Abusi edilizi, appalti concessi senza requisiti, aggressioni verbali e fisiche. Sembra di stare in zone ad alta densità mafiosa. Ma questo cocktail di illegalità si può trovare anche altrove. A mille metri d’altezza, fra le montagne dell’Appennino Tosco-Emiliano. In provincia di Reggio Emilia, infatti, c’è un piccolo comune che fa parte dell’Unione dei Comuni. Il più alto di quelli dell’Appennino reggiano, e il più lontano dalla città. Si tratta di Ligonchio, poco più di 900 anime, noto per aver dato i natali a Iva Zanicchi.

Tra le strade tortuose che salgono fino alla vetta si sono, infatti, verificati eventi che, in un paesino quieto come Ligonchio, non si erano mai visti. Il tutto ha inizio nel 2006 dalla concessione di due appalti, assegnati dall’Unione dei Comuni dell’Alto Appennino Reggiano alla Ditta Zambonini Gionni. Ma c’è un agente della polizia municipale, Azeglio Baccini, che riscontra qualche anomalia in quelle concessioni. L’agente chiede quindi informazioni sui due appalti, che non avrebbero i requisiti oggettivi e soggettivi.

Emerge infatti che Zambonini Gionni, 36 anni, titolare della ditta, avrebbe dichiarato – in modo non vero – di non avere alcuna condanna con sentenza passata in giudicato, “per qualsiasi reato che incida sulla moralità professionale”, e di essere in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi Inps e Inail. Ma dalle verifiche si scopre che Zambonini è stato condannato, con sentenza definitiva per detenzione e porto abusivo di arma da fuoco, alla pena di sei mesi di reclusione, e non avrebbe inoltre assolto agli obblighi Inps e Inail. Anche se lo stesso titolare della ditta aveva dichiarato espressamente di non avere alcuna sentenza a suo carico e di essere in regola con gli obblighi contributivi previdenziali e assistenziali.

La Provincia, chiamata in causa, il 25 gennaio 2007 scrive che “indipendentemente dall’esito della verifica che stiamo facendo, è però evidente che risulta per noi oggi impossibile cambiare la ditta che sta operando per questa stagione di neve, in quanti, siamo nel pieno dell’appalto ed in più quando facemmo la gara risultò come unico partecipante”; e conclude: “al termine della stagione neve in corso il contratto in essere è da intendersi concluso”. Ma nonostante le segnalazioni fatte da Baccini, verranno concessi alla ditta altri appalti nei successivi anni. Ad esempio nel 2008 verrà concesso un appalto da circa 15 mila euro e un altro da 11 mila e 700 euro.

Nel giugno 2011, poi, ancora la Provincia, risponde ad alcune richieste sugli appalti: viene detto che la Ditta Zambonini Gionni ha la “qualifica di piccolo imprenditore, coltivatore diretto, per cui non è prevista la richiesta del Durc telematico (documento unico di regolarità contributiva, ndr)”. Dichiarazione che sembra collidere con le ben tre richieste di Durc fatte dalla stessa Provincia. Inoltre esiste un protocollo firmato dalla prefettura e dalla provincia di Reggio Emilia, nel quale all’articolo 9 si legge che “il pagamento del corrispettivo all’impresa appaltatrice ovvero subappaltatrice sarà in ogni caso subordinato alla previa acquisizione del certificato Durc dagli istituti o dagli enti abilitati al rilascio”.

Intanto le comunicazioni di illeciti fatte dall’agente Azeglio Baccini hanno una conseguenza immediata: due aggressioni fisiche e verbali. Nell’ottobre 2006, infatti, l’agente della Polizia municipale racconta in una relazione di servizio di essere stato aggredito nel magazzino comunale dagli Zambonini, padre e figlio, sia verbalmente che fisicamente. Idue, infatti, tentano di colpirlo con pugni al volto, cercando poi di investirlo con la jeep: “spostati che lo schiaccio”. In un secondo caso, invece, nel 2007, Baccini viene aggredito sulle scale del Comune: “non devi rompere i c……., non capisci nulla, ti spacchiamo la faccia”, e anche questa volta passano ai fatti. All’interno del comune inizia così una colluttazione con calci e pugni, in presenza anche dell’ex sindaco Franchi Ilio, che ai carabinieri poi dirà: “non mi ascoltano, cosa ci posso fare”. La magistratura, intanto, sta accertando gli eventi raccontati dall’agente.

