Dopo Alberto Ronchi, il sindaco Merola "acquista" a parametro zero, l'ex direttore artistico di Ferrara Arte. Ma non è tutto oro quello che luccica.
Di Ronchi, specialmente dopo la sua esperienza di assessore regionale, si è detto e scritto tutto. Non è più un mistero che l’ assessore verde non abbia mai voluto un telefonino (“il mio nome è sull’elenco, lasciate un messaggio in segreteria e sarete richiamati”), abbia indossato sempre malvolentieri la giacca preferendole un gilet anni settanta o che ai piedi sia più facile vedergli le sneakers piuttosto che i mocassini. Meno note sono invece le sue polemiche da consigliere prima e da assessore poi con i sindaci di allora (Merola è avvisato). Proverbiale quella con il sindaco Sateriale – siamo nel 2005 – sull’approvazione del bilancio. Il governo di centrosinistra traballò perché Ronchi non ne voleva sapere di “dare 250mila euro a un paesaggista portoghese per sistemare il parco urbano”. Come aveva ragione.
Si dice che quei dissapori con i Ds locali favorirono la sua entrata nella giunta Errani. In Regione poi Ronchi non ebbe difficoltà a entrare nelle simpatie di cittadini e uomini di cultura (si ricorderà l’appello per la sua riconferma firmato dai principali nomi della cultura e dello spettacolo di tutta l’Emilia-Romagna) , specialmente grazie al suo concetto di “cultura a 360 gradi”: favorire i grandi eventi ma anche i piccoli; aiutare le istituzioni ma anche i mini circoli e associazioni. Il definitivo scatto di popolarità lo avrà poi al tempo della contestata Street Rave Parade.
Ronchi conquisterà così Bologna pur senza aver mai conquistato Ferrara. E in effetti, a voler essere caustici, se si tralascia la bellissima personale di Patti Smith del 2004, in città, di suo, a parte una via intitolata a Muddy Waters, non è rimasto granché.
Ora al suo fianco, in qualità di presidente dell’Istituzione Musei Civici di Bologna, avrà il concittadino Andrea Buzzoni. Anche qui i detrattori potrebbero storcere il naso su una delle principali medaglie appuntate sul petto del pensionato dirigente. Quella di direttore artistico di Ferrara Arte. Accolto a Palazzo d’Accursio come il Re Mida delle grandi mostre di Palazzo Diamanti, in realtà Buzzoni deve condividere gran parte di quel merito con chi lo aveva preceduto. Parliamo di Franco Farina, il critico d’arte che per primo fece di Ferrara una città d’arte – a livello di arte figurativa – in grado di gareggiare con le grandi consorelle nazionali.
Sotto la sua guida la città estense ha visto passare davanti al Castello Vedova, Guttuso, De Chirico, Rauschenberg nel pieno della sua esplosione pop, Dalì, Miro, Chagall ed Andy Warhol.
Se poi qualcuno volesse aggiungere, peloso, un pizzico di polemica, non mancherà di far notare come negli ultimi anni – sotto la direzione artistica quindi di Buzzoni – le mostre dei Diamanti non siano state, salvo rari casi, un esempio di buona riuscita dal punto di vista degli incassi. Altre (quella sul cubismo, la retrospettiva su Derain o ancora Reynolds) sono riuscite anche a farsi punzecchiare dalla critica più esigente perché carenti di originalità o di quel pregio tale da far guadagnare alla mostra l’aggettivo di “grande”.
Insomma, Merola l’ha scommessa non l’ha ancora vinta. Anzi, è tutta da giocare. E forse, a livello scaramantico, pescare le carte dal mazzo di una città che a quattro anni dalla morte (la ricorrenza era lo scorso 30 luglio) tiene ancora chiuso il museo di uno dei suoi figli più illustri, Michelangelo Antonioni, non è stato un capolavoro di azzardo.