Il direttore del quotidiano replica: "Non volevo offendere nessuno". E annuncia una lettera al Presidente della Repubblica
Immediata la replica di Belpietro: ”Non volevo offendere nessuno, ma porre un problema, domani sul mio giornale scriverò un editoriale e una lettera al Capo della Stato in cui spiegherò le mie ragioni, credevo comunque che in questo Paese ci fosse il diritto di satira”, ha detto.
L’indagine è stata affidata al pubblico ministero Maurizio Romanelli che ha preparato il capo di imputazione e ha provveduto a far notificare al direttore di Libero l’avviso di garanzia, nel quale risulta indagato per il reato di “offesa all’onore e al prestigio del Capo dello Stato” (articolo 278 codice penale) per la pubblicazione della vignetta che assieme al titolo “Assedio ai papponi di Stato” configura il reato formulato. Infatti, nella vignetta è raffigurato il presidente Giorgio Napolitano assieme al presidente della Camera Gianfranco Fini, al leader del Pd Pierluigi Bersani e al ministro Roberto Calderoli attorno a una tavola con delle posate in mano in procinto di mangiare lo Stivale.
Il reato, secondo il codice, prevede una pena che va da uno a cinque anni di reclusione. Come ha spiegato Bruti è “l’insieme di vignetta e titolo” a essere offensivi e non l’articolo a firma dello stesso Belpietro sulle spese eccessive del Quirinale. In questo caso l’articolo “rientra nel diritto di critica”. Per procedere nell’inchiesta ed eventualmente interrogare Belpietro o svolgere altri atti è necessario avere l’autorizzazione del ministero della Giustizia, autorizzazione che è stata richiesta in via Arenula contestualmente alla notifica dell’informazione di garanzia al direttore di Libero.