“Un Armageddon economico”. Barack Obama arriva a citare l’Apocalisse per definire il mancato accordo sulla riduzione del debito e del deficit americano. Nel tradizionale discorso del sabato, il presidente ha ancora una volta detto che è arrivato il momento di “sacrifici condivisi e di scelte impopolari”. Questo significa, secondo Obama, “spendere meno nei programmi sociali. Spendere meno per la difesa… Ma significa anche affrontare il sistema fiscale, tagliando agevolazioni e deduzioni fiscali per gli americani più ricchi”.

Oggi Obama deciderà se invitare i leader del Congresso ancora una volta alla Casa Bianca, per un ennesimo round di negoziati. L’ostacolo più pesante al raggiungimento di un’intesa riguarda proprio la cancellazione di una serie di agevolazioni fiscali per corporations e più ricchi (“gente come me – ha detto più di una volta Obama -, gente che può permettersi di contribuire un po’ di più all’economia americana”). I democratici sono disposti a tagli consistenti alla spesa sociale, soprattutto quella sanitaria, ma vogliono anche la fine dei benefici impositivi per i più ricchi. I repubblicani chiedono invece una manovra finanziaria basata prevalentemente sui tagli, e non vogliono sentir parlare di nuove tasse, che a loro giudizio avvilirebbero gli investimenti in una fase difficile, con la disoccupazione che resta al 9,2%.

Nonostante il richiamo all’Apocalisse di Obama, e la sua richiesta di arrivare a un accordo nel giro di 24-36 ore, non sembra che le parti siano vicine a chiudere la partita. L’impressione è che né i repubblicani, né i democratici, vogliano restare col “cerino in mano”, additati all’opinione pubblica come responsabili del default. Proposte con scarsa possibilità di riuscita si rincorrono in queste ore. Martedì i repubblicani della Camera dei Rappresentanti porteranno al voto una misura che prevede l’innalzamento del tetto del debito, chiesto da Obama, ma anche un emendamento alla Costituzione che preveda limiti di spesa per il Congresso. Una misura popolare tra i vari Tea Parties, ma che non ha alcuna possibilità di passare al Senato, a maggioranza democratica.

A questo punto il vero compromesso è affidato alla proposta che il leader repubblicano del Senato, Mitch McConnell, sta negoziando col suo collega Harry Reid. Le parti si accorderebbero su una serie di tagli alla spesa per 1500 miliardi di dollari. La responsabilità legale di innalzare il tetto del debito verrebbe affidata ad Obama stesso. E solo “una proposta di riserva”, come l’ha definita ieri il presidente, ma è l’unica al momento concretizzabile prima dell’Armageddon finale. Il prossimo 2 agosto gli Stati Uniti raggiungeranno il tetto massimo di spesa. Moody’s, Standard & Poor’s, JP Morgan Chase, la Federal Reserve e lo stesso governo cinese, il maggior creditore degli Stati Uniti, hanno messo in guardia contro le “ondate di shock” che un fallimento del governo americano porterebbe all’economia mondiale.

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