Questa è la storia di un depistatore, riassunta poco più di un anno fa in una richiesta d’arresto. Era il luglio 2010 e a firmarla erano due magistrati romani, il sostituto procuratore Stefano Fava e l’aggiunto Alberto Caperna. Di Elio Braccioni Ciolini scrivevano: «Nato a Firenze il 18 agosto 1946 e anagraficamente ivi residente […], a suo carico sono stati ritrovati numerosi riscontri (…) e risulta censito anche come Ciolini Elio […] e come Rivera Sanchez Bruno Raul, nato in Perù il 18 agosto 1951. [È stato] arrestato diverse volte per truffe e denunciato per reati contro la persona, bancarotta fraudolenta, emissione di assegni a vuoto e violazione del divieto di espatrio».

È dunque la biografia di persona già nota alle forze dell’ordine. Ma è anche la biografia di uomo – come si legge ancora nel documento della procura della Repubblica di Roma – “noto alle cronache quale ‘depistatore’ nelle indagini sulla strage alla stazione di Bologna nonché soggetto che avrebbe segnalato il progetto dell’attentato a Berlusconi. Nella vicenda (dei titoli di Stato americani falsi a cui si riferisce la richiesta d’arresto di un anno fa e di cui si parlerà più avanti, ndr) si presenta quale “generale Bruni”, asserito alto ufficiale dichiaratamente in grado di intrattenere rapporti di altissimo livello con l’intelligence statunitense e araba e con istituzioni del mondo militare e civile, in particolar modo istituti di credito».

I depistaggi del 1980: dalla strage alla stazione al caso Toni-De Palo. Questa storia sembra un romanzo criminale giocato per mezza Europa e anche oltre. Ma che vede a Bologna uno dei suoi momento topici. Inizia nel carcere ginevrino di Champ Dollon, lo stesso da cui nell’agosto 1983 evaderà Licio Gelli, il venerabile maestro della loggia P2. Correva l’anno 1982 e in galera Ciolini si trovava perché era stato accusato di truffa ai danni di una cittadina statunitense. Secondo quanto venne ricostruito, aveva convinto la donna che il Mossad, il servizio segreto israeliano, voleva assassinare il marito a causa di armi vendute ai mediorientali.

Vero o falso che fosse, comunque, Ciolini prese carta e penna e scrisse ai magistrati bolognesi perché sosteneva di avere informazioni sulla strage del 2 agosto 1980. In quegli anni, per quanto la pista nera imboccata dagli investigatori emiliani fosse già nel pieno, non erano ancora così chiari i depistaggi dei servizi militari italiani e della P2 verso l’estero. E proprio a loro si agganciava Ciolini quando iniziò a parlare con i magistrati: secondo lui, per trovare i responsabili, occorreva frugare in Germania o in Francia (proprio laddove puntava anche il Sismi con il falso dossier “Terrore sui treni” e con il ritrovamento del 13 gennaio 1981 di documenti, esplosivo e armi, rinvenuti sul convoglio Taranto-Milano all’altezza di Bologna).

Inoltre – aggiungeva Ciolini allegando anche carte che risulteranno false – la bomba che fece 85 morti e più di 200 feriti era la conseguenza di un’opera di distrazione di massa. Da che cosa? Da eventi vari, come la cessione di una quota della Montedison a una misteriosa entità per la quale sarebbe intervenuti membri della Commissione Trilaterale (gruppo fondato da David Rockfeller che comprendeva Stati Uniti, Europa e Giappone). Non pago, Ciolini disse anche che la “committenza” della strage sarebbe stata una loggia massonica con sede a Montecarlo, in raccordo alla P2 e popolata da personaggi provenienti dall’estrema destra, come Stefano Delle Chiaie di Avanguardia Nazionale.

Un mandato di cattura internazionale per calunnia e falso aggravato. Contestualmente affermò di avere informazioni anche sulla scomparsa a Beirut di due giornalisti italiani, Graziella De Palo, 24 anni, e Italo Toni, 50. Svaniti nel nulla il 2 settembre 1980 e mai più ritrovati, i due cronisti (che stavano indagando su traffici d’armi e attività terroristiche) sono diventati loro malgrado protagonisti di un’altra vicenda depistata dal Sismi. E quando i depistaggi emersero qualche anno più tardi, il silenzio fu imposto con il segreto di Stato, avvallato dall’allora presidente del consiglio Bettino Craxi e che cadrà solo nel 2014. A proposito di questa storia, Ciolini disse che a ordinare la loro sparizione era stato un noto politico italiano riconosciuto dai due giornalisti nel corso di un vertice avvenuto nella capitale libanese. Oggetto dell’incontro: partite d’armi.

