Il professore durante un faccia a faccia in Regione, disegna uno scenario globale incentrato più sull'economia reale che su quella della finanza. Critico anche sull'atteggiamento dell'Europa, passivo e in ritardo, verso il Medio Oriente. Spinge per un'Italia che torni ad essere tra le prime cinque potenze del mondo.
Ma coglie l’occasione per spaziare oltre la dimensione localistica. Perché secondo il Professore – forte della prospettiva offertagli dal gruppo di lavoro Onu-Unione Africana che dal 2008 presiede – la globalizzazione, piaccia o no, è una realtà acquisita, imprescindibile, alla quale è necessario dare una risposta politica.
L’Italia smetta di aver paura altrimenti si dissolverà. L’esordio sarcastico è chiaro: alzando le mani annuncia che “noi non andiamo mai oltre”. Andare oltre è infatti ciò che si chiede non solo all’Emilia Romagna e all’Italia, ma anche all’Europa, che “ancora una volta manca assolutamente di leadership” perché “i Paesi vanno ognuno per conto proprio”. E per Prodi “la vera Cina del mondo è la Germania”. Il problema è che se la Deutsche Bank vende 7 miliardi di titoli italiani, vuol dire che il Belpaese non ha la stabilità richiesta dallo sviluppo europeo e non tesse nemmeno legami di solidarietà rischiando di “giocare in difesa”.
Una maggiore partecipazione dell’Italia allo scacchiere internazionale sarebbe certamente auspicabile, ma avverte che “non è facile pensare di far parte di un’Europa compatta, quando una parte del governo la disconosce. La Lega è una forza dichiaratamente antieuropeista”. Ma la nazione – e non è sola in questo – teme le sue risorse: “Dei migranti, della globalizzazione, della trasformazione. In Europa ci siamo entrati con la paura di perdere”. E la paura non aiuta, anzi, ammonisce Prodi: “Se non la finiamo di aver paura, ci si dissolve”.
Acqua e cibo scateneranno le guerre del futuro. Il ritratto critico ma appassionato dell’Europa prosegue: riferendosi alle rivolte nel nord Africa, Prodi fa notare che i protagonisti di quei movimenti “sono tutti giovanissimi, diplomati, e disoccupati. Come fanno a portare avanti una democrazia senza turismo, esportazione, un struttura partitica stabile?” Come a dire che forse qualcosa in comune lo abbiamo. “Abbiamo ricevuto suppliche dal Medio Oriente che ci chiedeva: ma perché non ci siete, voi che siete i più grandi investitori e commercianti della zona?” E aggiunge ancora il Professore: “Di fatto abbiamo un’Europa che reagisce solo all’ultimo minuto, quando la tragedia si sta profilando”.
La previsione del presidente il gruppo Onu-Unione Africana è chiara e fa un certo effetto: “Nell’acqua e nel cibo si preparano le nuove guerre”. Prende a esempio l’Egitto: “Se questo Paese dovesse costruire dighe nel canale di Suez, come ha diritto di fare, la Mesopotamia muore. Cosa credete che succederà dopo?”
L’economia deve tornare a essere reale. Il punto è chiaro: “Siamo all’assurdo logico (che sta per un’assurdità coerente a se stessa): per mancanza di politiche europee, l’Europa è passiva malgrado il suo grande potenziale”. E riferito all’Italia, “bisogna essere fra i primi cinque del mondo, altrimenti non si sopravvive più”. Però, ribadisce, “è un fatto di politica economica: un Paese porta soldi o porta via soldi. Bisogna tornare a un’economia reale, di sinergie e competitività”.
Infine, rispondendo a una domanda sulla questione morale che sta investendo in modo trasversale i partiti italiani, conclude: ”Non vi è un Paese moderno che non si poggi sull’etica”. Non va sottovalutato che ”c’è un primato assoluto dell’etica anche nella prosperità stessa dei Paesi”.