Asino chi legge (senza l’assistenza del semiologo). Nella sua ultima Bustina di Minerva sull’Espresso, Umberto Eco impartisce una sacrosanta lezione ai lettori (ahinoi la maggioranza) che non sanno distinguere tra fiction e realtà, tra opinioni dell’autore e dei suoi personaggi.

È una vera emergenza educativa, quella che denuncia, con accenti accorati, il professore: «Vi assicuro, come autore di romanzi, che al di là, diciamo, delle 10 mila copie, si passa dal pubblico abituato alla finzione narrativa al pubblico selvaggio (sic) per cui il romanzo viene letto come sequenza di affermazioni vere, così come al teatro dei pupi gli spettatori insultavano il fellone Gano di Maganza».

Il peggiore dei felloni, secondo Eco, sarebbe un non meglio identificato collega «che insegna materie scientifiche» e che arrivato a pagina 45 del Pendolo di Foucault (Bompiani 1988) incocciò in quella che gli parve una castroneria: «La Macchina esiste, certo – diceva il personaggio Diotallevi all’amico Belbo – ma non è stata prodotta nella tua valle del silicone». Silicon Valley si traduce Valle del Silicio, gli fece notare, con un sorrisetto perfido, il luminare. Eco ricorda di averlo prontamente zittito: se fosse andato a vedere la pagina 275 avrebbe trovato una battuta di tale Garamond a proposito del silicio come materia prima dei computer. Lo strafalcione, insomma, non era dell’autore ma di quel mentecatto immaginario di Diotallevi.

Perfino uno scienziato può cadere in queste trappole, se non ha frequentato i corsi del grande semiologo. Forse è anche il nostro caso, saremo dei selvaggi pure noi, ma a parte il fatto che solo pochi indefessi, perfino tra i magnifici diecimila, si sono spinti così avanti nella lettura del Pendolo, l’ironia, il “segnale di finzionalità” (per dirla con Eco), non era affatto evidente. Se vuole risparmiarsi in futuro simili delusioni, il nostro Umberto, accetti un consiglio: raccomandi all’editore di non stampare più di diecimila copie del prossimo romanzo. E lasci al loro destino i selvaggi senza senso dello humour e le signore Verdurin con le tette al silicio, che ai capolavori di Eco preferiscono quel mediocre francese… come si chiama? Ah, sì, Alain Prost.

Saturno, 15 luglio 2011

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