Quando il sistema politico e istituzionale italiano finisce in mezzo alle secche e non riesce a disincagliarsi, inizia subito il gioco delle formulette: governo tecnico, governo istituzionale, governo del Presidente, e varie altre amenità. In realtà, non esistono governi tecnici in senso neutro e puro: si tratta di una mistificazione giacché i governi sono sempre politici e pertanto quelle locuzioni appartengono all’italica ipocrisia volta a precostituire un alibi per fare altro.
Per tecnico infatti si intende ad es. un ministro con specifiche competenze in materia e non altro; è vero che i ministri possono più politici, cioè non vantare professionalità specifiche nella materia affidatagli, ma è un’altra questione e in nessun angolo d’Europa tranne che in Italia ci si sognerebbe di mandare al governo non solo incompetenti ma anche gente dalla soglia etica assai bassa, se non addirittura con gravi e manifesti problemi giudiziari.
Ad ogni modo un governo di soli tecnici – come intendono farci credere – nella storia repubblicana non riesco proprio a ricordarlo. E allora di cosa si sta parlando in Italia? In un clima surreale e rovente, non solo
per la calura estiva, ma per la crisi economica, la confusione internazionale, ciò che appare evidente è che in atto vi è una sorta di strategia della tensione (finanziaria) che sta facendo andare in tilt il Paese, creando una drammatica situazione di psicosi collettiva che ha permesso che si approvasse senza alcun dibattito sia in parlamento sia nel corpo del Paese la più iniqua, feroce, e recessiva negli effetti, manovra finanziaria di carattere strutturale degli ultimi decenni: una manovra a danno di lavoratori dipendenti, pensionati, famiglie, scuola, università, servizi.
Con una pressione mediatica impressionante, tambureggiante, martellante, da lasciare l’opinione pubblica senza fiato, sui rischi di default dell’Italia e su presunte manovre speculative si è riusciti a diffondere un terrore tale da impedire ogni reazione da parte dei cittadini, quasi fossero affetti da una sorta di “sindrome di Stoccolma”, contro un parlamento “commissariato”, un governo compromesso, e una classe dirigente (e non solo politica) in malafede e nel migliore dei casi imbelle.
Insomma, davvero un grande risultato delle forze conservatrici e dei poteri forti che, sotto l’alibi di contrastare attacchi speculativi, stanno smantellando definitivamente diritti, garanzie, e quel poco che resta del welfare italiano.
Qualcuno anche su questo blog sostiene che quella da seguire sarebbe la soluzione Mario: o Mario Monti o Mario Draghi. Per carità, nessuna obiezione sulla competenza delle persone; tuttavia non vi è nessuno che dica una banalissima verità: tutti i cd. tecnici si muovono sul piano del liberismo, cioè proprio su quel piano inclinato che questi disastri ha prodotto.
Ora poiché è da oltre venticinque anni che le linee di politica economica sono delineate e imposte, senza alcun apprezzabile miglioramento, anzi, proprio da questi illustri “tecnici”, non sarebbe forse il caso invece di cambiare il ricettario?
Non c’è dubbio che prima si chiude con il governo Berlusconi e meglio è almeno per la credibilità e la dignità del Paese, ma ciò avvenga con un netto cambiamento di rotta anche nelle scelte politiche e con un pronunciamento degli elettori. E allora, elezioni subito, altro che governi tecnici (ovvero ulteriori pastrocchi, inciuci, trasformismi), nella speranza di poter scegliere con chiarezza tra schieramenti politici davvero alternativi sul piano del lavoro, dello sviluppo economico e tecnologico, delle politiche sociali, della cultura democratica e sitituzionale, della legalità, del sapere e della formazione delle nuove generazioni.