i bond nazionali, per lo meno in Italia, sono stati ancora una volta i protagonisti di giornata. In tarda mattinata, il Tesoro italiano ha collocato 4,5 miliardi di euro di titoli a lungo termine pagando, inevitabilmente, il dazio delle terrificanti sedute vissute tra giovedì scorso e martedì mattina. Come da pronostico l’Italia ha dovuto incrementare i premi concessi agli acquirenti: il Btp a 15 anni registra un poco confortante 5,9% sul rendimento, record assoluto dall’introduzione dell’euro; il titolo quinquennale viene invece immesso con un rendimento del 4,93%, il più elevato dal giugno 2008. Rispetto all’ultima asta, in pratica, il rendimento dei titoli è aumentato di 103 punti base mentre lo spread con il bund è salito a quota 287. Un dato, quest’ultimo, che alla fine dei conti è stato addirittura accolto con la tipica sensazione di sollievo da scampato pericolo, visto che, ad asta conclusa, gli scambi al ribasso del mercato secondario avevano spinto il differenziale oltre la soglia dei 300 punti.
Tutto è accaduto nella tarda mattinata quando, una volta immessi sul mercato, i titoli hanno iniziato ad essere ceduti ad un interesse più alto (ovvero ad un prezzo più basso) rispetto a quello accordato nel collocamento a causa delle operazioni dei cosiddetti investitori “lunghi”. In pratica non è successo nient’altro che questo: gli operatori “non speculativi”, presumibilmente i fondi pensione o i fondi comuni Etf particolarmente orientati ai piccoli investitori/risparmiatori (la clientela retail), hanno venduto in automatico una volta che il prezzo dei Btp è sceso sotto un certo livello (vale a dire una volta che, raggiunto un certo rendimento, il bond è stato valutato eccessivamente rischioso). Una misura di sicurezza automatizzata, conosciuta come “stop losses” e solitamente di scarso impatto ma che, tuttavia, in giorni convulsi come quelli attuali, rischia di scatenare il panico alimentando una valanga di cessioni. Il timore è durato un po’, con lo spread in espansione e i trader sempre più nervosi. Poi per fortuna una mano invisibile (magari la solita Bce) ha fatto ripartire gli acquisti e il differenziale si è adeguato. C’è voluta un’intera giornata di scambi, ma alla fine l’ormai mitico spread sul bund si è riadagiato sul morbido (date le circostanze) cuscino dei 287 punti.
Per un decennale che respira con affanno c’è anche un biennale che ansima di brutto. Il bond a scadenza 2013 vede il suo rendimento balzare sul mercato secondario a quota 3,93% contro il 3,67 dell’asta di martedì e, soprattutto, contro il 3,821 dei corrispondenti titoli di Madrid. Tradotto: gli operatori percepiscono per la Penisola un rischio a breve termine addirittura maggiore rispetto a quello attribuito alla Spagna. Una valutazione a modo suo clamorosa.
Il ribasso generale del mercato coinvolge anche i titoli bancari protagonisti, ieri, di una rimonta forse superiore alle attese. Inutile dire che anche questa volta Unicredit e Intesa sono stati i titoli più scambiati, segno di un continuo interesse dei mercati nelle loro prospettive di altalena. Piazza Cordusio segna -0,32% a fine giornata mentre Intesa SanPaolo cala ancora del 2,13%. Tiene Banco Popolare (-0,28%), non altrettanto gli altri: Ubi Banca cede il 2,72%, Mediobanca l’1,51%, Mediolanum addirittura il 3,28% mentre Mps chiude con una perdita del 2,12%.
E proprio sul fronte delle banche, intanto, non si placa la tensione generata dai rumors, per altro non confermati, relativi al presunto assist che qualche fondazione potrebbe aver fornito agli speculatori short. L’ipotesi ancora da verificare è che le fondazioni abbiano prestato titoli agli speculatori (cosa che avrebbe permesso alle stesse di intascare le relative commissioni) e che questi poi li abbiano shortati. Una tesi inquietante e respinta con forza oggi dal presidente dell’Acri (Associazione di Fondazioni e Casse di Risparmio Spa) Giuseppe Guzzetti. Le Fondazioni associate che hanno quote negli istituti di origine non sono implicate “né direttamente né indirettamente” nelle vendite allo scoperto dei titoli delle banche partecipate ha affermato oggi a margine di un convegno. Ieri, il presidente della Consob Vegas aveva dichiarato che la sua commissione aveva fatto “una moral suasion chiedendo a tutti quelli che hanno prestato titoli di richiamarli”. Una richiesta, ha scritto il Sole 24 ore, che sarebbe stata rivolta anche alle fondazioni.