Occupano l’ufficio della presidenza per difendere il diritto al lavoro e ad essere retribuiti. E’ quanto successo giovedì mattina alla sede del consorzio Epta, in via Nanni Costa, a Bologna quando, durante l’assemblea dei soci, un gruppo di educatori della cooperativa Geco di Bologna, sostenuti dal sindacato Usb, ha interrotto l’approvazione del bilancio societario per rivendicare i propri diritti di lavoratori.

Perché sulle spalle di Rosario, Daniele, Alessandro, Enzo, Mariarosa e altri 150 educatori, pesano due mensilità di stipendio non retribuite, a cui con ogni probabilità se ne aggiungerà una terza, quella di luglio. Un vortice di rabbia, indignazione e proteste innescato dal consorzio Epta di Bologna che, sull’orlo del fallimento, sta trascinando con sé la cooperativa con conseguenze disastrose. Epta infatti ha accumulato un debito pari a 1 milione 700 euro nei confronti della cooperativa, non possedendo quest’ultima la titolarità dei servizi. Così gli ‘indignados’ di Geco hanno interrotto ogni lavoro d’assemblea e hanno preteso delle risposte insieme a delle garanzie.

Presenti all’assemblea, il presidente di Epta Paolo Seu, il vice presidente di Geco, Pietro Morotti, la responsabile di Legacoop Doriana Ballotti che, tra lo sbigottito e l’impacciato hanno cercato di fornire spiegazioni attendibili alla situazione. Grazie al sindacato Usb è stato sottoscritto un patto, firmato dai vari delegati di Epta, per il quale si richiede al Cda di Epta di dare garanzie circa il pagamento degli stipendi, la nomina di un liquidatore esterno al consorzio e garanzie sul futuro dei lavoratori. Insomma: patti chiari e amicizia lunga, anche se le risposte effettive restano poche.

Tra queste, l‘incontro previsto per il 4 agosto tra sindacati, Legacoop e una delegazione di lavoratori di Geco per cercare di tracciare le condizioni che garantiranno un futuro agli educatori. La tensione sui volti e nelle parole dei lavoratori è stato il filo conduttore dell’intera occupazione soprattutto quando Geco è stata definita una “cooperativa falsa per nascita e idea” ma “gli educatori al suo interno sono bravi e competenti”. Dichiarazioni forti per gli educatori soprattutto per chi come Rosario chiede i soldi “perché a fine mese mi devo pagare il mutuo”. E poi un lungo striscione: “Vogliamo i nostri soldi e il lavoro garantito”.

Dietro alla liquidazione ormai imminente di Epta si cela infatti una cattiva gestione del consorzio, prima con l’ex presidente Antonio Bria, che ha dato le dimissioni vista la situazione disastrosa, poi con il nuovo presidente Paolo Seu, trovatosi in una posizione difficile. Tant’è che il neo presidente a fine maggio avrebbe siglato una trattativa con la Cgil di liquidazione degli ex dirigenti, i quali avrebbero ottenuto quattro mensilità retribuite su sette richieste. Un accordo definito dallo stesso Seu “necessario, poco conveniente da un punto di vista economico per il consorzio ma è risultato fondamentale per le conseguenze che si sarebbero potute innescare senza la trattativa”.

Marina, del sindacato di base, continua ad essere convinta che l’accordo si sia dimostrato un grave errore: “La trattativa firmata da Paolo Seu non doveva essere siglata, si doveva dichiarare un piano di crisi senza liquidare i dirigenti. Abbiamo protestato contro questa iniziativa anche con Cgil. Non  esistono lavoratori di serie A o di serie B, noi siamo per l’equiparazione. Per fare fronte alla gravità della situazione abbiamo dichiarato lo stato di agitazione e ci batteremo anche con lo sciopero affinché a tutti gli educatori vengano ridati gli stipendi che gli spettano di diritto”.

Ma per comprendere appieno la situazione è necessario fare un piccolo salto nel passato. Come spiega Mariarosa, una delle socie lavoratrici più anziane: “Per capire realmente come stanno le cose bisogna tornare a un anno fa circa, quando la situazione di Epta si è aggravata molto con il passaggio della tecnostruttura dalla cooperativa Nuova Sanità ad Epta, e il passaggio degli educatori da Nuova Sanità a Geco. All’epoca ci era stato garantito che questa procedura avrebbe risanato una situazione che già risultava gravosa. E invece ci siamo ritrovati imbrigliati in una posizione ancora più difficile da affrontare”.

Una vicenda per certi versi contraddittoria, contando che la cooperativa Geco si trova costretta a liquidare quando i servizi ce li ha. E allora i lavoratori, aldilà di promesse fittizie, pretendono ciò che ritengono dovuto. Enzo, educatore afferma: “Arrivati a questo punto pare abbastanza chiaro che Epta voglia liquidare. Quello che ci aspettiamo però è che venga fatta chiarezza su tutta questa vicenda perché non va dimenticato che se come cooperativa Geco avessimo la titolarità dei servizi ora avremmo un utile di 80 mila euro”.

Daniele, padre di famiglia, vuole fare tutto il possibile purché i soldi che gli spettano come lavoratore gli vengano ridati: “Sia io che mia moglie lavoriamo per Geco, abbiamo un figlio e ci troviamo in una situazione surreale. Lavoriamo tutti i giorni senza essere pagati con persone che presentano delle situazioni di disagio. E anche noi ci troviamo in una condizione difficile, senza sapere quando e se ci pagheranno. Come possiamo aiutare le persone disagiate quando sulla nostra pelle viviamo una situazione di reale precarietà? Chi si prende cura delle nostre esigenze? Noi faremo di tutto perché nessuno si senta assolto da questa situazione finché non ci verranno dati i nostri soldi. E vogliamo sapere quale futuro ci aspetta, ne abbiamo il diritto”.

Carmen Pedullà

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