Il parroco uccise nel 2009 l'amico che lo ospitava da 20 anni e suo socio in affari. Il Vaticano non ha mai preso le distanze, la curia modenese ha sempre continuato a pagargli gli avvocati e i periti. Nella sentenza non è stata riconosciuta la premeditazione come voleva il pm
In sostanza il giudice ha considerato equivalenti aggravanti e attenuanti (risarcimento del danno e generiche) applicando alla pena base la continuazione per le lesioni provocate alla moglie di Manfredini (ferita dai fendenti) e lo sconto di un terzo previsto dal rito abbreviato.
Nelle sei ore di arringa l’avvocato difensore Domenico Giovanardi ha negato potesse desumersi una pianificazione da elementi quali la sveglia puntata un’ora prima del delitto, “in realtà non funzionante”, i sacchi di rifiuti e le taniche “con un filo di benzina” sull’auto nonché i guanti e il passamontagna indossati dal prete. Al contrario non sono servite le dichiarazioni spontanee dell’imputato, che piangendo e invocando perdono ieri aveva giurato di non ricordare nulla, un’amnesia tradotta dalle perizie della difesa nel sintomo di uno stato dissociativo al momento del delitto.
“Restiamo convinti della sua incapacità di intendere e di volere – ha detto l’avvocato Giovanardi alla lettura del dispositivo – valuteremo perciò il ricorso in appello”. Il legale della famiglia, Fabrizio Canuri, ha commentato laconico: “L’imputato risponderà davanti alla giustizia terrena e divina”.
Resta da capire se dopo la condanna in primo grado il Vaticano toglierà l’abito talare al primo sacerdote italiano colpevole di omicidio volontario, fino ad oggi immune da qualsiasi punizione e critica, anche da parte della curia modenese che ha continuato a pagargli avvocati e perizie.
La verità giudiziaria, che sarà esplicitata nelle motivazioni della sentenza, un delitto d’impeto, non già di conflitti economici legati alla decisione del religioso di interrompere una convivenza ventennale e di prendere casa con una donna. “Scopriremo il movente” disse un anno e mezzo fa il comandante delle guardia di finanza Alberto Giordano, oggi in partenza da Modena.
Ancora ieri il pm Maria Sighicelli ha fatto riferimento a ‘rancori economici’ tra Panini e Manfredini, senza però avventurarsi oltre l’istantanea del comune tesoro. Se il parroco risultava gestore di cinque chiese, di un asilo privato e un banco Caritas, e proprietario di un albergo a Fanano assieme a un diacono, erano cointestate all’amico bancario due case-vacanze ad Aprica e Vieste mentre godevano di deleghe incrociate circa quaranta conti correnti e venti depositi.
Nel procedimento stralciato il sacerdote ha patteggiato un anno e 10 mesi per truffa e appropriazione indebita per i fondi pubblici ottenuti con fatture gonfiate dai Comuni di Vignola e Savignano (e dalla Curia) per ristrutturare le chiese. Il modus operandi di uno spregiudicato parroco di provincia che agiva da solo? Se pure il giudice esclude un collegamento con il delitto dell’antivigilia, nessuno ha risposto agli interrogativi su entità e provenienza di quel giro d’affari.