Approvata in commissione Cultura la riforma dell'odg: ora il provvedimento passa all'esame del Senato. Ridotto il numero dei consiglieri (da 150 a 90) e introdotte nuovi requisiti di accesso alla professione
La Camera dei deputati ha approvato in prima lettura una mini riforma della legge sull’Ordine dei giornalisti. Arriva dopo 17.685 giorni (48 anni) dall’istituzione dell’Odg. La riforma è stata approvata in commissione Cultura con la sola astensione: quella deputato del Pdl, Renato Farina, ex giornalista radiato dall’ordine nazionale dei giornalisti. Il provvedimento passa all’esame del Senato, dove saranno apportate alcune modifiche. Il testo, condiviso dall’Ordine, introduce un numero massimo dei membri del Consiglio (fissato in 90 contro gli attuali 150 in progressiva crescita dati gli automatismi attualmente vigenti), la previsione che i giornalisti professionisti debbano avere almeno una laurea triennale e che gli aspiranti pubblicisti debbano superare un esame di cultura generale che attesti, tra l’altro, la conoscenza dei principi di deontologia professionale.
Norme che, secondo l’Ordine nazionale dei giornalisti, “contribuiranno alla crescita di qualità dell’informazione e, al tempo stesso, ad una maggiore consapevolezza dei doveri nei confronti dei cittadini”. Però “restano qualche amarezza e un profondo disagio”. Tra le prime, il fatto che siano state cancellate dalla proposta la commissione deontologica nazionale e il giurì per la correttezza dell’informazione. “L’una e l’altro avrebbero consentito di dare risposte in tempi più rapidi alle doglianze dei cittadini su comportamenti ritenuti scorretti di giornalisti. Il disagio è legato all’introduzione di un rapporto tra professionisti e pubblicisti che penalizza fortemente i secondi. Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti nel progetto di riforma, con una decisione unanime, e recentemente, il 12 aprile 2011, con un documento (approvato con 3 voti contrari e 4 astenuti su 113 presenti) aveva invitato la Camera a “lasciare al potere regolamentare dell’Ordine la ripartizione proporzionale in base alla realtà in evoluzione della professione, prevedendo verifiche durante e al termine del periodo di transizione”. L’auspicio è che ora “il Senato non solo recuperi la commissione deontologica e il giurì per la correttezza dell’informazione, ma consenta all’Ordine – certamente più a conoscenza di come avviene il lavoro giornalistico, indipendentemente dall’iscrizione agli elenchi dei professionisti e dei pubblicisti – di riflettere al suo interno per stabilire criteri di rappresentanza rispettosi della realtà”.