Un signore dai capelli vagamente cotonati, sconosciuto fuori di Bologna, ha sconfitto in un colpo solo Romano Prodi, Fabio Roversi Monaco, le ambizioni del Pd bolognese. Ha posto sotto la sua ala l’Aeroporto e la Fiera, ha dimostrato di essere uno degli uomini davvero potenti di una Bologna in cui i poteri si stanno definendo e ridefinendo. Sulla testa dei cittadini e anche di tanti di quelli che pensano di governare la città.
C’è anche tutto questo dietro la vittoria di Bruno Filetti, signore delle granaglie, presidente della Camera di Commercio dal 2008, gran collezionista di incarichi, da sempre alla ricerca di un posto di leader cittadino ma senza rischiare, tanto da rifiutare dopo graditi corteggiamenti la candidatura a sindaco del Pdl. I risultati del gioco di scambio bolognese saranno ufficializzati nei giorni prossimi, i giochi sono fatti. La storia è attorcigliata, molto politica politicante.
Seguirla può essere utile per capire quel che succede non solo a Bologna. Stavolta, dopo anni di tentativi, Filetti è riuscito a costruire un puzzle unico. Ha mandato alla presidenza dell’Aeroporto Marconi l’avvocato Giada Grandi, segretario generale della Camera di Commercio. Considerata da tutti, anche da chi ne apprezza i meriti professionali, una sua creatura a 360 gradi. Contemporaneamente ha legato questa conquista alla nomina alla guida della Fiera di Duccio Campagnoli, ex dirigente comunista della Fiom e della Cgil bolognese, per quindici anni assessore regionale, consigliere alla stessa Fiera.
Filetti ha messo il cappello contemporaneamente su due posti chiavi del potere cittadino. Con Giada Grandi direttamente, con Campagnoli innescando un rapporto di scambio. Il sì di Filetti all’ex assessore Pd in Fiera è stato contrattato in cambio del sì di Comune-Provincia-Regione (del Pd in soldoni) alla segretaria generale della Camera di Comercio all’Aeroporto. Dei due enti la Camera di Commercio è il maggiore azionista, nel Marconi ha la maggioranza assoluta.
Strategia complicata, giocata su due piani. Campagnoli era stato indicato come proprio successore dall’attuale presidente, Fabio Roversi Monaco, che a Campagnoli aveva negli ultimi mesi dato una serie di deleghe per risanare i conti in rosso della Fiera. Il raggiungimento del risultato è stato annunciato alla presentazione del bilancio 2010, a maggio. Campagnoli aveva dalla sua anche il fatto di essere stato escluso da Vasco Errani dalla sua ultima giunta regionale e di essersi ritirato dopo molte fiamme dalla corsa a sindaco, spianando la strada a Maurizio Cevenini e poi, dopo la rinuncia di questi, a Virginio Merola.
Nonostante le riconoscenze variegate, la partita però non era sicura. Per aspirazioni varie e per dubbi anche nel Pd, lo stesso partito di Campagnoli, per altro molto stimato dagli imprenditori privati. Si sono continuati a cercare possibii candidati, mentre si faceva pressione su Roversi Monaco perché rimanesse per un altro manmdato. Filetti si è inserito, tuonando che «la Fiera non è un ufficio di collocamento» e facendo più volte volteggiare un veto che avrebbe bloccato Campagnoli.
Contemporaneamente sfiduciava alla presidenza dell’Aeroporto Giuseppina Gualtieri, scelta dal suo precedessore Giancarlo Sangalli, ora senatore Pd, e a Filetti sempre invisa nonostante i buoni risultati in un luogo dove girano 120 milioni di possibili appalti e altri business immobiliari importanti.
A nulla è servito che a favore della Gualtieri – e contro Filetti, domenica in una intervista a Repubblica – scendesse in campo Fabio Roversi Monaco, rettore per quindici anni, l’uomo delle celebrazioni del Nono Centenario, presidente della Fondazione della Cassa di Risparmio. Una potenza di legami e denari, di decenni e decenni. Se Roversi si è esposto in prima persona (criticando anche Filetti per la sua guida di Bologna Congressi, società della Fiera), Romano Prodi ha affidato il proprio sostegno alla portavoce e all’assessore Amelia Frascaroli: Giuseppina Gualieri è stata a lungo direttrice di Nomisma, la cattedrale prodiana, per poi decollare all’Ervet, ente regionale, e al Marconi. Virginio Merola da parte sua informava che una riconferma sarebbe stata «valutata positivamente da Comune, Provincia e Regione».
Niente da fare. Filetti la sua linea l’ha seguita come un bulldozer. Si è candidato lui alla presidenza dell’Aeroporto, ha ceduto ai previsti veti, ha ottenuto quel che voleva con Giada Grandi. Portando a consigli diversi anche il Pd, dove il governatore Errani, gran tutore della Romagna, non vedeva di mal occhio una messa in riga dell’Aeroporto e della Fiera del capoluogo bolognese, mentre si sta formando un polo aeroportale Rimini-Forlì ed uno fieristico Rimini-Cesena.
Spianata la strada all’avvocatessa Grandi, sono cessati anche gli ostacoli per Campagnoli. Il quale però ha dovuto dare addio al sogno di essere indicato per meriti e non come scambio fra Filetti e il Pd. Ha sempre detto di volere le mani libere, ora sa che i soci-padroni si faranno sentire come non succedeva da decenni. Non solo dalle epoca di Luca Cordero di Montezemolo e di Roversi Monaco. E tutto questo ha un regista semi sconosciuto, fuori casa. Bruno Filetti. Ha sfilato la candiatura Campagnoli al suo nemico Roversi Monaco, che contava di mantenere una linea privilegiata con la Fiera che lasciava. Ha costretto-convinto il Pd a un rapporto di scambio generale che ricalca i tempi Dc-Pci, coop rosse-costruttori privati e che ne ha oscurato i discorsi sul rinnovamento di metodo. Ha ridicolizzata la scelta di Merola di candidature attraverso curriculum, con il coinvolgimento di tre saggi (due docenti universitari, una imprenditrice) che hanno esaminato inutilmente le centinaia di domande arrivate.
R.B.