Si è aperta una vera e propria guerra aziendale tra Bologna e gli Stati Uniti. Pomo della discordia è la Think3 Inc, società di Casalecchio di Reno (località alle porte del capoluogo emiliano) che dal 1979 si occupa di attività di sviluppo, vendita e assistenza software occupando circa 150 dipendenti. I quali, in questa diatriba intercontinentale, sono quelli che pagheranno i prezzo più alto rimettendoci il posto di lavoro.
Vediamo di ricapitolare questa storia. Oggi la Think3 è fallita, ma in questi casi la legge prevede garanzie a tutela dei dipendenti che pare non siano state rispettate da Versata, la società americana che nel 2010 è entrata nel capitale di maggioranza dell’azienda felsinea.
Un tentativo di intervento lo sta facendo l’assessore provinciale alle attività produttive, Graziano Prantoni, che ha scritto ai ministeri degli esteri Franco Frattini e delle attività produttive Paolo Romani per informarli della vicenda e chiedere un intervento diretto.
“Tutti i parlamentari bolognesi e i ministri che abbiamo interpellato”, dice Prantoni, “sono stati messi al corrente della difficile impasse che il curatore si trova ad affrontare per ridare a Think3 Inc, unica titolare di importanti applicazioni informatiche, la proprietà e la gestione dei suoi asset a fronte di ripetute ingerenze e false informazioni che Versata ha fornito e sta fornendo ai clienti”.
In anni di globalizzazione, l’azienda era stata assorbita dalla società americana attraverso l’ingresso dei soci stranieri, pur rimanendo a Bologna il centro di eccellenza nello sviluppo software (elevata la concentrazione dei laureati). Dal 2008 è iniziata la crisi economica e finanziaria che si è acuita nel 2010 pregiudicando la continuazione dell’attività. A settembre 2010, Think3 Inc è stata acquisita da ESW Capital, azienda americana che fa capo alla holding a stelle e strisce.
Nei giorni successivi alla sentenza di fallimento, dunque, il curatore aveva esercitato il diritto di scioglimento del contratto di licenza con Versata, così come previsto dalla legge fallimentare, con una conseguenza: Versata non potrebbe più concedere in licenza i prodotti Think3 e usarne i marchi.
Una decisione ostica da digerire per gli statunitensi. Il direttore generale di Versata, Austin Scee, aveva infatti chiarito che il curatore fallimentare italiano non avrebbe avuto l’autorità legale per togliere alla società americana la proprietà dei prodotti Think3, “prodotti per i quali Versata ha investito milioni di euro per il solo acquisto, molto più del loro effettivo valore di mercato”. Tradotto in altri termini, significa che Versata avrebbe continuato a utilizzare i programmi a marchio Think3.
In merito alla vicenda, l’assessore Prantoni aggiunge: “Ritengo che la vicenda sia surreale e kafkiana se non implicasse, ancora una volta, lo stato di grave indigenza economica di oltre 150 lavoratori, privati del loro posto di lavoro per colpa di manager superficiali e di un competitor straniero che pare essere animato unicamente da un intento predatorio, bypassando le leggi italiane sulla tutela dei lavoratori e dei creditori. Auspico che il contributo dei parlamentari e dei ministri riesca a supportare la società Think3 Inc, dissolvendo dubbi e incertezze che incombono sulle possibili prospettive gestionali e occupazionali”.