Tre settimane fa era stato il crollo del PMI italiano (Purchasing Managers Index), ieri è stata la volta dell’ISM americano (indice del settore manifatturiero) accompagnato dal giudizio negativo di Citigroup sulle banche europee. Domani potrebbe toccare ad altri indici, al peggioramento di alcuni rating sovrani, a un dato sul PIL italiano nel terzo trimestre peggiore del previsto o addirittura con il segno meno. La situazione sui mercati finanziari è talmente tesa che basta un minimo segnale di sfiducia per dare il via all’ennesima ondata di vendite di azioni e titoli di stato di paesi in difficoltà, Italia in testa. Il nostro debito pubblico è pari al 120% del prodotto interno lordo e lo spread sui bund decennali ha superato i 385 punti base. Detto in parole semplici, il nostro paese sta spendendo il 3,5% in più per indebitarsi rispetto alla Germania. Se questa tendenza dovesse confermarsi, l’allargamento dello spread potrebbe costare all’Italia più di 5 miliardi di euro all’anno. Come uscire dal tunnel? “Elezioni subito e via alle riforme per rilanciare la crescita, come sta facendo la Spagna”, suggerisce oggi il segretario del PD Pier Luigi Bersani in un’intervista a Repubblica. “Di fronte a una novità di questo tipo i mercati capirebbero che ci stiamo occupando di dare una svolta”. Bersani non esclude la possibilità di un governo “transitorio”, guidato però da volti nuovi, in netta discontinuità con il passato.

Venerdì scorso il Financial Times, in una lunga analisi sul “caso Italia”, ha fatto insistentemente il nome dell’ex commissario europeo Mario Monti. “La crisi del debito nella zona euro e il rapido aumento del costo del debito italiano – ai livelli più alti dal lancio dell’euro nel 1999 – stanno spingendo i veterani del centro-destra a pensare a un’alternativa a Berlusconi, probabilmente già entro l’estate”, ha commentato il quotidiano finanziario londinese. “L’uomo più quotato per la successione a Berlusconi e sostenuto anche dai veterani dissidenti del Pdl è Mario Monti”.

“La soluzione Monti sarebbe eccellente. I mercati la apprezzerebbero”, ha commentato Vincenzo Visco. “Abbiamo bisogno di un cambio radicale perché il paese è affondato”. Nel libro dei sogni del Financial Times, Monti potrebbe guidare un governo tecnico di transizione per approvare le riforme economiche e una nuova legge elettorale prima di tornare alle urne nel 2013, alla naturale scadenza della legislatura. Ma è lo stesso Visco a spegnere l’entusiasmo per una possibile rapida soluzione della crisi. “Un esecutivo guidato da Monti è improbabile. Per formare un governo tecnico l’attuale governo deve fallire e al momento non c’è nessuno in grado di farlo cadere”.

Nessuno tranne i mercati finanziari. Sempre secondo Ft, il destino di Berlusconi sarebbe in realtà molto più nelle mani dei mercati del debito che in quelle della Lega o dei presunti dissidenti del Pdl. “E’ stato oltrepassato un Rubicone psicologico, nel senso che i mercati ora non considerano più il soft core della zona-euro (Italia e Belgio in primis) immuni da questa crisi”, ha dichiarato l’analista londinese Nicholas Spiro al Financial Times. “L’Italia è stata messa sotto osservazione e rimane ancora vulnerabile”. Lo stesso varrebbe oggi anche per Berlusconi.

Intanto sulla stampa si torna a parlare di tassa patrimoniale. Come quella che, il 10 luglio del 1992, venne imposta dal governo Amato sui depositi bancari e postali dei risparmiatori italiani (in ragione del 6 per mille del totale). Lo stesso Giuliano Amato l’ha evocata per primo il 22 dicembre scorso in un’intervista al Corriere della Sera ed è tornato a sostenerla sabato scorso. “Se un’imposta sulla ricchezza una tantum può abbattere il nostro debito per qualche decina di punti e tranquillizzare i mercati non possiamo sottrarci”, ha dichiarato Amato.

In dicembre l’ex presidente del consiglio era stato sommerso da una pioggia di critiche bipartisan. Ma se dovessero continuare gli attacchi alle azioni e ai titoli di stato italiani, i tempi per una patrimoniale straordinaria potrebbero presto diventare maturi. “Gli investitori ora vogliono che l’Italia tassi la ricchezza dei suoi cittadini per portare il debito a livello sostenibile. I mercati si augurano una tassa patrimoniale una tantum di una certa dimensione”, scriveva ieri il Wall Street Journal (WSJ) in un commento, citando un asset manager milanese. “Un numero sempre maggiore di italiani si sta rassegnando all’idea di una tassa una tantum sui depositi”, continuava WSJ.

“Se le cose non miglioreranno la patrimoniale è inevitabile. Sarà approvata in tempi rapidi e avrà un gettito elevato”, avrebbe affermato – sempre secondo il Wall Street Journal – un funzionario della Banca d’Italia che ha scelto l’anonimato. “L’Italia ha un debito pubblico del 120% rispetto al PIL, ma le famiglie hanno asset finanziari pari al 180% del PIL e un patrimonio immobiliare non ipotecato che vale più del 300% del prodotto interno lordo”, osserva WSJ. “Una patrimoniale elevata potrebbe ridurre il debito pubblico di 200 miliardi di euro portando l’Italia all’80% del PIL, ai livelli della Germania”.

E nonostante il ministro dell’Economia Giulio Tremonti continui a insistere che “la patrimoniale è una follia”, l’idea sta guadagnando sempre più consensi. Ad Amato si è aggiunto negli scorsi giorni l’amministratore delegato del fondo infrastrutturale F2i (ed ex boiardo di stato in Eni, Stet e Sip) Vito Gamberale.

Ora Berlusconi ha meno di un giorno per presentarsi in Parlamento con una controproposta seria. Altrimenti l’odiata patrimoniale sarà inevitabile, forse già prima della fine dell’anno.

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