E’ morto oggi a 58 anni il giornalista e scrittore Giuseppe D’Avanzo. Nato a Napoli nel 1953, laureato in filosofia, dopo aver lavorato al Corriere della Sera, nel 2000 è entrato a La Repubblica, diventandone una delle firme di spicco.
Ha curato con il giornalista Carlo Bonini i principali scoop investigativi nei quali la cronaca giudiziaria si è incrociata con la politica. Dal caso di Abu Omar al Nigergate, fino al caso Ruby raccontato a quattro mani con il collega Piero Colaprico, alla vicenda della giovane Noemi Letizia e le famose dieci domande al premier Berlusconi, D’Avanzo ha seguito per anni tutte le principali inchieste del quotidiano del gruppo Espresso.
Con il cronista Attilio Bolzoni, esperto di mafia, ha pubblicato Il Capo dei Capi. Vita e carriera criminale di Totò Riina (Rizzoli, 2007), da cui è stata tratta un’omonima miniserie tv trasmessa da Canale 5.
Condoglianze per la morte di D’Avanzo sono arrivate dal mondo politico come da quello dell’informazione. Dall’Idv al Pd, alla presidente della Regione Lazio. “Era un giornalista e un uomo capace di indignarsi – ha dichiarato l’ex segretario del Pd Walter Veltroni – ma trasformava questa indignazione in un lavoro sempre più scrupoloso ed esigente alla ricerca della verità. Ci mancheranno i suoi articoli, ci mancherà la sua presenza, ci mancheranno i suoi baffi neri e quegli sguardi ironici. In questo momento così difficile – conclude Veltroni- esprimo le mie condoglianze ai suoi familiari, al suo giornale a cui dedicava un impegno costante quasi accanito”.
“Siamo vicini alla famiglia e al giornale per l’improvvisa scomparsa di Giuseppe D’Avanzo. Un giornalista colto e coraggioso – si legge in una nota di Beppe Giulietti e Vincenzo Vita – uno di quelli che ha onorato l’articolo 21 della Costituzione e che, anche per questo, è stato detestato da chi ha sempre anteposto l’oscurità alla trasparenza, l’interesse privato al bene comune”.