Sono i vini dell’Irpinia quelli che, negli ultimi anni, hanno rappresentato al meglio la vitivinicoltura della Campania. Essi stanno contribuendo al rinnovamento di un modello qualitativo che per decenni è rimasto incosciente della sua grandezza, abbacinato dai fasti del passato remoto e frastornato dai disastri del passato prossimo. La Campania è infatti stata la prima area vinicola della penisola ad essere conosciuta in tutto il mondo: nel II secolo a.C Pompei era la capitale vinicola del mondo allora conosciuto. E, oltre duemila anni dopo, agli inizi del XX secolo, la Campania era la prima regione viticola d’Italia.
Eppure oggi i migliori vini, quelli più autentici e meno omologati dalla tecnica o dall’industria, si trovano soprattutto in Irpinia: l’area meno turistica, quella montuosa e contadina, modernizzatasi in parte soltanto dopo il tragico terremoto del 1980. Un luogo dove, per citare Attilio Scienza, “c’è ancora «l’anima etrusca» dove la terra nasconde ancora tracce profonde di quel popolo misterioso, nei toponimi, nei nomi etnici, nei cibi, nel modo di coltivare la vite in forme di allevamento insolite per l’ambiente mediterraneo, nelle varietà derivate dalla domesticazione della vite selvatica autoctona”.
L’irpinia si estende nella parte centro-orientale della Campania: un susseguirsi di valli e alture su cui s’inerpicano corsi d’acqua. Ma anche “una cultura di pietra e vino, di santuari antichi, di castelli e fortezze, di polle di salmastro e zolfo” (Cirillo, Emilia Bersabea). Il clima invernale è rigido, non di rado cade la neve, come il clima estivo è alquanto mite. Qua si trovano le espressioni più felici della vitivinicoltura campana: vini bianchi quale il Fiano o il Greco, e i vini rossi quale il Taurasi (da vitigno Aglianico). Vini di alta qualità a prezzi modici.
Le vigne di Fiano e di Greco si abbarbicano su terreni sabbiosi e argillosi o su rocce calcaree (perfino dolomitiche) dai 300 ai 600 metri lungo la valle del fiume Sabato, affluente di sinistra del più noto fiume Calore, che nasce sui 1660 metri del Monte Accellica: ossia fra i Monti Picentini, spina dorsale dell’Irpinia. Nella valle del fiume Calore, invece, si abbarbicano le vigne di Aglianico, dai 300 ai 600 metri: cioè la zona del vino Taurasi.
Presso Montefredane c’è l’azienda Villa Diamante 3 ettari: Antoine Gaita, è nato in Belgio ma poi è andato a sposarsi (Diamante è il nome di sua moglie) e abitare in Irpinia, facendo vino per diletto. Finché si è ritirato dalla multinazionale per cui lavorava, qualche anno fa, per continuare a far soltanto vino: ossia eccellente Fiano di Avellino, Vigna della Congregazione (2008 e 2009 ma anche il 1998), vinificato in tini di acciaio. Ma anche l’ottimo Greco di Tufo, Vigna dei Ciamillo, dai caratteristici sentori di gesso (2008 e specie 2009).
Sempre presso Montefredane c’è l’azienda Pietracupa, 9 ettari scarsi coltivati (fra quelli in proprietà e in affitto): Sabino Loffredo faceva l’insegnante di ginnastica, ma alla fine degli anni ‘90 torna nell’azienda acquistata dal padre, dopo un incidente gravissimo che pareva dovesse costringerlo all’immobilità. E invece Sabino prende a fare vini buonissimi: Fiano (2008 e 2009 ma anche 2002) e specie la selezione chiamata “Cupo” (2008). Così come buonissimo è il Greco di Tufo (2009 e 2008 ma anche 2006).
