“La situazione è imbarazzante”. Gabriele Albertini, oggi europarlamentare del Pdl e per due mandati sindaco di Milano, da Bruxelles segue, con il sobrio e apparente distacco che da sempre lo contraddistingue, quanto accade in Italia. Sguardo rivolto al governo, certo, che sta affrontando “questa gogna sulla Casta” e che “in termini simbolici deve dare il buon esempio” dice, ricordando come “alla Ue abbiamo ridotto il nostro compenso del 25% e non esistono auto blu nostre”. Ma guarda anche alla sua città, ora in mano a Giuliano Pisapia, “che spero faccia bene perché è anche il mio sindaco ma i segnali non sono incoraggianti”. E segue con molta attenzione le vicende del Pdl, il suo partito. Che, ci tiene a sottolinearlo, “è il primo a cui mi sono iscritto e l’ho fatto solo perché nel nome c’era Popolo e non partito; poi tutto si è rotto con l’uscita di Fini”. Perché, aggiunge, “le tre critiche che Fini ha mosso rimangono intatte”.
Partiamo da qui. Lei è il primo esponente del Pdl che riconosce come Fini avesse ragione.
“Ritengo che le tre critiche che Fini ha mosso siano ancora oggi intatte: non c’è nessun confronto interno, le nomine arrivano dall’alto come è avvenuto anche con Alfano, e soprattutto manca un codice etico; è imbarazzante che i vertici siano accusati di reati infamanti come la collusione con la mafia, la bancarotta. Semplicemente imbarazzante”.
Alfano ha promesso un confronto interno e ha parlato di “partito degli onesti”, poi con la vicenda di Alfonso Papa ha dovuto correggersi in “partito degli onesti ma non delle manette”.
La vicenda Papa ha dato un segnale chiaro nella maggioranza. La Lega è arrivata a ingoiare il caso Cosentino ed è stato l’ultimo. Ha idea di cosa rappresenta Nicola Cosentino per un elettore del Carroccio? Il coordinatore della Campania, regione del sud dove la Camorra imperversa, che il Parlamento protegge vietando alla Procura l’uso delle intercettazioni che lo riguardano come indagato per concorso esterno in associazione camorristica. Non è un bell’argomento per un elettore leghista, mi creda.
Nella maggioranza i casi sono molti.
Il declino del Pdl è evidente. Si è fatto dell’agguato da parte della magistratura a Berlusconi una sorta di scudo protettivo del malaffare. La selezione politica deve passare dalla meritocrazia, dal consenso. Ad esempio io non ho niente contro le ragazze bellissime, simpaticissime e intraprendenti che siedono al parlamento ma il fatto che per questo ricevano nomine non so se sia apprezzabile.
Alfano ha parlato di meritocrazia, ha aperto al dialogo interno, ha annunciato che ci saranno i congressi, il confronto con la base.
Come è stato nominato? Anche lui ha ricevuto un’investitura dall’alto. Lui comincerà a cambiare le cose? Bene, ho apprezzato il suo intervento. Ma non è questione estetica o etica è una questione politica: il leader è chi riesce a conquistare il maggior numero di voti. Ma se i voti non ci sono, se non c’è un rapporto con la base crolla tutto il sistema. E appena si appanna l’immagine dell’imperatore cade tutto. Il carisma non si trasmette con lo spadone o con l’investitura da Medio Evo, il carisma non è ereditario.
A dar retta a Fini avreste perso meno tempo e sareste ancora il primo partito d’Italia. E, diciamocelo, forse avreste ancora la guida di molte città tra cui Milano.
Alle ultime elezioni a Milano il Pdl ha perso oltre il 10%. Dei 70mila voti che sono andati persi, 36mila li ha presi il Terzo Polo. Sì, è vero: i pretoriani del Pdl hanno sbagliato. Ha sbagliato a non consentire a Pierferdinando Casini di fare quello che ha concesso a Bossi, cioè federarsi con il proprio partito al Pdl. E ha sbagliato a espellere Fini: il risultato è stato la perdita dei voti. Io a Milano ho fatto due campagne elettorali come candidato sindaco. Nel 1997 avevo al mio fianco Fini, Casini e Berlusconi. Nel 2001 a loro tre si è aggiunto anche Bossi. Letizia Moratti non ha avuto il sostegno né di Fini né di Casini, mentre Bossi era un po’ acciaccato diciamo. Gli errori si pagano”.
Una vittoria di Giuliano Pisapia ma anche una sconfitta di Letizia Moratti e del Pdl dunque.
Certo. Lei ha tentato, ma non ha sfondato, ha fatto degli sforzi ma era distante. La borsetta firmata e la scorta, il linguaggio da salotto, mai un capello fuori posto. Un’immagine utile e importante ma non in campagna elettorale. Soprattutto non contro Pisapia che è riuscito ad accreditarsi come uomo moderato, quando in realtà le sue origini sono di estrema sinistra. Lui ha fatto una campagna elettorale gentile, questo gli ha consentito di non avere contro la borghesia moderata. E sicuramente ha conquistato anche qualche voto del centrodestra.
Che impressione le fa vedere Palazzo Marino in mano a Pisapia, al centrosinistra? L’avrebbe immaginato?
Spero faccia bene, perché io sono un milanese e quindi Pisapia è anche il mio sindaco, ma i segnali non sono incoraggianti. Sta dimostrando di avere la concezione tipica dell’orientamento di sinistra: intervenire sulla fiscalità piuttosto che sullo sviluppo che sulla imprenditorialità. Coerentemente con questa linea Pisapia alza le tasse, aumenta il prezzo dei mezzi pubblici, con l’Atm in attivo dal 1999. Quando diventai sindaco aveva 154 miliardi di lire di deficit: nel 2006 riconsegnai la società con 76 milioni di euro di utile. Io adeguai il prezzo del biglietto quando ci fu il passaggio all’Euro. Non solo. Pisapia preferisce i prati del ragazzo della via Gluck invece dei grattacieli: non si produce ricchezza ma si distribuisce la povertà. Ha chiuso il pgt. Questo significa chiudere ai capitali e a possibili nuovi posti di lavoro. Ci sono 40 miliardi di euro che possono arrivare dal mondo. In Porta Vittoria, per fare un esempio, sta costruendo un colosso americano, non Ligresti o Cabassi. Una manovra economica.
Non ne va bene una. Può consolarsi con i privilegi della Casta di cui fa parte.
Privilegi della Casta? Al parlamento Europeo da questa legislatura i compensi sono ridotti del 25% così da rapportarlo alla media Ue. Non abbiamo auto blu. Ci sono Ci sono delle vetture di proprietà del parlamento e a disposizione di tutti noi per degli spostamenti in città o per i tragitti all’aeroporto o in stazione, ma non sono auto di nessuno, sono a disposizione di tutti. Sulle spese di segreteria poi. Noi abbiamo una struttura circostanziata di livelli contribuitivi in cui inserire gli assistenti, mica decidiamo noi come e se pagarli. In Italia è discrezionale, si inventano pagamenti in nero, mille euro come alla colf. E noi siamo eletti con voto nominale quindi a ogni legislatura dobbiamo superare gli esami delle urne personalmente, non come partito o lista.
Una tragedia.
Imbarazzante.