E' durata meno di un'ora l'udienza preliminare del trentaduenne, arrivato al tribunale di Oslo a bordo di un'auto che è stata tempestata di pugni dalla folla in attesa. L'uomo rischia solo 21 anni di carcere poiché nel Paese non esiste la pena dell'ergastolo
Per la prima volta dinanzi a un giudice, il killer di Oslo ha spiegato di aver agito “per salvare la Norvegia e l’Europa occidentale dalla minaccia marxista e musulmana” e ha chiamato in causa dei presunti complici, affermando di aver preparato la strage con l’aiuto di “due cellule”. Davanti a un tribunale di Oslo, Anders Breivik, (Leggi il suo identikit) reo confesso della strage che ha messo in ginocchio la Norvegia, ha riconosciuto durante l’udienza preliminare di aver commesso entrambi gli attentati, ma ha rifiutato di dichiararsi colpevole. Il pubblico ministero incaricato del caso, Christian Hatlo, ha riferito che l’omicida si è detto “pronto al carcere a vita”. Adesso la polizia dovrà chiarire se Breivik fosse davvero collegato ad altri gruppi della destra estrema europea e se qualcuno l’abbia aiutato.
Il giallo del presunto complice. I media scandinavi e polacchi hanno riferito di un arresto a Breslava, ma la procura locale ha smentito. Anche in Gran Bretagna, Scotland Yard ha avviato un’inchiesta per far luce possibili complicità, dopo che nel memoriale su internet erano emersi diversi riferimenti al Regno Unito e un “mentore” di nome Richard. L’agenzia anticrimine dell’Ue, ha costituito una speciale task force con esperti di antiterrorismo provenienti da tutta Europa.
L’udienza si è tenuta a porte chiuse: Breivik avrebbe voluto si tenesse a porte aperte per spiegare le sue deliranti “ragioni”, ma il giudice ha chiuso le porte al pubblico e ai media anche per evitare il palcoscenico e anche che potesse mandare messaggi in codice ai suoi eventuali complici. La corte ha stabilito una custodia cautelare di otto settimane (che termineranno il 26 settembre), di cui quattro in completo isolamento, senza la possibilità di ricevere lettere e incontrare visitatori, eccetto i suoi avvocati. Arrivando in aula, Breivik – che si è presentato in aula con un maglioncino rosso e una camicia arancione (non gli è stato permesso di indossare la divisa) – ha rischiato il linciaggio, minacciato da una folla inferocita che ha dato pugni sui vetri. E in neanche 40 minuti, ha spiegato con freddezza che la sua intenzione era dare “un forte segnale” al Partito laburista al governo, accusato di “aver tradito” il Paese per aver consentito immigrazioni di massa da parte dei musulmani.
Tra l’altro, pare che nel mirino ci fosse anche l’ex premier norvegese Gro Harlem Brundtland, che aveva tenuto un discorso sull’isola ed era ripartita poco prima dell’arrivo dell’assassino. Nella sua farneticante giustificazione, la strage serviva a “infliggere il maggior numero di vittime”, stroncando la possibilità di ricambio generazionale nel partito.
Intanto, il regno scandinavo piange le sue vittime. Oggi la Norvegia si è fermata per un minuto di silenzio. Il padre e la matrigna di Anders Breivik, che vivono a Carcassonne, nel sud della Francia, sono stati messi sotto scorta dalla gendarmeria. Inoltre si è saputo che tra le vittime di Utoya c’è anche il fratellastro della principessa Mette-Marit, la moglie del principe ereditario Haakon. Trond Bernsten, figlio del patrigno della principessa e ufficiale di polizia, era a Utoya ma non essendo in servizio, era privo dell’arma di ordinanza: ha tentato di disarmare il folle ma non c’è riuscito.
Il ricordo delle vittime. A mezzogiorno la Norvegia si è fermata per ricordare con un minuto di silenzio le vittime degli attentati. All’omaggio, guidato da re Harald e dal premier, Jens Stoltenberg, nella cerimonia davanti all’università della capitale, si sono uniti anche gli altri Paesi scandinavi. Intanto, la polizia norvegese ha ridimensionato il bilancio delle vittime del massacro sull’isola di Utoya a 68 invece che 85. Considerando anche le otto vittime dell’esplosione nel centro di Oslo, il bilancio totale della strage si attesta al momento a 76 morti.
Anders Breivik rischia solo 21 anni. Il portavoce della polizia norvegese Henning Holtaas ha spiegato che la condanna massima a 21 anni di detenzione prevista dal codice penale della Norvegia – dove non esiste l’ergastolo – può essere in alcuni casi estesa una volta che il condannato ha scontato per intero la sua pena. Una volta giudicato colpevole dei reati che gli vengono attribuiti, Breivik non potrebbe quindi essere condannato a una pena superiore ai 21 anni. Tuttavia – spiega ancora Holtaas, citato dal sito della Cnn – se la corte riterrà che in futuro l’imputato potrebbe rappresentare un pericolo per la società, la condanna potrebbe comprendere l’obbligo, allo scadere dei 21 anni, di una revisione del caso, con la possibilità di un prolungamento della detenzione una volta constatato che il condannato continua a rappresentare una minaccia per il pubblico.
