Rebekah Brooks. Sir Paul Stephenson. E ora, forse, David Cameron. Punta ormai ai vertici del potere politico inglese lo scandalo intercettazioni. Il primo ministro, in visita in Sudafrica, ha deciso di accorciare la permanenza all’estero e rientrerà tra poche ore a Londra. Lo aspetta, mercoledì, una sessione d’emergenza del Parlamento inglese (la cui chiusura per il periodo estivo è stata rimandata di un giorno). Si tratta della crisi più difficile per Cameron, dalla sua ascesa al potere nel maggio 2010. Si tratta di una crisi che potrebbe addirittura costringerlo alle dimissioni.
Sono state altre dimissioni eccellenti, quelli di Paul Stephenson, capo di Scotland Yard, a far deflagrare la bomba. Stephenson ha dovuto dire addio alla polizia per aver assunto come consulente media Neil Wallis, vice-direttore di “News of the World”, uno dei 10 giornalisti sin qui arrestati perché accusati di intercettazioni illegali e corruzione di funzionari di polizia. Abbandonando il suo posto, Stephenson ha lanciato una stoccata pesante nei confronti di Cameron: “Non ho fatto nulla di male assumendo Wallis – ha spiegato – che ha lasciato News of the World in condizioni ben diverse da quelle di Coulson”.
Andy Coulson, capo di Wallis, lasciò infatti il tabloid scandalistico per l’emergere di intercettazioni illegali nei confronti della famiglia reale. Dopo quell’episodio, nel 2007, venne assunto come portavoce da Cameron. Ecco quindi che il parallelo diventa facile e naturale: se Stephenson si è dimesso per aver assunto Wallis, perché Cameron resta al suo posto nonostante abbia assunto Coulson?
La domanda è stata posta a un nervoso e irritato Cameron, durante una conferenza stampa a Pretoria. “Le due situazioni sono molto diverse – ha risposto il primo ministro – l’indagine della polizia sulle intercettazioni non è stata portata avanti come necessario. Coulson, al contrario, è stato un ottimo portavoce. E’ stato nominato, ha lavorato, e se ne è andato”.
Non sembra che la spiegazione abbia placato un’opinione pubblica furiosa per l’intrico di connivenze e interessi tra politica, media, forze di polizia, e per l’incapacità (o la non volontà) del potere di difendere i cittadini più deboli (tutta l’inchiesta, in fondo, nasce dalle intercettazioni del cellulare di una ragazzina rapita e barbaramente uccisa). Se ne è accorto il leader laburista, Ed Miliband, che in queste ore sta cercando di capitalizzare politicamente le difficoltà di Cameron. “Il primo ministro rifiuta ancora di riconoscere pubblicamente il suo errore di giudizio”, ha detto Miliband.
Altri esponenti laburisti, per esempio Ivan Lewis, ministro ombra alla cultura, preferiscono andare più in là e parlano di una rete di rapporti strutturali tra Cameron e il gruppo di Murdoch. Il magnate australiano, Rebekah Brooks, lo stesso Coulson sono stati invitati più volte a Chequers, residenza di campagna del primo ministro (Coulson venne invitato addirittura due mesi dopo lo scoppio dello scandalo intercettazioni). A conferma dell’intimità dei rapporti, il premier arrivò a trascorrere una notte di Natale insieme alla Brooks e famiglia.
A questo punto tutte le opzioni sono possibili, in una storia quotidianamente segnata da colpi di scena e vittime eccellenti. “Non ci posso credere, ma a questo punto la caduta del primo ministro, o addirittura del governo, è una possibilità”, ha scritto sul suo blog Iain Dale, un opinionista conservatore. E Toby Young, altro conservatore del Daily Telegraph, non esclude che Cameron “possa essere rovesciato dallo scandalo”. Molti, a Londra, guardano soprattutto ai liberal-democratici di Nick Clegg, che potrebbero approfittare della vicenda intercettazioni per liberarsi di un’alleanza con i conservatori che alle ultime elezioni gli è costata cara in termini di voti.
A poche ore dall’intervento parlamentare, David Cameron è insomma “un oggetto danneggiato”, come si dice nel gergo della politica inglese. Anche se dovesse passare incolume mercoledì, è probabile che questa storia ne metta seriamente in discussione il futuro. “Il fango gli resterà addosso per anni”, scrive, senza pietà, il Guardian.