Il sindaco della ex Stalingrado d'Italia ribadisce di non aver mai ricevuto alcun avviso di garanzia. E su Pasini dice: "Era mio avversario alle elezioni, avrebbe potuto usare queste informazione durante la sfida; se non l'ha fatto forse non sono cose importanti"
Non c’è rabbia tra gli iscritti. Circa cinquanta hanno riempito il circolo Enzo Biagi del Pd a Sesto per avere risposte a una sola domanda: sarà vero? Il grande accusatore Giuseppe Pasini, l’imprenditore che ai pm di Monza ha raccontato di aver versato tangenti, qui si cerca di nominarlo il meno possibile. Solo Oldrini lo cita nel suo intervento, per tentare di smontarne la credibilità. “Non dimentichiamoci che Pasini è stato candidato sindaco del Pdl contro di me e ora è capogruppo d’opposizione in Comune; se i documenti che ha sono così importanti avrebbe potuto sventolarli e renderli pubblici durante la campagna elettorale, avrebbe vinto facilmente”, dice Oldrini. “Invece Pasini non l’ha fatto, come mai?”. Il sindaco appare provato. Ringrazia più volte i presenti, quanti gli hanno inviato la propria solidarietà. Riceve applausi. E timide dimostrazioni di fiducia. Perché il dubbio che tutte le accuse possano essere vere, è vivo. In più molti si sentono abbandonati dal partito. L’incontro organizzato da Oldrini per rassicurare inizia in ritardo e mancano i responsabili del Pd. C’è Luigi Vimercati, senatore del Pd eletto nella circoscrizione, manca il segretario provinciale, Roberto Cornelli. Mentre Maurizio Martina, segretario regionale, arriva dopo le 22.30, quando Oldrini ha già parlato. Ma è arrivato dalle Marche, di corsa, quando ha saputo che Cornelli non si era presentato. Il suo è stato un intervento breve, ha lasciato parlare i sestesi e li ha rassicurati sulla trasparenza del partito.
Ma è il primo cittadino a dettare la linea. “Se abbiamo governato da prima della Resistenza a oggi c’è una spiegazione: è che nei momenti felici e in quelli difficili, noi ci abbiamo messo la faccia, ci siamo presi la nostra responsabilità fino in fondo”. Oldrini rivendica la “trasparenza” del proprio lavoro, traccia il quadro delle accuse che hanno travolto gli eredi del Partito comunista, si affida “all’operato della magistratura”, chiedendo però “tempi rapidi perché questa vicenda pesa molto nel cuore, specie delle persone oneste”. E dagli iscritti, tra i quali il senatore Luigi Vimercati e il segretario regionale Maurizio Martina, arrivano gli applausi e l’incitamento ad andare avanti. C’è fiducia in tutti gli esponenti coinvolti.
“Dobbiamo continuare a dire che noi abbiamo le mani pulite di chi lavora – dice Leonardo Losappio, ex operaio Breda – di chi ha i calli. E dove ci sono i calli c’è onestà”. E’ la storia della città, di quella che fu uno dei simboli del comunismo d’Occidente, della grande industria del Novecento, quella a cui i democratici si aggrappano per “contrastare la macchina del fango che è sbarcata anche qua”, come sostiene un altro ex operaio, questa volta della Pirelli, Anacleto Berzaghi. “Perché la campagna elettorale è già iniziata e bisogna reagire, guai ad avere paura – è il campanello d’allarme che lancia – guai a lasciar dire che ‘siamo tutti uguali”.
Ma la prima reazione del partito è proprio questa: una riunione dei cinque circoli cittadini a porte aperte, pronti a mostrare all’Italia anche la disillusione della sua base. “Siamo un partito che non si nasconde – conferma il segretario cittadino Mirko Mejetta – che apre le porte, consapevoli del colpo che abbiamo subito nel nostro orgoglio”. D’altronde “non vogliamo minimizzare, ci sono fatti preoccupanti – prosegue – ma abbiamo la massima fiducia nella magistratura, in tutti gli esponenti del Pd e nell’amministrazione sestese. Siamo fiduciosi che dimostreranno la loro estraneità”. Nel frattempo, è il mantra, “il Pd continuerà a metterci la faccia”.