Una centrale termoelettrica che si trova in territorio veneto, ma nel mezzo del Parco del delta del Po gestito da due amministrazioni, quella dell’Emilia Romagna e quella del Veneto. Al centro una querelle che va avanti da mesi: la riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle, in provincia di Rovigo. Da una parte, l’un contro l’altro armate, due regioni: l’Emilia Romagna – contraria alla riconversione – e Veneto, del tutto favorevole.

Il 12 luglio la giunta regionale emiliana ha approvato una risoluzione che la impegna a opporsi alle decisioni del Veneto sulla modifica della legge regionale istitutiva del Parco del Delta, decisa proprio per permettere la riconversione dell’impianto di proprietà dell’Enel.

La storia è lunga e complicata, ma ora il no dell’Emilia apre un nuovo capitolo, che potrebbe mettere i bastoni tra le ruote all’investimento da 2,5 miliardi utilizzato da Enel come carota da una parte e arma di ricatto dall’altra nei confronti dei lavoratori e degli imprenditori della zona di Porto Tolle.

Un bastone tra le ruote che però difficilmente bloccherà il progetto, che sta godendo del sostegno incondizionato degli amministratori del centrodestra veneto (e non solo) e per cui si è mobilitato anche il governo. Tanto che pochi giorni fa l’esecutivo ha inserito in manovra finanziaria un bel regalo a Enel, che mira a blindare il progetto di rinconversione.

I commi 8 e 9 dell’articolo 35 della Finanziaria infatti modificano la Legge incentivi del 2009, eliminando l’obbligatorietà delle comparazioni tra gas e carbone a patto che si dimezzi l’inquinamento dell’aria. Comparazione sulla cui base il Consiglio di Stato, due mesi fa, aveva fermato il progetto accogliendo il ricorso di ambientalisti, associazioni di operatori turistici e cittadini del Delta. Il ritorno al carbone quindi è vicino.

“Questa della Centrale di Porto Tolle deve diventare una nuova battaglia, come quella contro la Tav. I sindaci devono scendere in piazza con le fasce tricolori e andare a protestare contro questo scempio. Non è possibile che ci piazzino mille megawatt di centrale a carbone in pieno Parco del Po e nessuno dica niente”, spiega Giovanni Favia, consigliere regionale del Movimento cinque stelle per la Regione Emilia Romagna (fra i promotori più convinti della risoluzione) dando la cifra del risentimento che si respira sulla sponda emiliana del fiume dopo il piano della Regione Veneto per consentire la riconversione a carbone “pulito” della vecchia centrale Enel.

“Carbone pulito è un ossimoro – spiega ancora Favia al fattoquotidiano.it – quello che noi faremo ora sarà come minimo fare causa per procurato danno sanitario e ambientale. In Emilia abbiamo già un altissimo tasso di tumori, non vogliamo che a Ferrara e Ravenna la situazione peggiori ulteriormente. E poi questo è il Po, insomma, non è solo un questione veneta”. E sulla sponda veneta, d’altronde, la decisione della Regione Emilia, non è piaciuta molto.

“L’intesa sul progetto di riconversione – spiega al fattoquotidiano.it l’assessore regionale all’ambiente Maurizio Conte – è larga e condivisa, stanno partecipando con impegno e serietà valutativa la Regione del Veneto, il Governo, Enel e i sindacati. Stupisce che l’Emilia Romagna abbia approvato un documento di opposizione alla riconversione. Sul piatto ci sono vantaggi riconducibili a moltissimi ambiti, compreso quello nazionale. Fa specie pensare che una Regione confinante esprima un giudizio senza interloquire con l’amministrazione veneta”.

Le convinzioni di Conte sono granitiche. “In gioco, dal prossimo giugno ci sarà un vantaggio non solo per l’energia, ma anche per l’occupazione, 3500 lavoratori. Gli attuali addetti dell’impianto sono 300; a regime la nuova centrale ne occuperebbe un migliaio. La riconversione dell’impianto è indispensabile per colmare almeno in parte il deficit energetico del Nordest e del paese. Il Veneto, in particolare, con la nuova struttura diverrà autosufficiente. Quanto all’opposizione di talune minoranze ambientaliste, noi le rispettiamo, come del resto il parere di un altro Ente regionale. Porto Tolle rimarrà comunque priorità strategica della Regione Veneto e dell’Enel”.

In Veneto l’investimento di Enel è difeso a spada tratta un po’ da tutti, dai lavoratori, agli amministratori locali, ai politici, di destra e di sinistra e ora quello con l’Emilia rischia di trasfromarsi in un testa a testa. La speranza degli emiliani è che il presidente Vasco Errani tenti una mediazione dietro alle quinte con Luca Zaia in sede di conferenza Stato-Regioni, ma è difficile che si possa andare oltre allio scambio di battute su questo argomento.

E allora restano e i ricorsi e le cause. L’allarme lo aveva già lanciato Laura Puppato, capogruppo del Pd nel Consiglio regionale veneto, e ora lo ribadisce. “Tutta questa storia è un gran pasticcio – dice al Fatto – e si complicherà sempre più, con un inevitabile aumento dei costi, il che non è un tema secondario. Detto questo credo proprio che il progetto andrà avanti, i politici locali e non faranno il gioco di Enel. E’ triste ma è così, ci stiamo facendo del male sapendo di farcelo, ma dire sì a Enel con tutti gli interessi che ci sono è più facile. Più facile di pensare, per esempio a piani alternativi, che possano permettere ugualmente un investimento e un beneficio per i lavoratori magari con fonti più pulite. Per il lavoro stiamo sacrificando il nostro ambiente”.

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