Approvato dalla Regione il Piano triennale dell’energia 2011-2013, che mette in cantiere ben 139,5 milioni per il risparmio e l’efficientamento energetico in tutti i settori (industriale, civile, trasporti) dell’ Emilia-Romagna e lo sviluppo delle fonti rinnovabili.
«Una chiara visione di come vogliamo l’Emilia-Romagna nel 2020. Grande soddisfazione per un percorso che si conclude nei tempi previsti, e che contribuirà ad avere un’Emilia-Romagna più verde, forte e competitiva», ha evidenziato l’assessore regionale alle Attività produttive e piano energetico Gian Carlo Muzzarelli.
Il Piano, in sintesi, dichiara di puntare a dare impulso all’economia verde, per essere in linea con i parametri imposti dall’Ue con la strategia 20-20-20, raggiungendo gli obiettivi che quest’ultima ha assegnato all’Italia: 20% di riduzioni di emissioni di gas serra, 20% di sviluppo delle FER (fonti di energia rinnovabile) entro il 2020. Una prospettiva pratica che si presenta in maniera tanto ambiziosa che il capogruppo del Pd in regione Marco Monari e il segretario regionale Stafano Bonaccini parlano addirittura di «una rivoluzione ‘verde’»
Le risorse sono suddivise tra il sistema regionale della ricerca e formazione per lo sviluppo della green economy; la qualificazione del sistema produttivo, dell’edilizia urbana e territoriale e del sistema energetico agricolo. E ancora: promozione della mobilità sostenibile e azioni trasversali e di programmazione locale.
Alla somma ingente si aggiungono altri 478 milioni di euro: investimenti già inseriti nei bilanci triennali delle aziende multiutility per l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili. Dedicati all’energia e all’ambiente anche otto laboratori della Rete regionale per l’Alta tecnologia, con 450 ricercatori coinvolti. Un impegno economico notevole, che si pone necessari obiettivi.
Anche se un piano così ambizioso è stato subito messo in discussione dal Movimento 5 Stelle che ha presentato 32 emendamenti al piano energetico, di cui uno solo è stato approvato. “Il piano triennale non rappresenta nulla”, afferma consigliere regionale del Movimento, Giovanni Favia, “È un modo per non pagare le sanzioni dell’Europa, aprire la strada alle speculazioni e spacciarsi per ecologisti”.
“Come può un piano ecologico che dice di essere rivolto alle fonti rinnovabili avere come punto cardine l’incentivo della combustione, anche se di biomasse?”, continua Favia, “Ottenere energia bruciando legna e olio, che in ogni caso noi importiamo dall’estero, con tutto il consumo e il dispendio di energie che questo comporta, è pur sempre combustione: rilascia Co². Certo, il carbonio è un atomo, per cui è rinnovabile, ma il problema è ciò che rilascia durante la combustione. Bisognerebbe specificare che l’energia non deve essere solo rinnovabile, ma rinnovabile e pulita!”.
L’efficientamento energetico, come tutte le associazioni ambientaliste ripetono, è tale se parte dal locale creando fonti autonome e sinergiche. Ma finché il mercato sarà “drogato dal finanziamento pubblico in bianco”, l’obiettivo non sarà certo quello di una vera green economy, perché “se così fosse, non appoggeremmo la costruzione dell’inceneritore di Uguzzolo e alla centrale idricoelettrica di Suviana non sarebbe stato imposto di bloccare la produzione di energia elettrica, fino a generarne nel 2010, il 40% in meno delle sue possibilità!. Altro che green economy: questa è grey economy!”.
Nel piano, infine, c’è un’altra grave assenza: i rifiuti. Se si vuole parlare di economia verde, non ci si può non porre la frontiera dei “rifiuti zero”, ovvero la riduzione totale di quello che gli ambientalisti chiamano materiale “post-consumo”, per sottolineare il fatto che i rifiuti non siano nient’altro che materiale già trattato ma nuovamente utilizzabile, e dunque non necessariamente destinato all’incenerimento ma anzi, produttore di energia.
Anche se nel piano non si fa parola della strategia che regola questa procedura, la cosiddetta “cradle to cradle” (dalla culla alla culla), in pieno sviluppo in Europa e già utilizzata perfino privatamente nella nostra regione, per esempio dal Centro Riciclo Vedelago srl che si occupa, grazie a un particolare trattamento degli scarti residui chiamato “trattamento meccanico-biologico” (TMB), di separare i materiali riciclabili e recuperarli.
Ed è proprio questo quello che proponevano gli emendamenti del Movimento: incentivazione della piccola e media impresa libera e della cogestione, costituire una rete locale contro il centralismo industriale. La microgenerazione diffusa favorirebbe non solo la liberalizzazione reale della produzione energetica, ma ne garantirebbe anche l’efficacia: “Noi vogliamo una democrazia energetica: la distribuzione della produzione, diffusa trai cittadini”, chiosa Favia, “In Germania, a Schonau, hanno realizzato la piena autosufficienza energetica dei cittadini. Come mai qui non si punta a questo?”.