Nel mio ultimo post ho formulato la proposta di porre un tetto rigido alle retribuzioni individuali di qualsiasi natura, che ho fissato a 5.000 euro; preciso che dovrebbe trattarsi di cinquemila euro al netto del prelievo fiscale.
Non era una boutade, ma una proposta seria per fronteggiare la crisi attuale, cui andrebbe affiancata una seria azione in sede internazionale per sgonfiare l’abnorme ed artificiosa espansione della sfera finanziaria e contrastare il potere nefasto della speculazione. Non ho avuto modo ovviamente in questa sede di sviluppare ulteriormente riflessioni e proposte in merito a questi due aspetti, che mi riprometto di affrontare in uno dei miei prossimi libri in compagnia di una serie di giovani specialisti. Per alcune stimolanti idee e proposte rinvio per il momento al sito Atterres.org, curato da alcuni economisti di lingua francese.
Le notizie di ieri sull’espansione inquietante della povertà in Italia, con un numero crescente di famiglie costrette a rinunciare perfino a consumi alimentari essenziali per far quadrare il bilancio, aggravata dalla manovra iniqua decretata da Berlusconi e Tremonti con l’avallo di Napolitano, mi rafforzano nella mia convinzione.
Coloro che sono infettati fino al midollo dalla velenosa ideologia neoliberista, alzano alti lai. Ma come? I migliori, non potendo guadagnare cifre iperboliche, se ne andranno e in Italia resteranno solo i mediocri e gli scadenti… per non parlare degli investitori che fuggiranno lasciandoci a marcire nella disoccupazione, che, come è noto, non costituisce oggi affatto un problema per i giovani e il popolo italiano in genere.
Basterebbe l’equazione fra alti redditi e qualità del contributo alla società a qualificare tali critici e la loro visione del mondo. La realtà è all’opposto di come se la immaginano questi signori. In Italia esistono milioni di eroi ed eroine che danno un contributo essenziale alla società, in qualità di operai, insegnanti, infermieri, medici, ricercatori, ecc., guadagnando somme assolutamente insufficienti anche a coprire le più basilari esigenze della vita. Guadagnano invece cifre astronomiche manager come Marchionne, che stanno facendo di tutto per liquidare l’industria italiana, ingrati e immemori dei contributi che hanno ricevuto dallo Stato, per non parlare degli esponenti della casta nelle sue varie articolazioni e per non parlare di mafiosi, camorristi e delinquenti vari, che sono quelli che oggi hanno i redditi più alti.
E’ ora di farla finita e che il vento cambi davvero. La portata e multidimensionalità della crisi attuale, che è planetaria, ambientale, alimentare, finanziaria, economica e anche etica, impone di riconsegnare al pubblico la guida dell’economia e della società, stabilendo vincoli insuperabili ai profitti e ai poteri dei privati che hanno determinato l’attuale catastrofe.
Stabilire che le retribuzioni individuali non possano superare una determinata cifra assume poi anche un preciso valore etico. Io parto dal presupposto della tendenziale uguaglianza fra gli esseri umani e quindi fra i rispettivi bisogni di ciascuno di noi. Perché deve esserci qualcuno che sguazza nel superfluo, dilapidando cifre incredibili in consumi voluttuari, mentre altri faticano a dare da mangiare in modo adeguato ai propri bambini? Non è osceno tutto questo, specialmente alla luce del grande potenziale scientifico e tecnologico esistente, che consentirebbe, se usato equamente, di dare risposte ai bisogni dell’intera popolazione mondiale?
Sia benvenuto lo sforzo degli imprenditori che vogliono effettivamente contribuire all’aumento della ricchezza nazionale, assumendo gente e producendo beni e servizi utili per la collettività, ma si stabilisca chiaramente che il denaro che essi possono accumulare per le esigenze personali e quelle familiari non può superare un determinato limite. Mediante la leva fiscale lo Stato può determinare i redditi di chiunque, cerchiamo di ricordarcelo, tornando alla scienza economica che nasce come scienza dell’intervento pubblico in economia e non già, come vorrebbero i cantori delle virtù del capitalismo nella sua fase morente, per celebrare le logiche solipsistiche e distruttrici del privato, di fronte al quale costoro si inginocchiano, nelle speranza forse di ricevere qualche briciola dell’osceno banchetto.