I gruppi liberali, una percentuale oggi del tutto irrisoria, si suddividono, a loro volta, nei seguenti movimenti: 6 aprile; 25 jan; Kifaya, che letteralmente in arabo significa ‘basta’; Tahrir e i Socialist.
Il gigante umano, ossia piazza Tahrir che è il cuore della rivoluzione, si è vestito di verde. È questo il colore che richiama la propria appartenenza al gruppo dei fratelli musulmani. Le idee, di ispirazione occidentale, come democrazia e libertà, hanno lasciato il posto ai numeri reali che l’occidente non può continuare ignorare. Gli islamisti sono la maggioranza nel paese e vogliono mettere il loro cappello sulla rivoluzione.
Piazza Tahrir è gremita di uomini con barba lunga e tuniche bianche: gli indumenti di stampo islamista. E di poche donne quasi tutte coperte dalla testa ai piedi. Le vie del centro sono completamente invase: c’è chi prega con il proprio tappetino rivolto alla Mecca, chi parla animatamente di politica e chi dorme sul ciglio dei marciapiedi. Per molti di loro il viaggio è iniziato stamattina alla’alba.
I Fratelli musulmani hanno infatti organizzato dei pullman partiti alle 4 di questa mattina dalle principali città egiziane. E di certo non mancano i soldi, che sono loro forniti dai maggiori alleati in Medio Oriente, ossia dall’Arabia Saudita. Un paese che finanzia i Fratelli musulmani con una somma pari a 5 miliardi di dollari. Lo sostiene Adel Hamoda, giornalista di Al Fagr ( ‘l’alba’), quotidiano indipendente degli emirati arabi. Di fatto per mettere in piedi una manifestazione, come quella di oggi al Cairo, così capillare e assolutamente organizzata, servono soldi, e non pochi.
I gruppi liberali, pieni di entusiasmo e ardentemente vogliosi di democrazia, dovranno ora fare i conti la realtà: il dopo Mubarak potrebbe essere una dittatura islamista camuffata da democrazia.
di Giovanna Loccatelli