Inizio questo post nel ringraziare sentitamente quel lettore del mio precedente che nel commento ha affermato che la sindrome di Nimby è un concetto superato e che occorre ormai parlare di sindrome di Nompe cioè Not on my planet Earth, “Non sul mio pianeta Terra”. L’ho trovata un’idea geniale.

Detto questo, l’argomento di oggi. La natura cambia.

Andiamo diversi anni addietro a quando ero ragazzo ed amavo andare a pescare nei torrenti dell’entroterra ligure. Era un piacere scorazzare in bicicletta con la mia canna da lancio per poi risalire i torrenti e scoprire laghetti segreti e pozze anguste. Ecco, eppure ricordo che smisi di pescare, nonostante la mia innata passione, perché vedevo che le trote fario autoctone, di ceppo mediterraneo, venivano sostituite coi ripopolamenti dalle trote fario di ceppo atlantico, in quanto le prime oramai stavano scomparendo. Ed io non me la sentii più di contribuire alla loro estinzione. Così smisi.

Eppure la situazione dei corsi d’acqua allora era paradisiaca se la paragoniamo a quella odierna. Oramai torrenti e soprattutto fiumi sono diventati in piccolo quello che è la società umana, ma con risultati ben più catastrofici: sono state introdotte specie alloctone di ogni tipo, ed in molte zone la fauna manca ormai del tutto perché grandi predatori immessi, tipo il Siluro, fanno strage di tutto ciò che si muove.

Ma la natura non cambia solo all’interno dei corsi d’acqua. Cambia anche sulle loro sponde, dove la nutria indisturbata fa i suoi buchi e modifica le rive.

Che dire poi dell’aumento di temperatura del Mare Nostrum che consente l’introduzione (qui spontanea) di specie tropicali, tipo il barracuda, che ormai lo trovi anche sui banchi delle pescherie?

E cambia nei boschi, dove lo scoiattolo grigio proveniente dal Nord America rischia di spodestare lo scoiattolo rosso nostrano. Cambia nei prati e negli orti dove i voraci lumaconi rossi stanno soppiantando le chiocciole nostrane.

Ma non cambia solo perché c’è la mondializzazione in atto ed arrivano prodotti per aria, terra, mare che prima se ne stavano dove erano nati. Cambia anche al nostro interno. A Torino ci sono forse più gabbiani che a Savona, grazie alle discariche. Ma soprattutto in giro ci sono molte più cornacchie grigie che depredano i nidi dei piccoli uccelli. Diminuiscono in modo sensibile le popolazioni di passeri. Un tempo i passeri erano comunissimi, anche in città, ora non più.

Si parla di cambiamenti che si producono nei decenni o nei secoli, come i cambiamenti climatici. Qui invece nell’arco delle nostre brevi vite, che poi sono un soffio, vediamo tutto cambiare intorno a noi. E basta che abbiamo un minimo di spirito di osservazione e già possiamo notare i cambiamenti anche in città. Ed è l’uomo che determina direttamente od indirettamente tali mutamenti. Un cambiamento silenzioso, e forse inarrestabile.

So già che ci sarà qualcuno che eccepirà che i cambiamenti ci sono sempre stati, che le patate ed i pomodori vengono dalle Americhe, i limoni dall’estremo oriente, e così via. Ma un conto è importare ed adattare il territorio al cambiamento, altro è mutare incoscientemente (senza coscienza delle conseguenze) la biosfera.

Ve li ricordate i fiordalisi? Già, i fiordalisi sono un ricordo, come le margheritone o i papaveri.  E che dire delle api che diminuiscono, delle rare farfalle, e delle lucciole, quelle lucciole di cui già Pasolini sentiva la mancanza?

Io, nel mio piccolo, nell’orto ho piantato dei bei fiordalisi, elimino i lumaconi rossi, proteggo le chiocciole (l’altra notte dovevo entrare in garage e ne ho dovuto spostare una ventina, una per una,  per non rischiare di schiacciarle), estirpo le piante alloctone, ma so che è una battaglia persa. Un Donchisciotte dei nostri giorni.

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