Per alcuni anni il nostro ministro della Cultura è stato Sandro Bondi: dedicava poesie a Silvio Berlusconi, ma a marzo del 2010 si è dimesso piagnucolando dopo il crollo di un pezzo di Pompei e il finanziamento milionario di un film a favore dell’attrice bulgara Bonev. Il suo posto è stato preso da Giancarlo Galan. Chi è costui? Si è mai occupato di cultura? Ha raggiunto grandi vette nella letteratura, nel cinema, nella musica? Per niente. L’attuale ministro del Beni culturali ha lavorato per molti anni in Publitalia, l’agenzia di pubblicità del gruppo Mediaset, diventando alla fine direttore generale. Alle spalle ha una esperienza in materia di spot: merendine, auto, biscotti, detersivi, orologi, scarpe, e tutta la materia prima del consumismo italiano. Nel 1993 il suo capo, Silvio Berlusconi, lo coinvolge nella nascita del partito di Forza Italia. Galan viene poi eletto in Parlamento, diventa presidente della regione Veneto, diventa nel 2010 ministro per le Politiche Agricole e, infine, dagli alberi di frutta e campi di pomodori fa un salto sulla poltrona di ministro della Cultura nel marzo del 2011.
Quando la cultura finisce nelle mani di un pubblicitario si capovolge un intero Paese. Se la logica degli spot – che vendono fumo e parole – penetra nella musica, nel teatro, nelle mostre, nel cinema, nella filosofia, nella letteratura, allora si minano le fondamenta della società. Il problema dell’Italia che affonda negli scandali e nella corruzione risiede prima di tutto nella scelta pianificata di mettere nei posti chiave uomini che non hanno maturato nessuna esperienza, competenza e titoli per gestire settori di cui sanno poco o nulla. I calciatori sono divi, i pubblicitari sono ministri, le veline fanno politica e un impresario diventa presidente del Consiglio.
Abbiamo una sola possibilità per capovolgere di nuovo la realtà, riportando le cose nel loro posto. Questa possibilità si chiama “uso democratico della Rete” che ancora riesce a offrire spazi di cultura e di ribellione. Voi che ruolo state giocando?