Fuori, sotto le mura di vetro del palazzo incriminato, pare tutto sotto controllo. Ma basta superare la soglia, infilarsi in un ascensore, per sentire che dentro, l’umore è diverso. Fra la preoccupazione e il sarcasmo, l’aria che si respira, è il caso di dirlo, è di incertezza. “Possibile che hanno risolto tutto in cinque giorni?”.
Negli uffici sotto vetro, si incontrano persone abituate a una situazione che sui media e sul tavolo della giunta è arrivata da una settimana, ma che per loro è la normalità. “Non c’è mica niente di nuovo, qui. Son tre anni che è così. C’è un gran tran tran, ma mi sembra che il più sia strumentalizzazione politica, da una parte e dall’altra – racconta un lavoratore all’ultimo piano della torre A, rilassato e divertito, ma con una rassegnazione amara – Non credo siano matti, che ci facciano entrare in un posto ad alto rischio. Ma mica per noi, i lavoratori. Per i cittadini, i liberi professionisti, di dirigenti: qui c’è gente che si becca un sacco di soldi per star qui a lavorare? Quando sai che dopo 10 minuti che sei fuori il mal di testa ti passa, sai cosa bisogna fare. Qui devono tirar giù tutto, lo sappiam bene da anni. Qualcunoi pensa che lo facciano davvero?”.
No, non lo faranno. Non tutti sono così tranquilli. Al reparto Casa, una dipendente ammette: “Ho una grande ansia. I risultati non ci convincono per niente. Sono preoccupata soprattutto per il passato: sono due anni che respiriamo forma aldeide. E oggi non c’è nulla di diverso. Vedrai il timing: fra due ore inizia la nausea, poi il mal di testa, pausa obbligatoria ogni due ore, poi necessità di uscire a prendere aria. Da quando lavoro qui ho perso ben due gradi alla vista, certificato dall’Ausl”.
E oltre allo spavento con cui è evidente che molti convivono assieme alle particelle di forma aldeide, c’è la rabbia. Nella seconda torre, una dipendente racconta: “Cosa mi sono sentita rispondere da un dirigente? Quando vedi che non ce la fai, prenditi qualche giorno di malattia: mi devo prendere la malattia per motivi di lavoro?”. Indicando uno sportellino di 30cm sul soffitto: “Quello non c’era all’inizio. Un giorno arriva un operaio e mi dice che deve fare un buco sul soffitto. È il bocchettone per la pulitura dei filtri dell’aria condizionata. Non era nemmeno previsto”. Una collega, spiega: “Io devo fumarmi una sigaretta per prendere una boccata d’aria. È il paradosso”.
Cerchiamo i sindacati, fra i lavoratori, e la risposta è lapidaria: “Ah, basta guardare i dirigenti che tessere hanno …”
Nel frattempo è arrivato il sindaco Merola, che davanti all’entrata e alle macchine fotografiche, da il benvenuto uno per uno ai lavoratori. Dentro, non se ne sono nemmeno accorti: “Ah, c’è il sindaco? Si vede che siam venuti a lavorar troppo presto”, scherzano. “E cos’è venuto a fare?”. Motivi istituzionali. Fra chi ha avuto l’onore, “di essere salutato dal sindaco la mattina quando entri a lavorare, che quando ti ricapita?”, una volta in ascensore al riparo dai flash, fioccano le battute “Gli hai chiesto i mille euro?”, “Senti mo che aria diversa si respira oggi!”. Per un’allegra dipendente, è verissimo, oggi è cambiato tutto: “Si sente benissimo”.
Ma non tutti hanno voglia di parlare. Molti rispondono con silenzi preoccupati, chiedendosi “Ora cos’altro rischio a rispondere?”. E infatti per Mignani, direttore dell’attività produttiva, i giornalisti non sono bene accetti, e non da il permesso di parlare all’intero quarto piano, lavori pubblici. Al nono piano invece, sistema informativo, hanno organizzato una riunione di settore per dare tutte le informazioni. Sono arrabbiati. “Non c’è niente di sicuro, qui. Ma cosa possiamo fare, beccarci anche una denuncia?”. Nel frattempo, la giunta decide di trasferire i lavori qui, per dimostrare che l’ambiente è sano e per stare vicino ai dipendenti, pare.