Controversa, discussa, appoggiata e combattuta. E infine bocciata. L’ipotesi di Silvia Noè, cattolica di ferro, capogruppo dell’Udc in Emilia-Romagna e cognata del leader Pier Ferdinando Casini, alla presidenza della Commissione per le Pari Opportunità della Regione è definitivamente sfumata. E con lei le prove di alleanza Pd-Udc. Al suo posto Roberta Mori, consigliera del Pd e relatrice della legge che istituisce la commissione stessa.
Ex-sindaco di Castelnovo di Sotto, la Mori è stata scelta dopo che sulla candidatura di Silvia Noè, frutto dell’intesa tra il centrosinistra e l’Udc, si è scatenato il fuoco incrociato di Sel e Idv, con la minaccia di disertare le sedute della commissione in caso di elezione. Alla base delle proteste, la convinzione che alla guida delle Pari opportunità debba sedere una figura di chiara ispirazione laica. “Una commissione che tratta un tema politico come quello delle pari opportunità – ha detto Gian Guido Naldi, consigliere regionale di Sel – deve essere affidata a un esponente della maggioranza, che condivide il programma di mandato”. Senza considerare che “non è corretto che una persona ricopra contemporaneamente il ruolo di capogruppo e presidente della commissione”.
Con loro associazioni e realtà laiche, tra cui Arcigay, Arcilesbica e Rete Laica, che fin dalle prime voci sulla possibile candidatura della casiniana Noè, hanno affilato le armi, riunendosi in un comitato e promettendo battaglia: “Chiediamo una presidenza rispettosa del diritto all’autodeterminazione di ogni donna e di ogni uomo. Posizioni anti-abortiste, contrarie all’esercizio della libertà individuale sui temi della vita e del fine-vita; posizioni discriminatorie nei confronti delle famiglie di chi sceglie di non sposarsi e delle famiglie delle persone omosessuali, bisessuali e trans”. Tanti malumori che alla fine hanno spinto il presidente della Regione Vasco Errani a sacrificare la prima scelta, per puntare sulla Mori, candidata più adatta a mettere d’accordo le diverse anime della sinistra emiliano-romagnola. Eppure era stato proprio il presidente Errani un anno fa a promuovere lo spostamento al centro, dando il via libera all’Udc per la presidenza della Commissione. Salvo poi fare marcia indietro in questi giorni per sopire le resistenze interne.
Delusa e irritata la capogruppo dell’Udc, che in un’animata discussione prima del voto ha lanciato un ultimo appello al Pd: “Si sta adottando un ragionamento discriminatorio nei confronti del mio partito – ha detto intervenendo in aula – non sono venuta a chiedere una poltrona ma una soluzione istituzionalmente corretta. Questa rischia di essere una pagina molto spiacevole per la Regione”. Sulla mancata presidenza della Commissione si è espresso anche il deputato bolognese e Vicepresidente Gruppo Udc alla Camera, Gianluca Galletti, a dimostrazione che la partita politica non si esaurisce nei confini dell’Emilia Romagna. “È chiaro che dall’atteggiamento del Pd emiliano-romagnolo – si legge in una nota – discenderà anche un giudizio più complessivo: si vogliono ancora fare condizionare dalla sinistra estrema oppure vogliono diventare quel partito riformista e democratico in grado di colloquiare anche con un centro cattolico? Scelgano loro”.