Cronaca

Tangenti ex area Falck, parla un imprenditore <br/> “A Milano le mazzette sono l’unico sistema”

Piero Di Caterina, imprenditore nel settore del trasporto pubblico, è ora uno dei due accusatorì di Filippo Penati. L'altro è Giuseppe Pasini. Il gioco delle tangenti per lui "è un sistema trasversale" che va "avanti ancora oggi"

Al lavoro anche oggi negli uffici della sua Caronte srl di Sesto San Giovanni, risponde al telefono: “Non posso entrare nel merito dell’inchiesta, perché rispetto il lavoro dei magistrati, ma posso dire che abbiamo denunciato un sistema insospettabile e trasversale”. Esordisce così Piero Di Caterina, imprenditore nel settore del trasporto pubblico ed ora, soprattutto, uno dei due ‘accusatorì di Filippo Penati, l’esponente del Pd, anche ex capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani, che ieri si è dimesso dalla vicepresidenza del Consiglio regionale lombardo, dopo l’iscrizione nel registro degli indagati da parte della Procura di Monza per un presunto giro di tangenti e finanziamenti illeciti ai partiti.

“Noi abbiamo denunciato un sistema che qualcuno chiama lobbismo e che io chiamo mazzette, che non riguarda un solo partito, ma una classe politica”, spiega Di Caterina, che nell’inchiesta dei pm di Monza, Walter Mapelli e Franca Macchia, è anche uno degli indagati. Sarebbe stato lui, tra l’altro, il “collettore” di parte della tangente da oltre 4 miliardi di lire che, secondo l’accusa, sarebbe stata versata a Penati da Giuseppe Pasini, l’ex proprietario dell’area Falck di Sesto San Giovanni.

Pasini, che sarebbe la seconda “gola profonda” dell’inchiesta con al centro gli interventi urbanistici nelle aree Falck e Marelli, oggi è anche intervenuto, come rappresentante di una lista civica di centrodestra, ad una conferenza dei capigruppo del Comune di Sesto San Giovanni nella quale si doveva decidere una data per affrontare proprio il problema di quelle aree. Riguardo alle sue accuse a Penati, Pasini si è limitato a dire: “Al momento opportuno saprete cosa è accaduto. Adesso c’è un magistrato che sta lavorando e lasciamolo lavorare”.

Di Caterina racconta, invece, di quando venne convocato nel 2010 dai pm di Milano, Laura Pedio e Gaetano Ruta, che indagavano sulle irregolarità nelle bonifiche dell’area Montecity-Santa Giulia. “Mi hanno chiamato per chiedermi dei chiarimenti su un affare immobiliare che avevo in corso con l’immobiliarista Luigi Zunino – spiega l’imprenditore – . Avrei potuto fermarmi a quello ma non vedevo l’ora di parlare con i magistrati per denunciare come questo sistema schiaccia la libertà di impresa non solo a Sesto San Giovanni, ma anche a Milano, come a Segrate e a Cinisello Balsamo, che sono poi i luoghi dove ho lavorato”.

I verbali con le dichiarazioni di Di Caterina, come quelli con le parole di Pasini (che si presentò spontaneamente in Procura a Milano) vennero trasmessi a Monza, per competenza territoriale e perché meritavano un approfondimento investigativo. Ciò sui cui stanno ora lavorando gli inquirenti, oltre ai filoni corruttivi e concussivi, è di certo l’aspetto del finanziamento illecito ai partiti. Reato che, come gli altri due, è contestato fino al 2010. “Il Pd non ha mai preso finanziamenti illeciti – chiarisce Antonio Misiani, tesoriere del partito – I nostri bilanci sono pubblici e certificati da una società di revisione indipendente. Di fronte ad informazioni di stampa ambigue e fuorvianti, abbiamo deciso di dare mandato ai nostri legali per tutelare il buon nome del Partito Democratico”.

Di Caterina sottolinea più volte di non voler entrare nel merito di quello che ha messo a verbale, ma ripete: “E’ un sistema trasversale che non riguarda un solo partito e che va avanti anche ora”. Quando si entra nel mercato delle pubbliche forniture o dell’edilizia, prosegue, “o si accettano quelle condizioni, che qualcuno chiama lobby e io chiamo mazzette, o si viene buttati fuori”. Per l’imprenditore solo “due strade ti si aprono davanti: o le mazzette o ti vengono negati tutti i punti d’accesso al mercato, spesso attraverso l’amplificazione delle trafile burocratiche”. La sua azienda, spiega, “forniva servizi di trasporto a un terzo del costo rispetto all’Atm e questo non andava bene”. Il sistema, conclude, “mi ha schiacciato, sono stato perseguitato dal potere dei dirigenti pubblici e spremuto come un limone. Sono riuscito ad uscirne nel 2006 ed ora confido nel lavoro dei magistrati”.