Sul Fatto Quotidiano del 31 luglio scorso, lo scrittore commentava l'escalation degli scandali all'ombra dei palazzi del potere: "Viviamo in un enorme buco nero, siamo sommersi da leggi incostituzionali".
La classe politica italiana nella stagione del terrorismo tramava con servizi segreti interni ed esteri. Una volta finite le stragi, quella di oggi è passata al furto. Agli Italiani ha rubato tutto. Ha rubato il paesaggio. Ha rubato la libera scelta e la libera concorrenza. Ha rubato il futuro dei nostri giovani. Ha rubato loro il democratico diritto di dissentire, di protestare e di manifestare e quando ha potuto li ha massacrati e perfino assassinati. Ha rubato la Carta costituzionale. Ha rubato la libera informazione, la televisione pubblica, la scuola, l’università.
Ha rubato la Resistenza, da cui la nostra repubblica è nata, e l’antifascismo su cui si fonda. Ha rubato il principio di ripudio della guerra, che è costitutivo della repubblica. Ha rubato la convivenza civile, il rispetto dovuto ai cittadini, i fondamenti del patto sociale di ogni vera democrazia. Ha rubato le più belle parole della nostra lingua, come “libertà”, facendone un uso perverso. Ha rubato la fiducia nella democrazia (era fragile e incerta, ed è stato facile) e nelle istituzioni. Ci ha rubato perfino il diritto di morire in pace. Ha trasformato il parlamento in un rifugio di corrotti, di mafiosi, di indagati, di condannati. Ha stretto patti scellerati con la mafia. Ha sigillato tutti i suoi malaffari sotto il segreto di Stato: la storia del nostro passato recente è un enorme buco nero. Infine ha rotto gli equilibri istituzionali: il potere legislativo, che in Italia coincide con quello esecutivo, come un fiume in piena ha sommerso il paese con una pletora di leggi incostituzionali.
La magistratura è stata aggredita, avvilita, ingiuriata e indicata alla pubblica opinione quale corpo malato della società. I delinquenti hanno chiamato delinquente l’istituzione di controllo delle loro delinquenze. Questa aggressione del potere politico al potere giudiziario è stata spacciata dalla stessa classe politica come uno “scontro” fra politica e magistratura e come tale propagandato nel paese. Ma avete mai sentito una voce della magistratura che abbia detto che la classe politica è un cancro da estirpare? O che i politici sono antropologicamente diversi? O che le Brigate rosse sono nascoste in Parlamento? No: è quello che contro la magistratura urla da anni l’ex-piduista Silvio Berlusconi. Per questo la magistratura subisce reprimende ogni volta che viene raggirata e vilipesa: perché in Italia al danno deve seguire anche la beffa. Da vent’anni la classe politica impazza su tutti i canali televisivi, quelli privati del presidente del Consiglio e quelli pubblici sui quali ha messo le mani e i piedi.
Da mattina a sera, dai teleschermi, i politici intossicano l’anima degli italiani con le loro chiacchiere, menzogne, barzellette, false promesse, falsi contratti, messe nere. Per questo i magistrati sono rimproverati di eccessiva esposizione mediatica: è perfino successo che abbiano mostrato i calzini a una telecamera nascosta di Berlusconi che li spiava. Ma ultimamente la magistratura si è messa a indagare nella Città e i Cani. A largo raggio. E a chiedere conti. La prostituta marocchina minorenne fermata per furto e che la questura ha rilasciato dietro telefonata di Berlusconi non era proprio la nipote di Mubarak? Spiace che il Parlamento si dica convinto che Berlusconi ne fosse convinto.
La Fininvest ha sottratto la Mondadori al legittimo acquirente grazie a un giudice corrotto dall’onorevole Previti che Oscar Luigi Scalfaro licenziò da ministro della Giustizia prima che lo diventasse? Deve risarcire il derubato. Non si tratta di ideologia, si tratta di furto: spiace che la classe politica non concordi. C’è un grosso giro di prostituzione in una villa del presidente del Consiglio? In Italia lo sfruttamento della prostituzione è ancora un reato e il codice penale non è un’ideologia: spiace che gli onorevoli di Berlusconi non siano d’accordo.
Il perverso sistema della Loggia P2 si è moltiplicato per partenogenesi producendo P3 e P4, cioè affari loschi, pressioni indebite, rapporti oscuri fra finanza e politica? Spiace che alla classe politica piacciano gli affari sporchi. Le falle, come quando una rete si smaglia, si allargano. Da un’inchiesta all’altra affiora da sottopelle un sistema infetto che ricopre l’Italia come una lebbra. Si capisce perché il conflitto d’interessi che ha tenuto in piedi Berlusconi per vent’anni non è mai saltato: perché faceva comodo a destra e a manca. Si capisce perché Enrico Berlinguer è stato rinnegato e Craxi rivalutato dalla politica tutta.
E l’opposizione, implicata anch’essa in faccende illecite, reagisce in maniera scomposta, non proprio come gli altri ma quasi. Sotto inchiesta non ci sono piccoli bottegai ma personaggi di potere, assi di raccordo fra politica e affari. La classe politica si allarma. I “lodi” (Schifani, Alfano, ecc.) non funzionano più, la Camera ha perfino consentito l’arresto cautelare di un onorevole! Che fare? E se si rinfrescasse il ministero della Giustizia?
“Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservare lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della nazione”. E’ la formula del giuramento che ogni ministro deve fare di fronte al capo dello Stato per essere accettato come ministro. I ministri li propone il presidente del Consiglio, ma il capo dello Stato li accetta o li respinge. Dipende. E’ importante che Giorgio Napolitano abbia espresso la sua autorevole contrarietà ai tre ministri “baschi” che vogliono portare nelle loro “riserve” alcuni ministeri della Repubblica, sconnettendo ancora di più questa povera Italia sconnessa. Certo che li vogliono lassù, e non con il tricolore: con la croce celtica. Ma questi tre stessi ministri non avevano giurato la loro lealtà alla Repubblica italiana davanti al capo dello Stato?
Il giuramento è un atto simbolico nel quale il celebrante ha la stessa responsabilità morale di colui che giura. Nella cerimonia del battesimo, se il sacerdote dubitasse della cattiva fede del padrino, non accetterebbe la sua garanzia. Evidentemente Napolitano non dubitava delle garanzie che offrivano questi padrini della Repubblica: contrastarli ora, a cose fatte, è più complicato. Peccato che si sia fidato di tali personaggi. In questi giorni l’onorevole Nitto Palma ha giurato la sua fedeltà alle leggi della Repubblica di fronte al capo dello Stato quale nuovo ministro della Giustizia. Non mi compete scendere nel merito. Ma mi preme ricordare il principio della fisica secondo il quale il cosiddetto “punto di crisi”, a causa dell’aumento della temperatura e della pressione, segna il cambiamento di stato di un corpo che da solido diventa liquido o da liquido gassoso e viceversa. E per la percezione che ho delle cose, ritengo che la situazione italiana abbia raggiunto un punto di crisi irreversibile. Impossibile fare previsioni: ma c’è sempre un peggio del peggio. E poi non si dica che era inevitabile.
di Antonio Tabucchi
da Il Fatto Quotidiano del 31 luglio 2011