Le fasi preparatorie della strage. A settembre del 2010, Breivik avrebbe trascorso alcuni giorni a Praga per acquistare armi illegalmente, afferma l’agenzia Ctk, ma senza riuscirci. “Praga è nota come punto di transizione in Europa per le armi illegali e la droga”, ha scritto nel suo ormai famoso diario l’uomo prima di partire per la capitale ceca con la sua Hyundai Atos, dalla quale aveva rimosso i sedili posteriori per avere più spazio per le armi. Praga “è una città più sicura di Oslo”, commentava al ritorno, “evidentemente perché i musulmani quasi non ci sono. La maggior parte dei delinquenti sono gli zingari cristiani”. Tuttavia, secondo quanto riporta il servizio di sicurezza interno polacco, i prodotti chimici che Breivik avrebbe acquistato in Polonia e utilizzato per fabbricare la bomba di Oslo non sono illegali, ma anzi di comune accesso.
I festeggiamenti pre-strage. A dispetto della sua rigida morale sessuale, che lo portava a stigmatizzare i comportamenti sessuali altrui e i ‘numerosi partner’ avuti dalla madre e dalla sorella, Breivik progettava di “festeggiare” la sua imminente operazione “di martirio” con una bottiglia francese di Chateau Kirwan del 1979 e due “prostitute di alto bordo”. A spulciare nelle 1.500 pagine del memoriale messo in rete dall’attentatore prima della sua “missione”, si scoprono dettagli che aggiungono del grottesco all’orrore della vicenda. “La mia interpretazione dell’essere un ‘perfetto cavaliere’ – scriveva Breivik – non include e non dovrebbe includere il celibato, anche se alcuni dei miei pari, cavalieri templari, non sarebbero d’accordo con me su questo punto”. Breivik racconta anche delle pressioni che riceveva da amici e familiari per il fatto di essere “l’unico ancora single”. “Gli ho detto che inizierò di nuovo a uscire con ragazze da agosto – scriveva -, credo che sia il modo più facile per evitare la pressione sociale”.
La passione di Breivik per Putin e il movimento giovanile filoputiniano Nashi. Il premier russo Vladimir Putin e il movimento giovanile filoputiniano Nashi come modelli positivi da imitare: è quanto emerge, come sottolineano oggi i media russi, dal ‘manifesto’ di 1.500 pagine diffuso su Internet dall’autore della strage norvegese. Breivik, scrive il quotidiano Kommersant, “fa riferimento alla Russia quando ragiona sul tema del modo ideale di governare”. “La democrazia di massa che ha mostrato la sua inefficacia in Europa deve essere sostituita da una forma di democrazia dirigista che assomigli a quella della Russia”, scrive l’autore del testo. “Putin dà l’impressione di un leader giusto e risoluto, che merita rispetto”, aggiunge Breivik, secondo il Kommersant, sostenendo che il capo del governo russo figura, insieme al Papa e ad altri politici, nella lista di persone che il giovane norvegese avrebbe voluto conoscere.
Secondo il giornale on line Gazeta.ru, Breivik vede inoltre nei Nashi un modello per la creazione di un “movimento giovanile conservatore e patriottico”. Interpellato dal Kommersant, il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, ha definito l’autore del ‘manifesto’ una “creatura dell’inferno, un folle: qualunque cosa abbia detto o scritto, non si può qualificare questo diversamente dal delirio di un pazzo”.
L’influenza dei blogger americani anti-islam. Breivik ha utilizzato a piene mani per il suo delirante ‘manifesto’ di 1.500 pagine testi elaborati da un piccolo gruppo di blogger americani che da anni scrivono contro l’islam e la jihad. In particolare, nota il New York Times, nel suo documento l’uomo include interi passi del simile manifesto elaborato nel 1995 da Ted Kaczynski, meglio noto come Unabomber, e cita esplicitamente per ben 64 volte Robert Spencer, che gestisce un sito web chiamato “jihadwatch.com”, nonchè diversi altri blogger occidentali che condividono la sua convinzione che gli immigrati islamici rappresentano una minaccia per la cultura occidentale. Grande ispirazione Breivik l’ha presa anche da un blog dal titolo “The Gates of Viena”, in riferimento all’assedio da parte dell’esercito ottomano subito dalla città nel 1683, tanto che anche il titolo del suo ‘manifesto’, “2083 una dichiarazione di indipendenza europea”, fa riferimento al 400/mo anniversario di quegli eventi.
