Il bipolarismo? Tifo da stadio. E i cattolici gli diano un bello scossone. Il segretario della Federazione della Sinistra scatenato alla festa di Liberazione di Sala Baganza: "Ogni nostro circolo adotti un supermercato e dove ci sono pessime condizioni di lavoro si faccia uno sciopero del consumo"
“Il bipolarismo? Sembra tifo calcistico”. La location da cui parla il primo segretario del Prc a non giungere dal Partito comunista (Ferrero ha iniziato in Democrazia Proletaria ed è arrivato al ministero delle politiche sociali nel secondo governo Prodi, anni 2006-2008) è quella di una provincia che, nelle strade del suo capoluogo, ha già detto che “tutto questo non lo accetterò più”. La celebre frase di “Quinto potere” ben si adatta all’esasperazione dei cittadini di Parma, che da settimane protestano contro l’amministrazione di centro destra di Pietro Vignali, invischiata in storie di tangenti sul verde pubblico, ma anche nei megabuchi delle partecipate.
Un’esasperazione, secondo Ferrero, figlia dell’immobilismo determinato dal bipartitismo. “Sembra tifo calcistico”, spiega il segretario del Prc. “Se le chiedono perché tifa per il Parma o per il Bologna, lei non sa spiegare bene i motivi e può darsi che sia una passione senza contenuto. La stessa che oggi impone il bipolarismo. Allora dobbiamo tentare di rompere questo meccanismo”.
“I cattolici diano uno scossone al sistema bipolare”. Legge elettorale e schieramenti parlamentari non sembrano però lasciare spazio alla linea indicata dal politico piemontese. “E lo si crei”, ribatte. Con una consapevolezza: le frange della sinistra espulse dal parlamento non ne hanno la forza. Dunque la rottura deve venire da fuori. “Io spero nel Vaticano e nei cattolici, quelli che hanno interesse a consolidare uno schieramento moderato di centro che rompa questo sistema a doppio equilibrio”.
I militanti – un centinaio di persone intervenute malgrado un vento troppo freddo per una serata di fine luglio – si guardano l’un l’altro e qualcuno sorride, forse pensando a una boutade. “Quella sul Vaticano non è una battuta, ne sono convinto”, puntualizza allora Ferrero. “Certo, nella mia idea non dobbiamo solo aspettare che papa Ratzinger dia uno scossone. Noi intanto abbiamo alcuni compiti”.
“Primo”, elenca, “cacciare Berlusconi e su questo varrebbe la pena di confrontarsi. Lo si deve fare o no? Secondo me sì perché la gente si è stancata di lui e anche, in parte, del neoliberismo. Si prenda per esempio il referendum sull’acqua. Lo abbiamo vinto anche grazie al Pd che si è impegnato, nonostante il giorno dopo Pierluigi Bersani abbia riproposto la ‘sua’ legge sull’acqua che non prevede quella pubblica”.
A sinistra due proposte di referendum per la riforma elettorale. La politica delle alleanze, dunque, può essere utile, ma non è sempre praticabile. “In termini percentuali, con questo sistema, i nostri risultati non si spostano dal 3,7% preso a Napoli appoggiando Luigi De Magistris all’1,3 di Torino, dove abbiamo corso da soli perché Piero Fassino era per Marchionne o per la Tav. Dunque le uscite sul Vaticano le faccio perché abbiamo bisogno di un nuovo spazio d’azione”.
Perché? “Faccio un altro esempio. Abbiamo provato a indire un referendum sul proporzionale e 3 settimane fa abbiamo depositato i quesiti con l’accordo della Cgil sulla raccolta della firme. Ma Walter Veltroni si è messo di traverso e con Nichi Vendola e Antonio Di Pietro ha depositato un altro referendum contro la legge elettorale cosiddetta ‘del mattarellum‘. Un paradosso che determinerà un fatto: non si raccoglieranno le firme né per l’uno né per l’altro e il sistema rimarrà uguale. Questo non è un fatto sovrastrutturale, è un guaio”.
Dai mercati finanziari all’economia di tutti i giorni. Ma i ragionamenti, dalle stanze delle istituzioni, devono anche toccare gli interessi concreti alla gente, per Paolo Ferrero. “Non possiamo raccontare solo che la Banca Centrale Europea si deve comprare i titoli di Stato italiani per impedire le speculazioni, pagate poi con manovre economiche punitive. Dobbiamo andare più sul quotidiano. Se oggi si va al mercato e si chiede ai clienti ‘ma secondo lei cosa vogliono i comunisti?’, la gente la guarderebbe stranita. Noi non andiamo in televisione tutte le sere e allora occorre andare per le strade, nei centri commerciali, a spiegarlo”.
E da qui parte una proposta che va su quel quotidiano. “Se mi si domanda che cosa deve fare un circolo, rispondo che ogni circolo dovrebbe adottare un supermercato. Mi spiego. Una cosa che fa schifo in questo Paese è che i metalmeccanici o i tessili sono dentro al mercato mondiale. Invece i muratori e i commercianti no e non si capisce perché ci debba essere qualche milionata di giovani, soprattutto ragazze, che lavorano a condizioni bestiali dentro i supermercati, con stipendi da fame e con orari folli”.
Lo sciopero del consumo? Un’arma per tentare una riforma del lavoro. “Ecco”, prosegue Ferrero, “se facessi il segretario di circolo, adotterei il supermercato, andrei a parlare con le cassiere chiedendo loro quanto prendono e quanto lavorano. Poi inizierei a distribuire volantini in cui spiego cosa si può fare. Infine, se ne avessi la possibilità, organizzerei lo sciopero del consumo in quel supermercato fino a quando non cambiano le condizioni. Finito nel primo, passerei al successivo e avanti così. Credo che se lo facessimo in tutta Italia, con i 1000 circoli che abbiamo, riusciremmo a cambiare più di un contratto nazionale sul commercio”.