Non ci sono più le leggi ad personam di una volta. Quelle dove il Parlamento intero rispondeva compatto al volere del Cavaliere di salvarsi dai processi. Adesso c’è una Lega divisa e molto meno complice ed è diventato davvero più complicato – sondaggi alla mano – far digerire all’elettorato del “partito degli onesti” nuovi strappi sul fronte dell’impunità di Berlusconi. Per non parlare del capo dello Stato, che ha fatto chiaramente intendere di non aver alcuna intenzione di firmare qualcosa che possa riaprire il conflitto tra politica e magistratura. Con un’unica eccezione, forse; la nuova legge sulle intercettazioni, che andrà in aula giovedì prossimo alla Camera. A meno che, anche lì, non si fermino prima.
Pessimo panorama per il Cavaliere. Il processo breve è ancora impantanato in commissione Giustizia del Senato, con il presidente Filippo Berselli che non riesce da settimane a dare il via alla presentazione degli ultimi emendamenti; prima di ottobre non se ne parla di arrivare a un voto. E dopo c’è il processo lungo, che andrà in aula mercoledì in Senato, ma orbato della norma “salva Ruby” (depennata dalla commissione Giustizia già tre settimane fa) e comunque modificato rispetto al testo uscito dalla Camera, dunque dovrà tornare a Montecitorio e sarà già novembre.
E chissà per l’epoca quale sarà il quadro politico, anche se l’allarme resta alto. L’approvazione definitiva dell’articolato sarebbe una mano santa per garantire in modo assoluto la prescrizione dei processi Mills, Mediaset e Mediatrade, con ripercussioni micidiali; la sola possibilità di poter chiamare un numero illimitato di testimoni manderebbe in tilt l’intera macchina della giustizia. Gli interrogativi su cosa potrebbe avvenire sono angosciosi: “Che cosa vuol dire il “processo lungo – si chiede Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’Associazione vittime della strage di via dei Georgofili, a Firenze – che se il processo Tagliavia non fosse finito, chiuso il dibattimento, la difesa della mafia con questa eventuale nuova norma, avrebbe potuto dilatare il processo chiamando a testimoniare nuovamente tutti quanti sono stati già sentiti nel processo di Firenze per le stragi del 1993? Saremmo arrivati al grottesco, a un “colpo di Stato” verso le vittime di torti inauditi come quelli perpetrati dalla mafia”. È un grottesco che è giusto dietro l’angolo.
Mercoledì comincerà il dibattito fino all’approvazione prevista per i primi giorni d’agosto. Poi di nuovo alla Camera. “È davvero da irresponsabili – ha tuonato Antonio Di Pietro – questi non hanno ancora capito che 27 milioni di italiani hanno detto che è ora di smetterla, che è l’ora di andare a casa. Ma contro questo modo recidivo di usare il Parlamento per leggi ad personam, credo che sia venuto il momento di chiamare una manifestazione di piazza per disarcionare per sempre Berlusconi e il suo governo”. La piazza, dunque.
E all’ultimo punto all’ordine del giorno della Camera di giovedì 28 c’è la legge sulle intercettazioni. “È necessario inasprirla ulteriormente sul fronte della pubblicazione degli atti non direttamente legati al processo – sostiene un avvocatone del premier come Maurizio Paniz del Pdl – ma se non sarà possibile, allora tanto varrà approvarla così com’è tornata dal Senato; meglio quella che nulla”. Anche alla Camera, però, il Carroccio ha fatto sapere che sul fronte intercettazioni potrebbe tenersi le mani libere. Ecco perché, si diceva ieri in tarda serata a Montecitorio, in caso di incertezza sui numeri, il Pdl potrebbe anche decidere di rinviare tutto a settembre. Quando per Berlusconi potrebbe essere già troppo tardi.