Il riferimento a una rete di “cavalieri templari”. Una rete transnazionale di “cavalieri templari” con almeno nove fondatori, composta da cellule autonome e indipendenti: è questo il profilo che emerge dal memoriale-manifesto messo in rete da Breivik prima delle stragi di Oslo e Utoya, dove è possibile trovare numerosi riferimenti che potrebbero essere ricondotti a quella che oggi l’attentatore ha chiamato “la nostra organizzazione” davanti al giudice dell’udienza preliminare. Breivik nel documento si autodefinisce ad esempio “uno dei leader del movimento di resistenza patriottica nazionale e paneuropeo” e cita “l’assistenza da fratelli e sorelle in Inghilterra, Francia, Germania, Svezia, Austria, Italia, Spagna, Finlandia, Belgio, Olanda, Danimarca, Usa, etc.”. In un capitolo del volume di 1.500 pagine, Breivik passa poi a descrivere l’organizzazione dei ‘cavalieri templari’, ‘rifondata a Londra nell’aprile del 2002 e che si propone come obiettivo “arrivare al potere in tutta l’Europa occidentale, distruggere il marxismo-multiculturalismo e scacciare l’Islam”. Un’organizzazione, scrive, che ha come caratteristiche “l’amore fraterno” tra gli affiliati, “l’obbedienza devota”, “l’abbracciare il martirio”. La struttura, spiega, “è decentralizzata, ogni cellula è organizzata da un autonominato comandante “cavaliere giustiziere” che coordina fino a due “cavalieri operativi”.
Il Gran Priorato d’Italia dei Cavalieri Templari rifiuta ogni collegamento. “Profondo dolore per le vittime” del massacro di Oslo. Ma “poiché lo squilibrato criminale avrebbe affermato di appartenere a non ben chiari gruppi “massonico-templari”, è doveroso precisare che la nostra Istituzione, sorta a Parigi nel 1804, non ha alcun contatto con simili organizzazioni o sette”. E’ quanto spiega Walter Grandis, Gran Priore del Gran Priorato d’Italia dei Cavalieri Templari, con sede a Trieste. “Il Gran Priorato d’Italia dei Cavalieri Templari – rimarca il governatore Grandis – si ispira a quei sentimenti di fratellanza universale fra le genti di ogni colore, convinzione spirituale o idea politica dedicandosi all’attuazione dei doveri di solidarietà che, come ci ha recentemente riconosciuto ni un suo messaggio il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, sono alla base della Carta Costituzionale dello Stato italiano”. “Cavalieri e Dame del Gran Priorato d’Italia – conclude la nota dei neotemplari italiani – che si riuniscono sempre in incontri aperti al pubblico salutati dalle principali autorità nazionali, respingono, nell’ottica di un vero ecumenismo, qualsiasi forma di intolleranza, estremismo o fondamentalismo auspicando che in momenti così tristi la ragione e la cultura di ognuno sappiano distinguere la verità dai disinvolti qualunquismi che spesso finiscono solo per esaltare le orrende azioni provocate da certi fanatismi”.
L’orrore per la “pakistanizzazione” dell’Europa. Nel suo manifesto di 1.500 pagine intitolato “2.083: una Dichiarazione europea di indipendenza”, Breivik dedica un intero capitolo al possibile processo di “pachistanizzazione” dell’Europa, sottolineando che lo scarso rispetto dei diritti umani esistente in Pakistan rischia di essere il destino del Vecchio Continente. Il quotidiano Express Tribune di Islamabad ha pubblicato oggi ampi stralci del manifesto in cui Breivik prevede che numerosi ‘mini-Pakistan’ sorgeranno in Europa entro il 2083, uno in ciascuna nazione, a seguito di conflitti “in stile libanese”. “Potrebbe essere – ha assicurato – uno scenario simile alla divisione dell’India dopo la seconda Guerra mondiale, con la creazione di una o più enclavi in stile Pakistan”. Le sue ire nei confronti dei pachistani e dei musulmani, nota il giornale, sembrano risalire alla sua fanciullezza e al suo “migliore amico”, il figlio di un immigrato musulmano pachistano che, nonostante avesse vissuto molti anni in Norvegia, mostrava risentimento verso il paese e la società norvegese. “Non perché – dice – lui fosse geloso…ma perché essa rappresentava l’esatto contrario dei modi islamici”. In un altro passaggio Breivik rimprovera i genitori musulmani che “non permettono ai loro figli di adottare il modo di vita europeo” e si chiede perché “le ragazze musulmane sono ‘off limits’ per tutti, compresi i ragazzi musulmani” e perché “gli uomini musulmani considerano le donne norvegesi come puttane”. Infine si schiera contro il multiculturalismo che considera responsabile della facile immigrazione dei musulmani in Europa. “Quando il velo del multiculturalismo scomparirà – conclude – ci saranno solo pachistani a Londra, turchi a Berlino, algerini a Parigi e marocchini ad Amsterdam. E allora lo spettacolo comincerà”. Questo spettacolo per lui è un drammatico sbilanciamento demografico da lui definito appunto “la pachistanizzazione dell’Europa”.