Sesta incursione in due giorni dell'aviazione israeliana. Obiettivo degli attacchi i tunnel sotterranei che collegano la Striscia all'esterno e il lancio di razzi artigianali sul territorio dello Stato ebraico
Per il terzo giorno consecutivo, ieri notte, gli aerei dell’Israel Air Force hanno colpito la Striscia di Gaza. Il bilancio del raid, secondo fonti palestinesi, è di almeno quattro feriti, tra cui due bambini, e un disperso. La stampa israeliana parla invece di cinque feriti. Secondo l’emittente panaraba Al Jazeera, gli aerei israeliani hanno colpito tre diversi obiettivi, due a Gaza City e uno a Khan Younis. L’emittente del Quatar aggiunge che gli edifici colpiti erano usati da Hamas e da altri gruppi palestinesi. E’ la sesta incursione in tre giorni. Secondo fonti militari israeliane, citate dal quotidiano Haaretz, obiettivo principale dei raid di ieri era un tunnel di quelli usati dai palestinesi per far entrare nella Striscia beni e materiali proibiti da Israele. Dai tunnel però passano anche armi per le fazioni palestinesi.
Il raid di ieri è arrivato in risposta al lancio, dalla Striscia di Gaza, di almeno cinque razzi che sono caduti in territorio israeliano senza causare vittime o danni. Dal mese di aprile, però, i raid e i lanci di razzi si stanno intensificando. Negli ultimi quattro mesi, i caccia israeliani hanno condotto diverse incursioni, uccidendo una ventina di palestinesi. L’alibi sono i razzi, spesso artigianali, che diversi gruppi armati palestinesi sparano dalla Striscia verso Israele. Hamas ufficialmente ha cercato di impedire questi lanci, sia dopo il più pesante raid israeliano degli ultimi tempi, lo scorso 8 aprile, sia dopo l’accordo concluso con Fatah al Cairo all’inizio di maggio. Tuttavia, nemmeno Hamas riesce ad avere del tutto il controllo della Striscia, dove un milione e mezzo di palestinesi vivono reclusi a causa dell’assedio israeliano che dura dal 2006.
Da aprile, pur senza annunci ufficiali, è in vigore un cessate il fuoco di fatto tra il governo israeliano e Hamas, ma bisogna vedere se nelle prossime ore la tregua potrà essere mantenuta. Dopo la “vittoria” sulla Freedom Flotilla 2, infatti, il governo israeliano sembra sentirsi più sicuro, anche in vista del voto all’Onu, previsto per settembre, sulla richiesta dell’Autorità nazionale palestinese di riconoscere lo Stato di Palestina.
La diplomazia israeliana sta lavorando alacremente per cercare di disinnescare la bomba politica dell’eventuale riconoscimento internazionale. Dal ministero degli esteri israeliano, scrive Haartez, è partita una circolare con indicazioni precise su come cercare di convincere gli stati ancora indecisi a votare contro la richiesta palestinese (adesso appoggiata anche dalla Lega Araba). I diplomatici israeliani nel mondo sono stati invitati a non prendere ferie fino al voto all’Onu e a incrementare i contatti diretti con le autorità dei paesi che li ospitano.
Un fronte inaspettato di protesta, però, si sta aprendo dentro Israele stesso. Per domani, infatti, è prevista una manifestazione di cittadini palestinesi di Israele a cui si aspetta prendano parte anche molti israeliani ebrei favorevoli all’indipendenza dello stato di Palestina. E’ la prima volta da venti anni a questa parte che una manifestazione del genere viene convocata. Il corteo partirà dalla Porta di Giaffa, dalle mura Città Vecchia di Gerusalemme, per scendere verso Sheikh Jarrah, un quartiere palestinese su cui da tempo si gioca una battaglia legale e simbolica contro l’espulsione degli abitanti arabi promossa dalle organizzazioni dei coloni ebrei con la complicità della municipalità di Gerusalemme e del governo israeliano. Alcune organizzazioni della destra israeliana e dei coloni hanno annunciato una contro-manifestazione e le misure di sicurezza saranno molto alte, ma gli organizzatori sperano in una manifestazione pacifica, che, nelle più rosee aspettative dei comitati arabi e israeliani che l’hanno promossa, potrebbe segnare la nascita di un nuovo movimento per la pace nella società israeliana.
di Joseph Zarlingo – Lettera 22