Nel corso delle dichiarazioni che il depistatore rilasciò alle autorità italiane, fu tutto un avanti e indietro di uomini del Sismi verso e da Ginevra e la sua “collaborazione” venne riconosciuta anche in termini economici. Peccato che fosse tutto falso al punto che Ciolini verrà raggiunto nel 1983 da un altro ordine d’arresto. Su di lui, infatti, pendeva un mandato di cattura internazionale per calunnia e falso aggravato ai danni degli allora ministro per le partecipazioni statali Gianni De Michelis (citato nel riferimento al caso Toni-De Palo) e del vice segretario socialista Claudio Martelli (Bologna).

Il precedente del Belgio: qui era il colonnello Bastiani. Siamo a cavallo tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta. In Belgio agisce una banda che assalta furgoni portavalori e che ha un leader, Patrick Haemers, classe 1953, morto suicida in carcere a 40 anni. Dopo il primo colpo del 1978 (per rubare il corrispondente di 235 mila euro prese in ostaggio 28 persone), si allea ad altre due persone, Philippe Lacroix e di Thierry Smars, e tutti e tre compioni 7 rapine mettendo insieme 5 milioni di euro. Ma nel 1985 ci scappano due morti e Haemers viene arrestato.

In galera però non ci rimane a lungo e dopo l’evasione organizza il sequestro dell’ex primo ministro belga, Paul Vanden Boeynants, rapito il 14 gennaio 1989 da un’inesistente “Brigade Socialiste Révolutionnaire” (su questa vicenda è rimasto il sospetto che si sia trattato di un auto sequestro). Il politico, che appartiene al partito socialista, resterà un mese nelle mani dei rapitori e sarà liberato solo dopo il pagamento di 1 milione e mezzo di euro, versati dal governo di Gerusalemme per mai chiariti meriti che l’esecutivo belga avrebbe avuto nei confronti dello Stato d’Israele.

Ciolini, che per l’occasione assume l’identità del colonnello Bastiani e si spaccia per appartenente all’intelligence francese, si infiltra nella banda Haemers. Secondo quanto verrà ricostruito dagli investigatori valloni, nel periodo in cui si passa dagli assalti a scopo di rapina agli obiettivi politici, tra i rapinatori belgi e il sedicente agente segreto ci sarebbe stato un passaggio di ingenti somme di denaro mai ritrovate.

I delitti del 1992-’93: una profezia avverata. Parlare di Elio Ciolini, ai più, è come parlare di nessuno: difficile che coloro che non hanno seguito la storia giudiziaria della strage alla stazione di Bologna se lo ricordino. Eppure, nella primavera 2010, quando diventavano sempre più insistenti le notizie a proposito della trattativa Stato-mafia, ci fu chi se lo fece tornare in mente. Fu il Pd Walter Veltroni che in due occasioni – un’intervista a Repubblica e una partecipazione ad Annozero dedicato al dark side dei servizi segreti – chiese pubblicamente perché nessuno avesse dato retta a quanto Ciolini aveva detto molti anni prima. E a questo punto dobbiamo fare un passo indietro.

Dopo la condanna del 5 febbraio 1991 a 9 anni di carcere per calunnia, probabilmente voleva riscattarsi dalla nomea di depistatore che ormai gli si era appiccicata addosso. E allora il 6 marzo 1992 prese un’altra volta carta e penna per scrivere a un magistrato. Sei giorni prima dell’omicidio del democristiano Salvo Lima, assassinato a Palermo il 12 marzo, si rivolse al giudice istruttore di Bologna Leonardo Grassi per dirgli che “nel marzo-luglio 1992 [si assisterà al] ritorno di una strategia omicida […], esplosioni dinamitarde […], eventuale omicidio di un esponente politico del Psi, Pci o Dc”.

