Silvio una notte cade in bagno e batte la testa. Perde l’equilibrio scivolando su un profilattico rimasto a terra dopo l’ennesima intrepida notte di passione. La mattina al risveglio la fronte è arrossata e spicca un evidente bozzo. Ma Silvio è riposato e allegro.
Mentre è ancora a letto accende la televisione. Il telecomando è preimpostato su Rete4. Guarda il telegiornale ed esclama: “Ma quello è un Tg vero o un intermezzo comico?”. Decide allora di cambiare canale. Si sofferma a lungo sulla rassegna stampa condotta da Corradino Mineo su Rainews24, poi segue con attenzione l’approfondimento di La7, ospite Luca Telese, e per finire si gusta un dibattito su Rai 3 alla trasmissione Cominciamo bene estate di Giovanni Anversa. “Questi sì che sono programmi di qualità!”, commenta entusiasta.
Si alza e comincia a sfogliare la mazzetta dei quotidiani freschi di stampa. “Quanto veleno e odio gratuito” sbotta scorrendo i titoli di Libero e del Giornale. Prosegue la lettura. Legge tutto d’un fiato l’editoriale di Eugenio Scalfari su la Repubblica e ne condivide la lucida analisi, poi ride di gusto leggendo il fondo di Massimo Gramellini su la Stampa e la rubrica di Francesca Fornario su l’Unità. “Sottoscrivo parola per parola” afferma dopo aver divorato gli articoli di Antonio Padellaro sul Fatto, di Norma Rangeri su il Manifesto e di Dino Greco su Liberazione.
Esce di casa, si abbevera a una fontanella lieto che l’acqua sia rimasta pubblica dopo la vittoria del Sì al referendum e in bicicletta si reca in banca. Mentre attende di buon grado il suo turno conversa di calcio con alcuni uomini in fila, felice dell’ennesima vittoria dell’Inter in campionato.
All’impiegato chiede di stampargli il saldo e strabuzza gli occhi nell’apprendere che sul suo conto corrente ci sono svariati miliardi di euro. “Ma è una cifra di capogiro. Ci deve essere un errore” mormora al bancario. “Nessuno sbaglio” gli risponde quest’ultimo. “Sono tutti soldi suoi”.
Berlusconi è attonito, non riesce a credere che un uomo solo possegga un capitale così ingente mentre milioni di persone soffrono la fame. “Ho più di settant’anni – pensa tra sé e sé – cosa devo farci con tutto questo denaro?” Chiede gentilmente carta, penna e una calcolatrice al dipendente dell’istituto di credito, si siede e comincia a scrivere: “Un miliardo di euro ad Amnesty International perchè la loro azione meritoria per la difesa dei diritti umani nel mondo deve essere valorizzata. Un altro miliardo a Greenpeace perchè quella per l’ambiente è una battaglia sacrosanta per la sopravvivenza dell’umanità. E poi tre miliardi li voglio dare a quel bravo medico che cura le vittime di guerre ingiuste ed infami… Come si chiama? Ah sì, Gino Strada“. L’elenco prosegue e si conclude solo quando sul suo conto restano poche migliaia di euro. Si alza, consegna il foglio all’impiegato per procedere alle operazioni, gli dà diecimila euro in contanti per il disturbo ed esce soddisfatto.
Prima di recarsi al lavoro si ferma in libreria desideroso di acquistare un buon romanzo da leggere al suo ritorno a casa. Ma sullo scaffale scorge in bella vista l’ultima ristampa del libro di Peter Gomez e Marco Travaglio E continuavano a chiamarlo impunità. Lo apre incuriosito e comincia a leggere: “Leggi vergogna, vergognosissime prescrizioni… Tutta la situazione giudiziaria del Cavaliere e dei suoi complici…” “Ma… questo sono io!” urla inorridito. Compra il saggio, lascia mille euro alla cassiera e corre all’impazzata verso Montecitorio. Tra soli venti minuti è atteso il suo intervento in Aula a camere riunite.
Scende concitato dalla bicicletta, dona una cospicua mancia all’usciere per parcheggiarla e fa il suo ingresso in Parlamento. Sorridente, fa un cenno con la mano verso i deputati e i senatori ma prima di cominciare a parlare corre incontro al presidente del Pd Rosy Bindi la abbraccia affettuosamente e le sussurra: “Sei bella e intelligente!”
Si siede al suo posto, controlla il funzionamento del microfono e inizia a parlare: “Egregi deputati e senatori, compagne e compagni, sarò telegrafico, perchè questa non è la sede per discorsi tronfi e impopolari. Qui si decide per il bene del Paese, per la cancellazione della povertà, perchè tutti abbiano gli stessi diritti, per la crescita culturale della nazione, per una giustizia eguale per tutti. Solo oggi ho capito che in questi anni ho agito esclusivamente per il mio personale interesse. Per questo vi chiedo umilmente scusa e sono qui per rassegnare le mie dimissioni. Grazie a tutti e buon lavoro”.
Euforico per il suo intervento esce dall’Aula e si siede su una panchina. Accanto a lui una signora elegante sulla settantina sta leggendo la Costituzione italiana. “Non l’ho mai letto, è un testo interessante?” le chiede timidamente. “E’ il nostro libro dei sogni” le risponde l’anziana donna con occhi cerulei ed espressivi. Silvio è folgorato. La guarda con intensità, il cuore gli batte convulsamente nel petto come un adolescente alla prima infatuazione. “Sposiamoci” le grida senza pensarci. “Non ho molti soldi, ma ci possiamo affittare un monolocale in periferia. Voglio trascorrere il resto della vita con te, tra i versi di Cesare Pavese, le note di Fabrizio De Andrè e i film di Nanni Moretti. Cos’altro serve per essere felici?!”