“Sono stato spremuto come un limone”. Un altro imprenditore accusa Filippo Penati. Piero Di Caterina, titolare dell’azienda di trasporto pubblico “Caronte”, è stato interrogato dai pm di Monza che hanno indagato il dirigente del Pd lombardo per concussione, corruzione e finanziamento illecito ai partiti, nell’ambito dell’inchiesta su tangenti per oltre 4 miliardi di lire partita dalla denuncia del costruttore Giuseppe Pasini. “Non se ne poteva più di questo convivere gomito a gomito con i dinieghi immotivati, con i ritardi, con gli ostacoli della politica e della dirigenza dell’alta amministrazione. Adesso ho grande fiducia nei magistrati”, sono le parole di Di Caterina riportate dal Corriere della Sera in un articolo intitolato “Soldi anche al partito di Penati”.
Ai magistrati Pasini ha raccontato che Di Caterina, che dice di conoscere Penati dall’infanzia, sarebbe stato il collettore del denaro preteso dall’allora sindaco di Sesto San Giovanni per il via libera ai progetti sull’area ex Falck. E ora, secondo il quotidiano di via Solferino, Di Caterina negli interrogatori conferma la ricezione di soldi, inquadrandola “in una sorta di compensazione tra favori alla politica e recriminazioni imprenditoriali, ai quali ricollega tutta una serie di finanziamenti che afferma di aver fatto nella seconda metà degli anni 90 e fino al 2000 per le esigenze del partito di Penati, in alcuni periodi anche cento milioni di lire al mese”.
E delle presunte tangenti Pasini torna a parlare oggi in un’intervista al Secolo XIX. “A me i quattrini servivano per lavorare, ad altri per fare carriera – spiega -. Io ho sempre fatto le cose per bene. A Milano ho scoperto logiche che non mi appartengono”.
Dal canto suo Penati rimanda al mittente ogni accusa e ieri si è autosospeso da vice presidente del consiglio regionale lombardo. ”Ho voluto fare un passo indietro. E’ una scelta mia che ho poi comunicato a Bersani e al segretario regionale Maurizio Martina”, dice in un colloquio con Repubblica. ”Bisogna marcare una differenza: è importante che ai nostri elettori arrivi il messaggio che noi non siamo uguali agli altri”. Secondo l’ex capo della segreteria politica di Bersani, “c’è uno stile che va salvaguardato sempre. Io sono sereno e sicuro di poter dimostrare la mia assoluta estraneità alla vicenda, che non ho mai chiesto e ricevuto denaro da imprenditori, ma quando ricopri un incarico e sei impegnato nella pubblica amministrazione, quando ci sono dei cittadini che ti hanno votato, hai il dovere di fare un passo indietro, in attesa che la situazione venga chiarita”.