Grassi allora preparò un’informativa che inviò a Roma, al ministero degli Interni, ma sembra che non sia possibile arrestare la scia di violenza che si scatenerà di lì a poco. Oltre all’esecuzione di Lima, difficile non ricordare che il 23 maggio 1992 salta per aria l’autostrada che dall’aeroporto siciliano di Punta Raisi a Palermo uccidendo il giudice Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta. E che il 19 luglio successivo un’autobomba, in via D’Amelio, falcia Paolo Borsellino e gli agenti che lo proteggevano. Poi, per qualche mese, torna il silenzio e la strategia stragista di cosa nostra riprenderà solo l’anno successivo, spostandosi sul continente.

Ciolini non era stato ascoltato, in quell’occasione, probabilmente perché ritenuto persona non affidabile. Del resto, sempre in quel periodo, aveva parlato di un colpo di Stato in Italia che si ordiva in Jugoslavia e che vedeva coinvolti miliziani, massoni ed esponenti della mafia italiana. E a più riprese, anche nel decennio successivo, aveva pronosticato attentati mai verificatisi contro il più volte presidente del consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi. Inoltre era stato – presunto o meno che fosse – referente a Bruxelles di estremisti di destra italiani che cercavano agganci là nella seconda metà dello scorso decennio per non meglio precisati progetti.

Le indagini più recenti: i titoli di Stato Usa falsi e la scalata alla Roma. La richiesta d’arresto citata all’inizio di questo articolo si riferisce a un’inchiesta iniziata nel 2008. La guardia di finanza di Roma aveva scoperto l’esistenza di un’“associazione” di poco meno di una decina di persone che tentava di piazzare in giro per mezzo mondo (Stati Uniti, Canada e Dubai compresi) titoli di Stato statunitensi falsi. Impressionante l’importo della presunta truffa: 565 miliardi di dollari.

L’indagine – condotta con intercettazioni, pedinamenti e accertamenti bancari – aveva accertato che Elio Ciolini, rinviato a giudizio a fine maggio, avrebbe collaborato “procacciando clienti per conto dell’organizzazione”. Un’organizzazione che aveva tentato di infiltrarsi in grossi gruppi bancari, tra cui Unicredit, e in milieu di primo piano avvicinando – o cercando di farlo – personaggi come Fabrizio Cicchitto. E che aveva visto la collaborazione di politici della Prima Repubblica. Era il caso di Francesco Froio, nato 77 anni fa a Catanzaro e residente a Torino, deputato nella sesta e settima legislatura e arrestato nel 1993 per le tangenti del Frejus. Ma era anche il caso di fondazioni religiose legate allo Ior, la banca vaticana, tra cui la “Ivec – In veritate et charitate”.

Come andrà a finire questa storia lo dirà il tribunale di Roma. Ma intanto la “carriera” di Elio Ciolini si è arricchita a inizio 2011 di un altro tassello. È un’altra inchiesta condotta dalla procura della Repubblica della capitale. Se in questo caso l’inquisito più celebre è l’agente della Fifa Vinicio Fioranelli, accusato di aggiotaggio nel tentativo di scalata dell’As Roma avvenuta nel 2009, le manette sono scattate anche per Ciolini, definito “operatore finanziario residente in Svizzera”. Sempre lui, il depistatore della strage alla stazione di Bologna, si sarebbe procurato da diverse banche il denaro poi utilizzato per comprarsi la squadra giallorossa. Il tutto con alcuni dei suoi presunti complici nell’affaire dei titoli Usa.

Ecco la storia dell’“uomo legato a Licio Gelli”. In conclusione su Elio Ciolini rimangono indelebili le parole pronunciate dal generale Nino Lugaresi, subentrato ai vertici del Sismi dopo lo scandalo P2, esploso il 17 marzo 1981 e che aveva coinvolto il suo predecessore, Giuseppe Santovito. L’ufficiale dei servizi italiani lo aveva definito come un «esecutore di ordini altrui e uomo legato a Gelli» mentre per i giudici di Bologna che indagavano sulla strage del 2 agosto 1980 era «probabilmente legato sia ai servizi francesi che a quelli italiani». Sta di fatto che, comunque, quei depistaggi di quasi trent’anni fa non hanno fermato un personaggio che ha attraversato i decenni.

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