Nel paese del diritto e del rovescio (Longanesi), in cui i ladri si vantano e gli innocenti tremano (De Gregori), si arriva infine al paradosso per cui l’applicazione della legge possa diventare un pericolo: “Se passasse l’arresto sarebbe precedente gravissimo”, afferma il presidente del Consiglio.
Nessun approfondimento sui gravi fatti che fanno da sfondo alla vicenda, nessuna riflessione sui reati contestati (eppure questa maggioranza sembrava sensibile al segreto istruttorio…), nessun vero dibattito se si tratti di un’indagine basata sui fatti (come tutto fa sembrare…) o di una persecuzione: solo slogan, solo l’ennesima prova di forza della politica per evitare che la magistratura possa fare il suo dovere, ovvero applicare la legge in maniera eguale per tutti.
Il ministro della Giustizia in ogni occasione rassicura che nessuno vuole diminuire l’indipendenza delle procure, però nei fatti è evidente che si vuole una magistratura docile col potere: leoni sotto al trono, diceva Bentham (e ripeteva Violante nel suo libro Magistrati, strizzando l’occhiolino a un accordo bipartisan che mettesse una briglia ai pubblici ministeri). Quindi chi sta sul trono non deve essere disturbato! Peccato che nella nostra Costituzione sul trono non ci stia nessuno, nemmeno se votato dal 99% degli italiani.
L’autorizzazione a procedere all’arresto disposto dall’autorità giudiziaria dovrebbe potersi negare solo se emerge dagli atti un intento persecutorio, lo stesso che ha invocato l’ex magistrato Alfonso Papa davanti alla Giunta parlamentare, dicendo che si tratterebbe di una vendetta dei suoi ex-colleghi napoletani. La difesa non è rivendicare la propria innocenza e contestare il merito delle indagini, ma accusare l’accusatore e fare le vittime: è uno schema frequente nel nostro paese (vi viene in mente qualcun altro?).
Ma non è nuovo: in Italia il filtro del Parlamento è stato quasi sempre usato come un ombrello di impunità per la casta e non come un prudente controllo a qualche possibile esondazione della magistratura (per questo sono improponibili i paragoni con altri Paesi, dove di solito il politico colpito da uno scandalo si dimette a prescindere). Credo che però ormai la gente si sia stancata di questo abuso delle prerogative parlamentari e perciò diventa ogni volta più difficile e imbarazzante votare per la casta. I malumori e l’astensione della Lega sono un segnale chiaro: non se ne fa una questione morale, ma non si vuole compromettere il feeling con gli elettori per seguire ancora una volta Berlusconi nella sua crociata contro la magistratura, metastasi del paese.
Ha ragione il premier: sarebbe un precedente pericoloso perché la garanzia di solidarietà e di impunità per chi promette fedeltà al sistema di potere è uno dei fattori più importanti per tenere assieme questa (e ogni) maggioranza. Una legge elettorale antidemocratica e incostituzionale ha prodotto un meccanismo nel quale chi vuole essere eletto non deve più preoccuparsi del consenso e del giudizio popolare, ma solo del gradimento da parte di chi dovrà compilare le liste elettorali e naturalmente vorrà garantire un posto in Parlamento solo a chi si è dimostrato affidabile o, meglio ancora, ricattabile. Chi è più ricattabile di chi ha bisogno di essere salvato perchè ha qualche scheletro nell’armadio?
Lo scontro non è tra politica e giustizia, ma tra il principio di obbligatorietà dell’azione penale e la difesa dell’impunità per i politici. Il voto segreto in Parlamento ci dirà se siamo di fronte a un pericoloso precedente di legalità rispettata o se la casta è ancora unita e aggrappata al suo Titanic.