Non lontano da Pietracupa c’è l’azienda Vadiaperti: Raffaele Troisi ha ereditato l’azienda dal padre che aveva già affiancato nella conduzione, una ventina di anni prima, mentre finiva gli studi di chimica a Napoli. Oggi continua la valorizzazione dei vitigni autoctoni cominciata decenni prima dall’azienda (1984 prima bottiglia di Fiano e 1989 prima di Greco), producendo da una decina di ettari vini di qualità indiscussa: Fiano (2008 ma anche il 1992) e il Greco di Tufo Tornante (2008 delizioso ma anche 1995 e specie 1999 o 1989 e 1996 selezione Federico II). Interessante anche la Coda di Volpe.
A Summonte c’è Ciro Picariello, 7 ettari vitati, 5 a Fiano (fra Summonte e Montefredane). Ciro faceva il geometra prima di diventare viticultore, senza l’aiuto di nessun enologo, e produrre vini deliziosi. Essi combinano leggiadria a profondità, oltre a brillare per riconoscibilità, come è evidente assaggiando i Fianco di tutte le annate prodotte: 2004, 2006 e 2009 spiccano per carattere. Da non perdere, se si vuole conoscere il Fiano.
A Lapio, il comune che ha più ettari di Fianco, c’è l’azienda Colli di Lapio, che produce un Fiano gustoso (come nell’ultima annata, la 2010).
Presso Tufo, il comune più importante per la coltivazione del Greco, uno dei più antichi vitigni d’Italia, c’è l’azienda Benito Ferrara (8 ettari): produce Greco di carattere, in specie il Vigna di Cicogna (2010 molto buono).
Quanto al vino rosso, cioè al Taurasi:
A Paternopoli c’è Luigi Tecce, una quarantina d’anni, faceva il geometra prima di mettersi a far vino dopo la morte del padre nel 2003: ereditando le vigne di 80 anni coltivate a raggiera tradizionale avellinese. Singolari e unici sono tutti i Taurasi che produce (senza aggiunte di lieviti o filtrazioni) nella cantina di casa: memorabili il 2005 Poliphemo (ma anche il 2006) e il 2009 fatto in anfora. Poche le bottiglie prodotte.
A Castelfranci c’è l’azienda Perillo: Michele ha 4 ettari, 2 ad Aglianico, parte di cui a piede franco e ottuagenario. Fa ottimi Taurasi, in piccole botti di legno, fra cui spiccano: 1999 (prima annata imbottigliata), 2002, 2003 riserva, 2004.
A Taurasi, il comune più vitato, c’è Cantine Lonardo: famiglia lodevole per l’opera di sperimentazione (in collaborazione con alcune università) che fa in vigna e in azienda. Nel 2003 ha scoperto e vinificato una varietà autoctona a bacca bianca quasi scomparsa, il Grecomusc: interessante il 2007 e gustoso il 2008. L’Aglianico prodotto è molto buono, a cominciare dall’Irpinia 2008, passando poi ai Taurasi (2007, 2005 e 2001 ma specie 2003) e le selezioni o cru quale il Taurasi Coste o Case d’Arco.
A Montemarano, una delle zone più vocate della denominazione Taurasi, c’è il Cancelliere: la famiglia Romano dal 2005 comincia a vinificare una parte delle uve che per tanti anni ha venduto ad altri. L’Aglianico Gioviano 2007 è davvero buono.
Ad Ariano Irpino c’è Cantina Giardino: Antonio e Daniela de Gruttola erano due dei sei soci, prima di diventare marito e moglie e condurre questa azienda che fa vini dal 2003. Vini unici e notevoli, per quanto dai nomi impronunciabili, il 90% dei quali viene esportato. Originali la Coda di Volpe Paski 2009, il Greco T’ara rà 2009, il Fiano 2009 e Sophia 2006: un blend dei tre vitigni, fermentato e macerato in orci di terracotta. Buono l’Aglianico Drogone 2006, e saporoso il Nude 2005. Succoso l’Aglianico Le Fole 2008 e imperdibile il Clown Oenologue 2006 (da vecchie vigne): 6 mesi di macerazione in terracotta e 3 anni di affinamento in damigiane di vetro. Un vino grandioso.
Ha collaborato Mauro Erro
Foto: Campania, Provincia di Avellino, vigneto di Aglianico di Taurasi