Qualche settimana fa mi chiamano alcuni amici di Roma parlandomi dell’occupazione: “Daniè, gli ‘A67 dovrebbero suonare per il Teatro Valle Occupato”. Nonostante siamo in studio a registrare il nuovo album, dico immediatamente sì, anzi attacco e chiamo Edoardo Bennato: “Edo ti andrebbe di suonare, con noi, per sostenere la causa dell’occupazione del Teatro Valle e per non lasciare soli i ragazzi?”. Edo non se lo fa dire due volte: “Sono con voi, dimmi come e quando”.
Al Valle apriamo con Io non mi sento Italiano del Signor G., anticipato da un grande vafammoc’, poi l’inno al non arrendersi di Chi me sape, ‘A camorra song’ io sino ad arrivare alla celebre Don Raffaè di Faber sulla quale Mr. Bennato entra suonando la sua armonica. Con Edoardo duettiamo in Signor Censore (un brano del ’75 purtroppo ancora maledettamente attuale), La mia città e Accussì va o munno, per poi lasciar spazio completamente al one man band. Edo, con chitarra, armonica e tamburello, incanta la platea, che canta e balla con lui dalla prima all’ultima canzone, da Venderò a Un giorno credi a L’isola che non c’è… infine, a sorpresa ci ha richiamato sul palco per un finale delirante sulle note de: Il Rock di Capitan Uncino. Sembra che tra la folla ci sia anche un politico che dopo l’imbarazzo iniziale si toglie la cravatta e inizia a ballare.
Se a poco più di un mese dall’occupazione, ha portare la propria solidarietà e sostegno sono arrivati: Fiorella Mannoia, Valerio Mastandrea, Frankie Hi Nrg Mc, Pier Francesco Favino, con testimonianze e contributi di Benigni, Moretti e continua a parlarne tutta l’Italia, è perché al Valle è in gioco una battaglia che va oltre le quattro mura storiche di questo splendido teatro. L’occupazione e la protesta della generazione Tq, ovvero di ricercatori universitari, precari, scrittori, studenti, cineasti che si sono ritrovati insieme a lottare per la propria dignità è la testimonianza che è possibile fare e vivere la cultura in modo diverso. È la volontà di ridefinire l’arte svincolandola dal mercato, rivendicare la libertà del fare e dello stare insieme partendo dalla convinzione che la cultura non è e non debba essere un peso ma una risorsa.
Speriamo che chi ha risparmiato 4 miliardi e mezzo su scuola e università abolendo l’Ente Teatrale Italiano ritrovi un briciolo di coscienza per dare risposte concrete a chi con sacrificio e passione lavora quotidianamente per rendere l’Italia un paese migliore. Se l’arte si pone inevitabilmente l’obiettivo di cambiare il mondo, il sogno dei ragazzi del Valle è appunto il sogno di un’ Italia migliore. Il modello al quale ispirarsi per costruire questo paese, partendo appunto da un’occupazione, dalla riappropriazione di un bene che deve essere e restare pubblico. È per questo che un teatro storico ed importante come il Valle che 90 anni fa vide debuttare Pirandello con: “Sei personaggi in cerca d’autore”, non avrebbe potuto avere sorte migliore, perché come dice Dario Fo: “Mille anni fa come adesso, cantastorie e menestrelli, rocker e rapper, sono lì a cantare l’altra storia, quella che la gente vuol sentire e il palazzo vuol far sparire. Ma la musica vola. Inafferrabile e imprendibile. Come si fa a metter in gabbia una canzone?”
Viva il Teatro Valle!