Oltre a problemi di appalti, vengono riscontrati nel 2002 anche abusi edilizi eseguiti su un fabbricato edificato negli anni ’60. L’edificio, che contiene diversi bovini e altri animali, sarebbe, infatti, stato ampliato con pareti di lamiera e mattoni o legno, alluminio e formica, con copertura in eternit e travatura in legno, adibito a ricovero bestiame. La richiesta del Comune è semplice e chiara: si ordina la demolizione della parte abusiva. Ma non ci sarà alcun seguito. Il proprietario dell’area è Giuliano Zambonini, padre di Gionni. Nel 2010 i due chiederanno il permesso di costruire in sanatoria, senza però integrare i documenti necessari e richiesti. Il risultato? Archiviazione della pratica e l’abuso edilizio continua ad esserci.

In un sopralluogo viene specificato che “sul lato est del fabbricato sono presenti due cumuli di letame, ivi convogliati da nastri trasportatori, probabilmente al di sopra di una platea in cemento, non provvista di cordoli perimetrali e neppure per quanto possibile vedere, di pozzo per il contenimento dei liquami. Pertanto le deiezioni liquide si scaricano a valle, parte nella cunetta stradale e parte nel fossato sottostanti”. In un documento di fine 2009 del Corpo Forestale si legge che “la situazione riscontrata arreca un notevole degrado ambientale e estetico a tutta la zona, e la presenza di tali rifiuti potrebbe causare l’insorgere di problemi a carattere igienico-sanitario”. Anche i carabinieri arrivano alle stesse conclusioni. Ci sarebbero, infatti, rivoli di liquami che scorrono sulla strada vicina alla ditta. Per molto meno un’altra azienda è stata sanzionata con duemila euro.

Nel febbraio 2010 arriva a Ligonchio Striscia la Notizia, che evidenzia la situazione del capannone e manda in onda un servizio il primo marzo, nel quale si vedono le condizioni non ottimali degli animali e del capannone stesso. In quella circostanza anche la troupe di canale 5 verrà aggredita dai Zambonini. Il sindaco in quota Pd, Giorgio Pregheffi, avrebbe affermato che “subito dopo la venuta di Striscia ho allertato il servizio veterinario dell’Ausl: i tecnici hanno eseguito un sopralluogo, ma non sono stati riscontrati né presunti abusi edilizi, né maltrattamenti agli animali”.

Nell’aprile 2010, intanto, una relazione tecnica afferma che “si prevede di adeguare la stalla alle normative igienico sanitarie”, “che verrà presentato prima dei lavori il piano di smaltimento dell’amianto presente”. E ancora che “verrà realizzata sotto al portico esistente la sala di isolamento per il bestiame, inoltre sarà realizzata la sala latte (…) e verrà adottato un sistema di mungitura a lattodotto”. E infine “verrà realizzata una concimaia, sarà del tipo a platea con cordolo perimetrale per lo stoccaggio del letame (…) con sottostante pozzo nero per la raccolta del liquame”. Nulla di tutto ciò era stato costruito dunque.

Anche se la ditta Zambonini dichiarava l’esistenza di una platea e di un pozzo nero nell’allevamento già dal 1994. Viene così chiesta una verifica e l’Arpa risponde che l’operazione “non riveste carattere d’urgenza tale da dover essere affrontata nell’immediato”. Ma intanto in molti si domandano dove possa finire il latte che viene prodotto dalla ditta, considerato che la zona è di produzione di Parmigiano Reggiano.

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